In un certo senso lo scudetto dello scorso anno ha scombussolato la realtà del mio Milan.
È una squadra che, per il valore della rosa e per il monte stipendi, si colloca (o dovrebbe collocarsi) in "zona Atalanta", e dovrebbe, per natura, navigare in zona Champions/Europa League, facendo giocare i giovani e tenendo i conti a posto. E, se possibile, divertire gli spettatori con un gioco coraggioso.
Lo scorso anno, intorno ad una squadra di buon valore (e sottolineo "buono", non di più), c'è stata la totale convergenza astrale di tutte le componenti favorevoli: l'annata straordinaria di alcuni giocatori, la presenza ancora determinante di Ibra, il suicidio dell'Inter, il furore agonistico messo in campo da tutti, titolari o meno, la scomparsa dalla scena della Juve e del Napoli, eccetera.
Oggi come allora, il Milan è, per valori in campo, squadra da lotta al quarto posto e, per policy societaria, club da investimenti ridotti (a parte l'evanescente biondino pagato una trentina di milioni, scommessa che ad oggi pare davvero mal giocata) e tetti salariali invalicabili.
Prima se ne renderanno conto i miei colleghi milanisti e meno si illuderanno e soffriranno.

La proprietà precedente ha salvato il Milan (o se lo è ritrovato in mano, per meglio dire), quella attuale al momento non è ancora pervenuta, ma non pare discostarsi dall'atteggiamento prudente della precedente.
E allora prendiamo atto della realtà, ed entriamo nell'ordine di idee di Gasperini e della sua splendida Atalanta, consapevoli che la sfida del Milan sarà ogni anno per un posto in Europa (e, sia chiaro, non sempre Champions), e viviamo sereni e consapevoli che i proclami estivi di Maldini (onest'uomo e tifoso rossonero, inevitabilmente allineatosi alla realtà economica e finanziaria della società) non saranno suffragati a breve termine da investimenti plurimilionari (cosa che, d'altronde, ormai possono permettersi solo gli sceicchi).
Non c'è da arrabbiarsi, ma solo da capire la realtà. Mio figlio mi è testimone: è dall'inizio della stagione che ripeto che, come tifosi rossoneri, dobbiamo guardare solo la distanza fra noi e la quinta in classifica. E lo dicevo anche l'anno scorso, prima dell'incredibile filotto di vittorie rossonere di fine stagione ed il contemporaneo schianto dell'Inter a Bologna. Come dicevo, tutto si è allineato perfettamente lo scorso anno, e il derby in cui "si è girato Giroud" ne è stato l'emblema.
Dunque: sano realismo e piedi per terra.
Il resto sono chiacchiere acchiappa click o illusioni di tifosi troppo innamorati della squadra, che esultano per un meritato quanto inatteso scudetto, ma che quando le cose girano male (ovvero si rischia di arrivare quinti o sesti) storcono la bocca, poi borbottano ed infine ululano, come se in campo ci fossero Mbappe, Neymar e Messi.

Da ultimo, anche Stefano Pioli dovrebbe archiviare l'annata passata, ed adattare il proprio lavoro alla realtà contingente. L'Atalanta, persi i pezzi pregiati e in attesa di veder ingranare i nuovi arrivati, ha cambiato gioco, coprendosi e limitando i danni. Questo Milan, cui lo scorso anno servivano come il pane complimenti, autostima e la garra di Ibra, quest'anno abbisogna di modestia e sano realismo.
È una squadra che, persi Kessie e Romagnoli, ed avendo fatto un mercato di cui non si vedono i frutti, non si è rinforzata, anzi forse si è indebolita. E, in attesa di veder (speriamo) sbocciare qualche nuovo arrivato, non può permettersi di giocare sempre alto, sempre in pressing, sempre alla "Avanti Savoia!", con Tonali e Bennacer a cantare e portare la croce, quando è in debito di ossigeno e di fiducia come in questo periodo.

Prima ci renderemo conto di tutto questo, delle reali potenzialità del Milan, e prima torneremo a gioire per i traguardi raggiunti (tipo gli ottavi di Champions, guadagnati a fatica in un girone pur facile, ad oggi il massimo possibile per questa rosa).
Il Milan di Berlusconi è il passato, come lo è quello di Carraro, Rocco e Cesare Maldini.  Ma nel passato ci sono stati anche il Milan di Buticchi, di Farina e della serie B. E nel presente c'è un galantuomo ed una bandiera come Paolo Maldini.
Oggi siamo questo, una specie di Atalanta, con tutto il rispetto per la splendida Dea. Oggi e domani.
Dopodomani vedremo.