La parola da utilizzare alla luce delle 29 giornate di serie A della stagione 2018/2019 è “scarsa”.
Spiegati in 10 punti le argomentazioni di questa tesi:
- Squadre che lottano per evitare la retrocessione con rose decisamente imbarazzanti che somigliano più a una selezione della nazionale cantanti che veri club di calcio: vecchie glorie in fase di rispolvero, giovanotti acerbi girati in prestito dalle prime 10 della classifica e molti esordienti nella massima serie (e se non ci credete andate pure a controllare i curricula dei giocatori).
- La Juventus se non fosse per qualche ormai quasi clamorosa eccezione non ha neanche più bisogno di giocare a calcio per vincere le partite (e qui gli arbitri non c’entrano un bel niente).
- Volendo essere buoni almeno il 75% delle nostre squadre è stata negli ultimi anni in un valzer di cambi di proprietà ”ancora di salvataggio” per i debiti cumulati negli anni.
- Nonostante l’arrivo di Cristiano Ronaldo i diritti televisivi non raggiungeranno mai neanche la metà di quelli della Premier League perché oltre a non esserci calciatori di livello il nostro calcio si sa, per quanto Macchiavellico non è mai veramente piaciuto a nessuno.
- Saranno felici i nostalgici, ma per me che attaccanti come Fabio Quagliarella che nella loro stagione migliore in A prima di compiere la 35esima candelina avevano messo a segno a malapena 15 goal e oggi a 9 dal termine si ritrova a quota 21 in testa alla classifica marcatori “NON È AFFATTO UN BUON SEGNALE!” Aldilà della grande stagione dell’attaccante della Samp.
- Che il livello tecnico medio sia decisamente in caduta libera lo si evince anche dal fatto che gli allenatori in Italia ormai sono costretti a reinventare ogni domenica una formazione perché sono costretti a fare magie col poco materiale che hanno a disposizione.
- Ahimè la cultura di italiana del “tutti allenatori il lunedì” finisce spesso per trasformare giovani calciatori da “fuoriclasse assoluti” la settimana prima a “clamorosi brocchi” quella dopo.
- In Serie A oggi, se hai un’ossatura decente e un attaccante che segna con discreta continuità al di là del gioco si arriva a lottare per le prime 4 piazze (chiedete all’Inter o il Milan).
- Sui social network si sente spesso parlare di questo argomento, ma la comunicazione di determinate notizie e indiscrezioni andrebbero trattate con maggiore parsimonia e ai finti perbenismi che raccontano di concedere la stessa libertà a ogni essere umano “comune” di utilizzare questi strumenti vorrei far notare che i calciatori di serie A non sono affatto (e tra l’altro risaputamente) calciatori comuni.
- E questo è dedicato a chi come me ha avuto la fortuna di vivere un’altra generazione di calciatori: non esiste più il senso di appartenenza, mi è capitato di vedere il derby Roma-Lazio e quello tra Milan e Inter e sia all’andata che al ritorno sono sembrate partire del tutto “normali” e signori non lo sono!
Rivogliamo la nostra Serie A!
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