In un mondo del calcio sempre più preda del business, del denaro, del marketing, del mercato e delle plusvalenze, negli ultimi anni la figura dell'allenatore, in quanto simbolo dei successi della propria squadra, è tornata a brillare. Se vuoi vincere e restare al top, non bastano i giocatori giusti, serve, prima di tutto, l'allenatore giusto.

Quali sono le caratteristiche che dovrebbe avere l'allenatore perfetto nel 2019? 

Al mondo esistono diverse tipologie di allenatore:

- IL MOTIVATORE: ossessionato dalla tattica, soprattutto difensiva, e dall'esaltare  le caratteristiche dei propri giocatori. Urla, si sbraccia e fa rendere tutta la rosa al massimo. Ha come punto positivo quello di far esplodere anche calciatori considerati mediocri, attraverso il duro lavoro, la grinta e la determinazione. Come aspetto negativo ha quello di spremere la squadra, raggiungeno magari grandi risultati nel breve periodo (quasi sempre i primi due anni), ma finendo insesorabilmente con il lasciare giocatori logori e stanchi. 

- IL FILOSOFO: ha come grande obiettivo quello di modificare ogni anno le regole del calcio. Il suo principio di gioco è inossidabile, inattaccabile e considerato "perfetto". Come aspetto positivo ha quello di organizzare una squadra pressochè micidiale quando tutti i giocatori in rosa assorbono la sua idea di cacio. Quello negativo, invece, è che non si adatta all'ambiente circostante nè ai giocatori che ha a disposizione. Porta con sè la sua filosofia di gioco alla quale sono gli altri a doversi adattare; il "meccanismo" deve essere quasi perfetto in ogni ingranaggio, altrimenti è tutta la macchina a bloccarsi.

- IL GESTORE: fine stratega, gestisce al meglio la preparazione e sbaglia pochissimo durante il match. Più che imporre una propria idea di gioco ai calciatori cerca di organizzare al meglio il materiale a sua disposizione, curando ogni singolo match in base al proprio avversario. Aspetto positivo è la sua grande capacità di adattamento a ogni situazione e il sapere gestire ogni tipo di rosa in modo funzionale al progetto sportivo. Suo punto debole l'affidarsi troppo spesso alle giocate dei singoli, su cui punta molto, e il non sapere rimediare effiacemente in corsa quando sbaglia l'approccio alla partita.

Oltre queste tre, a mio avviso, ne esiste una quarta: l'allenatore UMANO.
Allenatore che unisce, nella sua professionalità, due aspetti fondamentali: una profonda conoscenza del gioco del calcio e la psicologia. L'allenatore umano tratta i suoi giocatori, prima che come professionisti, come persone. Sa valutare le difficoltà di ognuno e non ha remore nel concedere riposi, pause e giornate di permesso. Non ha paura a schierare titolare un calciatore che sta attraversando un momento un buio per rilanciarne la fiducia. Per lui sono tutti indispensabili, dal primo fuoriclasse all'ultimo panchinaro giocano tutti un ruolo fondamentale per il successo della squadra. A questo abbina sempre un'idea di gioco ben precisa che punta al movimento, ai fraseggi e alle verticalizzazioni. Per lui il calcio è prima di tutto un gioco che conosce molto bene. Non è un fondamentalista della tattica ma prentende grande fiducia e fedeltà da chi gli sta intorno.

In un mondo del calcio, troppo legato all'immagine, l'allenatore umano è quello capace di schierare una squadra che "deve" divertirsi e trattare il proprio lavoro come un lavoro stimolante e piacevole.
Se è vero che il tutto è di più della somma delle sue parti, questo tipo di calcio è capace di schierare una formazione che va al di là di undici, semplici, giocatori in campo.