Firenze, Primavera 1503
Leonardo da Vinci si trova a Firenze e gli viene commissionato da parte del mercante fiorentino Francesco del Giocondo, nel tentativo di ambire ad una ascesa sociale, il ritratto della moglie, Signora Lisa Gherardini.
Ma il mercante non aveva considerato la mania di perfezionismo di Leonardo e così il maestro si porterà quella tela con sé a Milano, dove continuerà a ritoccarla fino al 1513, quando a distanza di ben 10 anni dal suo commissionamento, il ritratto non andò mai in possesso della coppia dei coniugi fiorentini, anzi, nel 1517, quando Leonardo andò in Francia alla corte di Re Francesco I, lo portò con sé e alla morte del sovrano seguirà la residenza dei successori, fino ad arrivare ai tempi dell'Impero napoleonico, quando l'Imperatore volle collocare quel capolavoro, espressione massima della sensualità femminile dovuta a quel sardonico sorriso che il Gran Maestro aveva sapientemente saputo trasmettere alla sua "Gioconda", nel museo del Louvre, come simbolo perpetuo della "grandeur" francese.
La fama del dipinto crebbe a dismisura per circa un secolo, quando nell'agosto del 1911 il pittore francese Louis Beroud si era recato al Louvre per ritrarre in un suo dipinto una copia della Gioconda. Ma il quadro, quel lunedì con il museo chiuso alle visite, non c'era più, era sparito.  Si trattava del primo grande furto nella storia dell'arte, il furto del secolo. 
Le Polizie di tutta Europa furono immediatamente sguinzagliate, ma della tela non se ne ebbe traccia alcuna per circa due anni, quando nel novembre del 1913, la Gioconda fece la sua ricomparsa nella città di Firenze. 
L'Arsenio Lupin di quello storico trafugamento fu un imbianchino varesino, Vincenzo Perruggia, che in quegli anni lavorava dentro al Louvre ed aveva montato personalmente la teca a custodia del celebre dipinto, ed ebbe la bizzarra quanto nobile idea di restituire all'Italia quel capolavoro pensando fosse stato inopinatamente rubato da Napoleone come preda di guerra.   
Successivamente quando rientrò a Firenze per restituire la Gioconda, che nel frattempo rimase nascosta per 28 mesi in una valigia sotto il suo letto, escogitò con una stratagemma l'esistenza di una lettera scritta per pugno di Leonardo ed indirizzata all'antiquario fiorentino Alfredo Geri invocando l'acquisto dell'opera, sostenendo così il giusto rimpatrio, visto che la Monna Lisa ebbe i suoi natali a Firenze e il Maestro sarebbe stato ben lieto se un giorno l'avesse saputa esposta nella Galleria degli Uffizi. Sarebbe una rivincita sull'Impero francese che scalando l'Italia fece man bassa di una gran quantità di opere d'arte.   
Seguì l'incontro presso l'albergo ove il Perruggia alloggiava alla presenza di un erede dell'antiquario Geri e al Direttore degli Uffizi Giovanni Poggi.  Tutta la storia e la verità venne a galla con la conseguente irruzione della Regia Polizia e l'imminente arresto del Perruggia. 
Nel giugno 1914, dopo che la "Gioconda" venne rispedita al Louvre per opera delle Autorità e del Direttore degli Uffizi, ebbe luogo il processo al Perruggia in cui gli venne riconosciuta l'attenuante dell'infermità mentale e condannato a 18 mesi di carcere, anche se tanto la sua ingenuità, quanto il suo amor patrio destò nell'opinione pubblica tanta simpatia oltre ad un virtuale perdono per aver compiuto un gesto degno di quel ladro gentiluomo che era Arsenio Lupin. 
Ecco, ho voluto ricordare la storia, forse non a tutti nota, della scomparsa della "Gioconda", accostandomi ad un recente documentario visto in Tv  e dedicato al Genio di Vinci, mentre il mattino seguente seguivo su You Tube la clip del cronista Rossonero Carlo Pellegatti "Colazione con me" avente per titolo "Dopo lo sfregio è tardi per riparare il capolavoro!". Nei due pezzi visti ho voluto metaforicamente accostare lo sfregio o il trafugamento che subisce un'opera d'arte ai piccoli sgambetti che la squadra del Milan ha subito nel suo luminoso percorso. 
Può sembrare una blasfemia accostare l'arte con lo sport, ma come il nostro amico e reporter Rossonero sostiene, ho voluto espressamente enfatizzare questi salienti ma nefasti accadimenti dell'arte nel paragonarli a ben più futili amenità, che vorrei definire, come ripeto, dei semplici ma famosi "sgambetti" fatti al Diavolo! 
Nello specifico, nella clip di Carlo mi ha particolarmente colpito la metafora che ha voluto usare nel paragonare il gol annullato ad Ibrahimovic nella gara pareggiata al Franchi contro la Fiorentina al capolavoro della Gioconda ipotizzando che venisse vandalicamente sfregiato.  Anche un perfetto restauro non ridonerebbe la freschezza ed il valore originario all'opera. Così come l'ammissione successiva di Rizzoli affermerà che il gol, alla luce delle precedenti regole, sarebbe stato da convalidare, non avrebbe certamente ridato lustro alla mediocre stagione Rossonera, vero, ma quell'involontario tocco col braccio di Zlatan al pallone che poi avrebbe insaccato 30 mt. dopo dribblando magistralmente ben tre avversari, sarebbe rimasto negli annali del calcio... un po' come la celebre "Monna Lisa" resta conservata ed ammirata da due secoli al museo del Louvre.
Per il celebre dipinto, d'inestimabile valore, sono occorsi 10 anni per completarlo, per quello stupendo gol annullato si sono consumati solo pochi secondi... Si tratta di due capolavori non comparabili fra di loro, il primo ha un valore inestimabile, il secondo evaporerà dopo pochi secondi quando l'arbitro Calvarese assegnerà la punizione in favore dei Viola, negando la convalida del gol ai Rossoneri. Resta solo, di quella partita, il ricordo di una talentuosa prodezza calcistica ad opera del campione svedese e anche questo episodio verrà archiviato come uno "sgambetto" al Milan... ricordando vagamente... il famoso ratto dell'imbianchino Perruggia.

