È il calcio immaginato, sognato e a tratti sperato dal profeta del calcio moderno Johan Cruijff. 
La Saeta Rubia Don Alfredo Di Stefano, Ference Puskas e altri grandi calciatori del dopoguerra e addirittura nel caso del secondo contemporaneo alla seconda guerra mondiale è senza dubbio quella ”generazione” che ha portato ai giorni nostri la concezione dell’estetica nel calcio.
La figura del calciatore immagine/azienda poi meglio manifestatosi negli anni 2000, ma già presente con la figura di George Best e poi lo stesso Johan Cruijff a Barcellona più che all’Ajax. 

Il Tiki-Taka a detta di molti caratteristico delle squadre ispaniche o tipicamente rappresentato dalle compagini guidate dal tecnico Pep Guardiola, ma introdotto diversi anni prima dalla meravigliosa Olanda, sempre manco a dirlo del 14 olandese.
La concezione del tutto derivante dall’innovazione che è sempre la macchina che fa muovere il mondo in direzioni diverse e spesso migliori, che condanna il tempo per crearne del nuovo con visioni ulteriori con l’introduzione nel calcio proprio da parte degli olandesi dell’aerobica.

Infine viene senza dubbio fuori il profilo del calciatore moderno da definirsi “completo” in tutto, che trova il miglior esempio oggi in Cristiano Ronaldo, ma in effetti trova curiosamente come promotore un signore con lo stesso nome qualche anno prima.

Johan Cruijff è stato la nascita calcistica del “calcio tecnico”, del calcio bello, del calcio per quei pochi eletti che riuscivano ad avere un controllo piacevole di palla e che in un modo o nell’altro riuscivano a farla rotolare nella direzione giusta; mai rivoluzione fu più forzata ed evidente, poiché lo stesso innovatore che spingeva il movimento ne divenne anche istruttore e maestro nel campo applicativo su terzi ai tempi della panchina blaugrana dove casualmente (e molto meno casualmente di quanto si immagini) affidava i propri pensieri a certo sopracitato mediano dai piedi buoni al quale a soli 16 anni affidava le chiavi della leggenda del Barcelona.

Senza Johan il calcio non sarebbe stato lo stesso e i giovani che vivono il calcio moderno dovrebbero saperlo, poiché per trovare nuova innovazione se non altro c’è bisogno di conoscere il passato.