Carissimi blogger e lettori occasionali di VxL,
nel Giorno della Memoria, abbiamo ritenuto opportuno postare, a beneficio di chiunque vorrà visitare la nostra pagina, il bellissimo scritto donatoci da spiritodeltempo​, ovvero Pereira (se qualcuno ancora non lo sapesse...). Tanti di voi ne hanno già apprezzato il contenuto, per chi non l'avesse ancora letto, è questo il momento giusto...

Riguardo la nostra community, lunedì vi sapremo dire qualcosa di più, intanto ci preme ringraziare tutti coloro che sono intervenuti, sia commentando il doloroso congedo del Prof. Pippo Russo - ricordiamo, non dipeso dalla sua volontà - sia proponendo nuove idee ed esprimendo la propria sul dilemma attuale: voto sì, voto no? (continuate a scrivere qui i vostri pareri!!!)
Inoltre ringrazio i tanti blogger che hanno speso parole bellissime nei miei confronti (Jea), tanto da confondermi: in realtà non mi aspettavo così tanto affetto e stima, per cui grazie e ancora grazie!! E un ringraziamento anche a chi ci ha scritto per mail, per l'immenso appoggio che ci state dando. A lunedì! 

Adesso, in rispettoso silenzio, vi lasciamo a ciò che è avvenuto... 



È avvenuto, quindi può accadere di nuovo.
Primo Levi

Nella primavera del 1982 mi recai a Vienna per seguire un seminario di aggiornamento professionale. Ne fui felice, perché, dalla capitale austriaca, ero  stato sempre attratto. Già solo il nome – Vienna –aveva per me un qualcosa di magico. Evocava il fascino del vecchio mondo e dei suoi appassionati valzer. Chiaramente, la fascinazione, verso quella che fu la grande capitale  dell’Impero austro-ungarico, nasceva soprattutto dalle mie passioni culturali .Gli scrittori austriaci, tanto per cominciare. Robert Musil, con il suo capolavoro L’uomo senza qualità. Poi Karl Kraus, uno dei principali autori satirici di lingua tedesca che di Vienna scrisse “le strade sono lastricate con la cultura. Nelle altre città le strade sono lastricate con l’asfalto”.  Gustave Klimt che aderì a una forma di pittura che, scaturiva dall ‘Impressionismo, ma  non riproduceva la realtà, la trasfigurava, la rielaborava. Ovviamente, contavo, ansiosamente, le ore e i minuti della mattinata, impegnati dalle lezioni del seminario, che mi separavano dalla libertà pomeridiana. Volevo vedere tutto. Mi tornava, continuamente, in  mente, il  brano di un libro di Sandor Marai: “Vienna d’inverno e in primavera. I viali di Schönbrunn. La luce azzurra del dormitorio del collegio, la grande scalinata bianca con le statue barocche. Le cavalcate al mattino nel Prater. I cavalli bianchi della scuola di equitazione.”Ricordavo intensamente le parole dello scrittore ungherese e volevo andare a vedere i luoghi che evocava. Fui fortunato perché ebbi come ‘guida’ Katrin, una splendida fanciulla austriaca, collega preparata e profonda conoscitrice del nostro Rinascimento. Prima tappa il Prater, il grande parco di Vienna. Era una giornata che profumava di maggio. Le violette che crescevano selvatiche nei prati l’addolcivano e il vento del Danubio ne rendeva carezzevole la frescura. Il  sole illuminava gli edifici dall’intonaco di un giallo-grigio opaco e le facciate in puro stile Maria Teresa.  Il sole illuminava anche  il bellissimo volto di Katrin e dei suoi capelli biondi. Parlava lentamente, un italiano melodioso, appreso sui libri evidentemente. Nei momenti d’impasse ricorrevamo all’inglese. Ovviamente, quando parlava, annegavo nell’immensità del cobalto dei suoi occhi e nel suo attraente fisico intravedevo la sinuosità del bel Danubio blu.

SULLA RUOTA DEL PRATER - E’ l’icona di Vienna. Si trova proprio  nel Prater (un tempo riserva di caccia degli Asburgo). Katrin mi spiegò che c’è una regola non scritta che recita: chi non ha mai fatto un giro sulla Ruota non può dire di essere stato a Vienna. Dall’alto dei suoi 65 metri è possibile godere la vista di un panorama mozzafiato. Come simbolo della città è apparsa in diversi film. Uno per tutti “Il terzo uomo” – tratto dal libro di Graham Greene – con Orson Welles. Rammentai, mentre la ruota ci cullava con un ritmo sempre uguale e gli altoparlanti del Luna Park diffondevano la dolce melodia di Serenade di Franz Schubert, la famosa battuta che il grande attore americano pronuncia nel film.

Katrin, hai sicuramente visto il film “ Il terzo uomo”? Sì, qui a Vienna, per tanto tempo, è stato un film cult. Ricordi la battuta di Orson Welles? Oh siì… quella sugli svizzeri e gli italiani? Sì, Welles dice: "un tempo in Italia c'erano i Borgia, coi loro delitti, ma c'era anche il Rinascimento, con le sue meravigliose opere. Mentre in settecento anni di pace e democrazia gli svizzeri sono riusciti a inventare l'orologio a cucù".

Sotto di noi c’è il grande Praterstadion. Pensai che in quel glorioso impianto si giocò il grande calcio della scuola danubiana. Katrin mi spiegò che si trova a Leopoldstadt, il 2° distretto della capitale austriaca. Fu costruito tra il 1929 e il 1931. E’ un distretto –mi spiegò – che prima dell’Olocausto era abitato in prevalenza da ebrei. Per questo motivo fu soprannominato Isola di Matzo. Una parola che deriva da Matzos, una focaccia azzima che fa parte della cucina ebraica. “Il calcio di un certo livello non si è giocato solo al Prater, c’è un altro stadio dove sono state scritte altre pagine di storia calcistica.” Katrin non aggiunse altro, capii che voleva fossi io a fare qualche osservazione, una qualche domanda. Sì… e quale altro stadio?                                                         Un lieve rossore sul bel volto di maiolica. Poi di getto, come se volesse liberarsi di qualcosa. Sono nata a Leopoldstadtappartengo a una famiglia ebraicaMio padre è stato anche un discreto calciatore oltre che un bravissimo professore di filologia. Un sopravvissuto di Mauthausen… Katrin, no problem. Hai visto il mio cognome… è un toponimo, designa una città, presumibilmente quella di provenienza di mio padre. Sai bene dunque cosa significa. Ho ascendenze ebraiche da parte di papà.
Ma, piuttosto raccontami di questo altro posto dove si è giocato un calcio sublime...

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