Ebbene la storia del ritratto della "Gioconda" trafugata e poi ritrovata, il sottoscritto la vorrebbe metaforicamente accostare all'episodio della monetina lanciata a Bergamo che diede la vittoria a tavolino al Napoli contro l'Atalanta. 
Era l'8 Aprile 1990 quando dagli spalti volò una monetina da 100£ che colpì il capo dell'attaccante partenopeo Alemao e dalla panchina azzurra il massaggiatore Carmando lo invitava a stare giù per aggravare il fatto ed avere partita vinta a tavolino.
Così accadde, e a nulla valse il ricorso dei Rossoneri che anche se riuscirono a dimostrare la veridicità delle parole dal labiale di Carmando, rimase la colpevolezza oggettiva da parte dei padroni di casa e quindi la conferma dei 3 punti che vennero assegnati al Napoli che così conquistò con Maradona il suo 2° scudetto, e fu complice, come poi ricorderò, ancora una volta la "fatal Verona" per la squadra dei Rossoneri.  
Ma quell'anno il Milan di Arrigo Sacchi, arrivato 2° in Campionato ad un solo punto dal Napoli, si aggiudicò ben tre trofei: la Super Coppa Uefa contro il Barcellona, la Coppa Intercontinentale a Tokyo battendo i colombiani  dell'Atletico Nacional e conquistò la sua 4a Coppa Campioni al Prater di Vienna battendo il Benfica, un trittico di vittorie che ci rese meno amaro quel secondo posto in Campionato dietro al Napoli.

