Il calcio è strano. Ti aspetti che gli arieti albicelesti in qualche modo, anche se non subito, riescano a sfondare le mura di cinta della compagine islandese. Ti aspetti in tutta franchezza che, date le difficoltà incontrate durante il percorso delle qualificazioni, Sampaoli abbia imparato la lezione; ti aspetti che in effetti, quello che con ogni probabilità è il miglior giocatore del nostro tempo, al momento decisivo faccia la sua parte. E invece no. 

Non è andata così perché Argentina-Islanda è stata tutto e il contrario di tutto, è stata dominio territoriale argentino, è stato vantaggio argentino, è stata superiorità fisica islandese; la stessa è anche stata la partita dell’errore della pulga, di una formazione aggrappata al suo 10 (nonostante il talento non manchi negli altri effettivi), ed è stata anche il tentativo maldestro di un allenatore che prima per poco riusciva nell'impresa di non qualificare questa rosa e poi si appiglia incrociando le dita a Gonzalo Higuain (uno dei pochi uomini completamente ignorati in chiave qualificazioni).  

Detto ciò, non è successo nulla poiché Messi è e resterà Messi, nel bene e nel male. Dovrà, più di ogni altra cosa, ritrovare la forza psicologica e se così non fosse zero rimpianti e spazio alla joya Paulo Dybala, e significherebbe davvero il passaggio di testimone di due grandi giocatori perseguitati comunque da quella maglia di Diego Armando Maradona.