Dopo l'ennesima vittoria della Juventus sul Milan a Torino, la nona in altrettanti confronti, ci troviamo a celebrare il mattatore della serata, quello che è sicuramente uno dei grandi talenti che la Serie A possa offrire da ormai più di 4 anni a questa parte: Paulo Dybala.                                                                                                          Parole che forse a molti sembreranno fuori luogo o esagerate, ma che in realtà hanno un preciso fondamento logico. Il segreto dei grandi giocatori sta infatti, prima che nel corpo e nelle doti fisiche, nella testa, nella mentalità, personalità e coraggio di interpretare i momenti di massima tensione. In queste situazioni Paulo ci sta alla perfezione, le vive come il suo habitat naturale; a fronte di una stazza non proprio scultorea, egli abbina una velocità di pensiero e esecuzione attribuibile solo ai grandissimi del calcio mondiale di ogni epoca. Capacità di prevedere quello che poi succederà che in realtà figura come una dote di famiglia: il nonno Boleslaw infatti scappò in Argentina poco prima della metà del secolo scorso, da una Polonia ancora segnata dai violenti strascichi della Seconda guerra mondiale, per assicurare un futuro più tranquillo a se stesso e alla sua famiglia. Talento atipico, sudamericano dal sangue europeo, ma con il  denominatore comune dei predestinati, come racconta mamma Alicia, l'essere nato col pallone tra i piedi. L'infanzia è quindi segnata da intere giornate passate tra dribbling, doppi passi, tunnel e tocchi di suola per guadagnarsi il rispetto tra le vie di Laguna Larga, la sua città natale, a circa una cinquantina di chilometri da Cordoba.
Di notte invece il piccolo Paulo, come tutti i bambini con questa passione, sognava in grande, si immaginava con la maglietta numero dieci giallo-blu del Boca Juniors davanti ai 49mila aficionados della storica 'Bombonera' che acclamavano le sue giocate. Sin dai dieci anni però l'argentino era cosciente che per realizzare i suoi più grandi desideri doveva lavorare e impegnarsi molto per far emergere tutto il suo talento. Suo principale mentore, sotto questo aspetto, era papà Adolfo, che ad ogni match sottolineava sempre più gli errori che i grandi gesti per permettere al figlio di crescere; egli cullava, inoltre, la speranza che almeno uno dei suoi discendenti diventasse calciatore professionissista: Gustavo e Mariano erano stati poco fortunati, poi era arrivato Paulo. Svariati sono stati i provini tentati da, in particolare, all'età di otto anni, quello con l'importante club argentino dei Newell's Old Boys, che poco tempo prima aveva inaugurato la carriera di un certo Lionel Messi. La sede del club si trovava però a Rosario, a più di 4 ore di distanza da casa, motivo che scoraggiò la famiglia a credere che quella fosse la strada giusta da percorrere.                                                                                                                                         Dybala così si accasò, poco dopo, tra le fila del più accessibile, Instituto Atlètico Central Còrdoba, che fu in passato teatro delle gesta di gente come Mario Alberto Kempes e il  Osvaldo Ardiles. Tutto sembrava andare per il meglio, il conto dei gol continuava a crescere di partita in partita fino a quando, in piena adolescenza e maturazione, papà Adolfo venne a mancare. Il vuoto lasciato dalla perdita del suo principale punto di riferimento fu, per Paulo, enorme e lo costrinse a rinchiudersi nel collegio del club e gli venne affibiato così il soprannome di 'El Pipe de la Pension'. Questo potrebbe essere il classico epilogo di una storia piena di sperenza ma che, per un tragico motivo, viene brutalmente stroncata sul nascere. Nulla di tutto ciò. Il ragazzo non si dà per vinto e, dopo un primo periodo di fisiologico appannamento, riprende a lavorare con più forza e dedizione di prima e, il 12 agosto 2011, riesce a raggiungere un'insperato, fino a pochi mesi prima, esordio in Serie B argentina. Dopo il debutto arriva pure il posto da titolare e di conseguenza i gol, tanti, precisamente 17 in 38 partite. 'El pipe de la Pension' è così ben presto rinominato 'La Joya' con il merito di far brillare di abbagliante luce propria ogni sua giocata.