Firenze, ottobre 2005
Pietro Cannata originario di Palermo, ma pratese di adozione, era salito alle cronache nazionali per aver preso a martellate il David di Donatello a Firenze nel Settembre 1991 e perseguendo i suoi sfregi alle opere d'arte colpì nell'ottobre del 2005, usando della vernice spray nera e disegnando una croce sulla lapide, ricordo del luogo ove Fra Girolamo Savonarola venne messo al rogo in Piazza della Signoria il 23.5.1498. 
E nel mese successivo, ma questa volta a Prato, città del suo domicilio, si era accanito sull'affresco "Le esequie di Santo Stefano" del pittore Filippo Lippi conservato nel Duomo della città. E proseguì sempre nella città di Prato solo due mesi dopo nella Basilica di Santa Maria delle Carceri. Infine a Roma, ma quì siamo nel Gennaio 1999, sfregerà con un pennarello il dipinto dell'artista Pollock "Sentieri ondulati" esposto nella Galleria Nazionale di Arte Moderna.
Questo brutto elenco termina con un ennesimo sfregio compiuto, sempre armato di pennarello, forse perchè la relativa pena comminata risultava inferiore, registrato a Firenze nel febbraio del 2000 ai danni della statua scolpita da Marino Marini raffigurante un "Gentiluomo a cavallo".

Il 22 Aprile 1990 il Milan giocò la penultima partita del campionato allo stadio Bentegodi contro l'Hellas Verona, partita arbitrata da Rosario LoBello di Siracusa, figlio di Concetto. La squadra rossonera e quella partenopea, reduce dalla vittoria ottenuta a tavolino due turni prima a Bergamo per il famoso episodio della monetina, si trovavano appaiate in testa alla classifica, ci si attendeva dunque un vero rush finale di campionato al cardiopalmo. Il Milan andò in vantaggio nel primo tempo con un gol su punizione di Marco Simone che ingannò il portiere Angelo Peruzzi. Ma nella ripresa si rimaterializzerà, a distanza di 18 anni, la sindrome della "fatal Verona", il Milan uscì sconfitto da quella gara per 2 a 1, pareggierà per gli scaligeri l'argentino Sotomayor con un falloso colpo di testa e ad un minuto dal fischio finale Davide Pellegrini in una azione di contropiede troverà il gol vincente, anche se viziato da un palese fuori gioco, ma che Lo Bello non fischiò; non solo, ma nel corso della ripresa l'arbitro siracusano prenderà letteralmente di mira i Rossoneri espellendo ben 3 giocatori, Rijkaard per uno sputo diretto al direttore di gara, Van Basten per essersi tolto la maglietta in un gesto di esasperazione, Costacurta unitamente all'allenatore Arrigo Sacchi per aver contestato la mancata assegnazione di due rigori per falli commessi ai danni di Massaro e Van Basten. 
Al termine della gara il Presidente Silvio Berlusconi dichiarerà che dopo la vittoria a tavolino di due settimane prima concessa al Napoli per la famosa monetina di Bergamo, quella odierna era palesemente un altro torto compiuto ai danni della squadra Rossonera. In un suo libro edito recentemente, il Pallone d'oro Marco Van Basten scriverà su quel giorno a Verona che di fatale non ci fu il destino, bensì un'opera umana ben architettata dai poteri forti, e senza usare mezzi termini scriverà testualmente: "Ci rubarono lo scudetto!"
Correva il 20 Febbraio 1972 quando la sera alla Domenica Sportiva l'arbitro Concetto Lo Bello, dopo aver arbitrato l'incontro Juventus-Milan terminato 1 a 1, dichiarerà di aver commesso un errore di valutazione nel non avere assegnato un calcio di rigore a favore dei Rossoneri per un fallo commesso da Morini su Bigon, pur lasciando trasparire nell'espressione del suo volto un velato compiacimento. 

Tornando alla clip su YouTube di Pellegatti vorrei, sempre sotto metafora, associare questa idiosincrasia nutrita dal casato dei Lo Bello nei confronti del Milan ai ripetuti sfregi compiuti in un quindicennio da Pietro Cannata. 
Sempre in quella Domenica Sportiva un reporter chiese a Gianni Rivera un parere sull'operato arbitrale, e il capitano rispose con queste testuali parole: "...Speriamo che nella famiglia dei Lo Bello... nascano solo figlie femmine!".

