Forse ad alcune persone è necessario ricordare che siamo ormai nel XXI secolo inoltrato e molte persone si sono battute per abbattere le differenze razziali e per essere riconosciuti alla pari di chi li ha pensati inferiori.
Addirittura alcune di queste persone sono morte durante il processo. Attenzione, non sono morte per il diritto ad essere uguali, ma per cancellare quel diritto che altri si erano dati: l’essere superiore.
Pensare che sia lecito e dovuto attaccare un giocatore prendendo di mira la loro “diversità”, il loro essere “di colore” vuol dire vivere fuori dal tempo.
Mettere sullo stesso piano lo sventolare una maglia come trofeo e ululati, cori e banane vuol dire avere mentalità medioevale.
Mettere un giocatore addirittura in condizione di voler lasciare l’Italia mi fa sentire imbarazzato. Sì, mi vergogno di essere associato a questa gente.
Chi la fa l’aspetti diceva la mia nonna. Ma mai si sarebbe permessa di offendere. E allo stesso modo, mai si sarebbe girata dall’altra parte e fatto orecchie da mercante.

Sembrerebbe esista una regola del calcio che dice che qualsiasi manifestazione dispregiativa a sfondo razziale deve essere punita. E tutto sarebbe più facile se le persone preposte a far rispettare le regole facessero il loro lavoro senza girarsi dall’altra parte. Senza far finta di non sentire. Saresti giustificato se avessi problemi d’udito. Ma siccome questa persona sembrerebbe avere un udito normale allora parliamo di omertà, di malafede, di menefreghismo e di ignoranza. E condonare invece di condannare è tanto grave quanto l’atto di per sé.