Il problema principale in Italia da qualche mese a questa parte, sembra uno ed uno soltanto: ma che fine hanno fatto i giovani talenti? Questo è ormai, il principale quesito che riecheggia nelle orecchie degli italiani.

Da questa semplice questione si possono aprire diverse parentesi, per cercare di analizzare ed approfondire ciò che gira attorno a questa problematica. Risulta difficile continuare a fingere, a questo punto è sotto gli occhi di tutti e anche chi cerca di fare il "bastian contrario", fingendo si tratti di qualcosa di futile e di poca importanza, è costretto ad ammettere che tra il calcio italiano e le altre nazionali europee di spessore ci sia un abisso.
Ciò si riflette poi involontariamente nelle difficoltà economiche delle maggiori società del calcio italiano, incapaci di seguire in maniera lineare un determinato progetto o fallendo miseramente la maggior parte delle volte.
Si contano sulle dita di una mano quelle che non possiedono debiti ingenti, hanno un settore giovanile funzionante e delle strutture all'avanguardia. Tra le più importanti l'Atalanta, l'Udinese e la Lazio. Ben diversa è la situazione in campionati come la Bundesliga e la Premier League, ricche di giovani talenti e giocatori di fama mondiale.

I punti cardine alla base di questo gap, assolutamente da colmare, a mio avviso sono tre:
- il primo riguarda le STRUTTURE; per la maggior parte delle società non sono assolutamente adeguate alle varie esigenze. Campi tenuti in maniera pessima, attrezzatura non all'avanguardia e programmi di allenamento con idee retrograde e poco sviluppate.
Ci sarebbe bisogno inoltre di un investimento maggiore da parte dello stato, che dovrebbe iniziare a credere maggiormente nelle potenzialità, nello sviluppo e nei valori dello sport, in questo caso del calcio. Costruendo innanzitutto nei paesi di provincia e non solo dei campetti da calcio, completamente accessibili, palazzetti dello sport o altre strutture dedite alla possibilità di svolgere attività sportiva.
Inoltre si può banalmente pensare alla presenza di scuole calcio; in numero elevato all'estero, poche e facoltose qui in Italia.

- il secondo punto si collega in parte a quanto affermato in precedenza; LA COMUNICAZIONE: importantissima nel XXI secolo per mettere in contatto i giovani e le generazioni future con questo sport. Per farlo però, occorre conoscere le modalità corrette per sviluppare in loro la voglia di vivere di calcio, appassionarsi di questo sport, mettendo in mostra ciò che è giusto e non ciò che conviene maggiormente. Sfruttando ad esempio i social, ormai utilizzati da qualsiasi adolescente della "Generazione Z". Attraverso questo potente mezzo, bisognerebbe studiare ciò che attira i giovani ed utilizzare quanto ricavato per avvicinarli al mondo dello sport, togliendoli da altre distrazioni nocive per la loro salute mentale ed il loro sviluppo cognitivo.
Ciò si collega all'inovazione e lo sviluppo, non esclusivamente dei ragazzi, ma anche dei programmi di allenamento. Attraverso l'introduzione di sedute di allenamento specifiche, personalizzate e adatte allo sforzo che poi il singolo giocatore andrà ad eseguire in campo, durante la partita; analizzabili attarverso strumenti avanzati, in grado di misurare le principali funzioni vitali e la risposta del corpo allo stress indotto dalla fatica.

- il terzo ed ultimo punto riguarda la PAZIENZA E LA FIDUCIA. Due armi fondamentali per costruire un progetto sano, ambizioso e duraturo nel tempo.
Pazienza è una parola difficile da pronunciare in Italia in questa era, dove tutta va di fretta e il tempo sembra correrci dietro, togliendoci la tranquillità di ragionare e imprigionandoci nella paura di non farcela. Tutto ciò influenza anche i giovani, con importanti pressioni addosso, date dalla stampa, dai social, dai giornali e dalle televisioni nazionali. Bisogna aspettare che il talento sbocci, senza condannare immediatamente i giocatori, con il rischio di imbrigliarli in un percorso che indubbiamente li porterà al declino professionale. Spesso in Italia si pensa solo ai risultati, mai al percorso, allo sviluppo e al guadagno che si può trarre da ciò.
Qui si arriva alla fiducia, non solo per i giocatori, ma anche per il progetto e per il sistema. Basti pensare a casi celebri come Vinicius,Adeyemi,Bellingham e Pedri. Si tratta di talenti sbocciati in società minori, acquistati poi da società più ricche. Queste però sono state in grado di attendere, far sì che i giocatori si ambientassero, entrassero a far parte di un sistema ben rodato e trovassero la giusta tranquillità. Solo a quel punto si può pensare di costruire qualcosa di duraturo.

In fin dei conti però, si parla solo di scelte, come quelle eseguite da Mister Mancini, che ha preferito puntare su un giovane attaccante argentino, naturalizzato italiano, per guidare l'attacco della nazionale.
Si tratta di Mateo Retegui, in gol per ben due volte nelle prime due parite in maglia azzurra.
La visione del CT sembra piuttosto chiara e l'inizio della conferenza stampa alla vigilia della sfida con l'Inghilterra ne è la dimostrazione: "Nella selezione dei convocati ho una priorità, prima scrivo il nome di Pafundi, poi tutti gli altri. Si tratta di un rgazzo giovane, è un classe 2006 ma ha talento, è forte e deve stare tra i grandi, giocare e migliorare." Nello specifico si parla di Simone Pafundi, sedicenne di proprietà dell'Udinese, con una manciata di minuti giocati in Serie A.
Nemmeno una manciata ne ha giocati invece Wilfried Gnonto, classe 2003, del Leeds, ex Inter. In quel caso la società decise di lasciarlo partire per 1,5 milioni di euro. Ora ne vale 15 volte tanto. 

Riusciremo a risollevarci? Questi ragazzi hanno davvero talento? Quanto dovremo aspettare per avere un'Italia convincenti ed un campionato ricco di diamanti italiani?

I dubbi degli appassionati sono tanti e le risposte plausibili altrettante, ma nessuno sa quale sia quella corretta, ma solo una cosa è certa, c'è bisogno di un cambio di rotta al più presto.