Roma San Pietro 21 Maggio 1972
"I am Jesus Christ! Risen from the dead!!"
Lazlo Toth, un geologo 34nne di nascita ungherese ma naturalizzato australiano, irrompe nella storia dell'Arte conquistando il triste vanto di essere di essere il vandalo più famoso di sempre. Il geologo, colto da un raptus, vibrerà contro La Pietà di Michelangelo 15 martellate asportandone il naso, un braccio, sfregi al volto e mandando in frantumi, in totale una cinquantina, le palpebre e parte di un occhio prima che venisse bloccato da alcuni visitatori. Fu uno shock per il mondo intero, il relativo restauro durerà alcuni mesi ed avverrà nei laboratori dei Musei Vaticani, dove grazie all'esistenza di numerosi calchi risalenti alla costruzione del capolavoro Michelangiolesco fu possibile reintegrare l'opera fedelmente con l'uso di impasti a base di colla e polvere di marmo. 
L'autore dello sfregio venne processato, ma riconosciuto infermo mentalmente, venne trattenuto in un manicomio italiano fino al febbraio 1975 e in seguito rimpatriato in Australia. 

Milano, San Siro, 25 Febbraio 2012
Si sta disputando il big-match tra Milan e Juventus in ottica scudetto contendendosi il primo posto in classifica. Nocerino porterà in vantaggio i Rossoneri al quarto d'ora e successivamente raddoppierà con un bel gol di Muntari, ma nonostante il pallone abbia oltrepassato la linea bianca di porta di mezzo metro, non verrà ravvisato dall'arbitro Tagliavento, e la line-tecnology verrà introdotta solo successivamente date le infinite polemiche che quell'episodio suscitò. 
Si agitò un autentico vespaio in tutto il mondo del calcio. La partita, nonostante il bailame che si creò, proseguì e sarà l'attaccante bianconero Matri a pareggiare la partita che terminò sull'1 a 1. L'espulsione di Vidal non placherà l'ira dei Rossoneri, mentre la squadra di Conte avrà la strada spianata per la conquista del suo 28° scudetto, sarà il primo di una lunga serie che ne vedrà ben 8 di fila!  
Per il Milan quel gol negato a Muntari segnerà purtroppo, come una pietra miliare posta in vetta alla Cima Coppi, l'ineffabile inizio della discesa della  nostra squadra, come in una sorta di inferno dantesco, tra continue sconfitte, cambi di allenatori, di proprietà e soprattutto mancanza di vittorie e di titoli (eccezion fatta per la SuperCoppa Italiana vinta ai rigori a Doha in Qatar contro la Juve nel 2016). 

Nel chiudere, sempre metaforicamente parlando, il mio parallelo: Arte-sgambetti al Milan! Oserei accostare il gol di Muntari allo sfregio vandalicamente subito dalla Pietà di Michelangelo. Quaranta sono gli anni che intercorrono fra questi due nefasti accadimenti, il primo è stato restaurato con successo ed è tornato ben protetto al suo antico splendore, il secondo è tuttora in fase di restauro ed il suo anziano ex padrone si deve contentare di scorrazzare con una squadra di provincia, tentando di tornare, per ora con una Panda al posto di una Ferrari, ai gloriosi fasti del tempo vissuto tra i colori Rossoneri.
Cari lettori, lasciare questa storia con questo triste finale non è certamente un buon viatico per il proseguo della giornata, specie con questo clima che stiamo purtroppo vivendo. 
Allora vorrei terminare con un pensiero del nostro mitico Capitano che tre giorni fa ha compiuto 60 anni. "Sono un libero liberato!"                   Dichiarò in una intervista il nostro N°6 a France Football  "Vero!". Raccontano i giocatori del Real Madrid che non erano intenti durante la partita a guardare né gli avversari né il pallone, guardavano solo Franco Baresi. Così si rispetta un vero Capo!

Un abbraccio
Massimo 48