Prestazioni che non passano inosservate e che attirano le attenzioni di molti club europei, tra cui il Palermo del direttore sportivo Sean Sogliano e del presidente Zamparini, che stravedono per lui e sborsano la bellezza di 12 milioni di euro per aggiudicarsi l'allora diciottenne talento sudamericano. Ecco che per Paulo si ripresentano però gli spettri dei bui periodi adolescenziali, la distanza dalla famiglia si fa sentire, la lingua è difficile e la situazione della squadra, imbrigliata nelle torbide acque di bassa classifica, non aiuta. Chiuderà il campionato con soli 3 gol in 27 presenze, ma, a detta di tutti, 'il ragazzo si farà, ha solo bisogno di tempo'. Dopo un altro anno di ambientamento arriva la decisiva consacrazione: 13 gol e 10 assist in 34 presenze.

Paulo è, in questo momento, uno dei talenti più desiderati da tutti i top club europei dal Barcellona, al Paris Saint Germain fino al Manchester United. Tra questi riesce a spuntarla la Juventus, con un offerta 'monstre' di 40 milioni di euro per abbattere la concorrenza, così il 1° luglio 2015 inizia l'avventura bianconera di Dybala.
L'impatto della Joya è devastante infatti, oltre a deliziare i tifosi con magie di pregevole fattura raggiunge un bottino di 20 gol e 10 assist in 41 presenze al primo anno in una grande squadra, davvero niente male.                                                                                                                                                                                  I paragoni per lui si sprecano: c'è chi dice che ricordi Sivori, altri Aguero e via dicendo. Fino al 17 aprile 2017 quando il giovane talento argentino sigla una doppietta in un tempo con cui mette al tappeto il quotatissimo Barcellona di Messi.
Dopo questa partita, su tutti i giornali italiani, si fa sempre più insistente la teoria secondo la quale la luce emanata dal diamante di Laguna Larga possa in futuro oscurare quella della Pulce di Rosario. Gli accostamenti così altisonanti non spaventano Paulo che li dribbla sistematicamente come faceva con le lattine tra le vie del suo quartiere. Negli anni successivi si rivelerà una tecnica efficace: Dybala non è Sivori, né Aguero né tanto meno Messi; è semplicemente se stesso, un pietra preziosa unica e scintillante.   

Il periodo però più duro della sua carriera, calcisticamente parlando, arriva realmente nella stagione scorsa quando la Juventus acquista il pallone d'oro Cristiano Ronaldo. L'arrivo del portoghese sembra mettere in ombra il fantasista argentino, relegato molto spesso da mister Allegri, in una posizione più arretrata, quasi da mezzala. I gol e gli assist stentano ad arrivare e c'è dalle tribune dell'Allianz Stadium chi grida a una preoccupante involuzione della Joya.
E' ancora qui che Paulo si dimostra più forte delle, apparenti, difficoltà iniziali con l'ennesima prova di maturità individuale. Egli, cosciente dei delicati equilibri di squadra da rispettare, si mette a disposizione dell'allenatore e dei compagni con un comportamento esemplare senza mai una parola fuori  posto. In questo c'è da dire come appaia tristemente anacronistico rispetto alle tendenze odierne: calciatori 'prime donne' che alla prima panchina non si allenano più con la giusta intensità o che tramite i loro agenti ricattano le proprie società al fine di ottenere ingaggi più alti quando hanno il contratto in scadenza.
Nulla di tutto questo appartiene neanche lontanamente a Dybala che, coerentemente con i suoi atteggiamenti, sin dal primo giorno a Vinovo dichiara di ispirarsi a campioni dal grosso spessore morale come Del Piero, Pirlo, Buffon, Barzagli e Chiellini.                                                                                                                  Ennesimo colpo di scena: durante l'estate 2019 la Juventus ha la necessità di vendere per ragioni di bilancio e eccessivo numero di giocatori in rosa e tra questi ultimi vi sarebbe anche Paulo. Egli dichiara però, sin dal primo giorno di ritiro, di voler restare, lavorare e giocarsi il proprio posto anche se, almeno inizialmente, non da titolare.
Come previsto, nelle gerarchie di  Mister Sarri, l'argentino parte sfavorito e viene inserito spesso a partita in corso. Le prestazioni della Joya però crescono sempre di più fino a garantirgli il diritto di partire dall'inizio il 6 ottobre, quando la Juve si trova davanti l'Inter a San Siro nel sentitissimo Derby d'Italia. Come abbiamo visto in precedenza le situazioni di massima tensione sono l'habitat naturale di Dybala che torna a segnare e a divertire con le sue giocate. Da lì arriveranno altri 4 gol, tutti decisivi. L'ultimo proprio ieri sera, nell'equilibratissima sfida col Milan, indovinate un po'? Sì proprio quando nessuno si sarebbe aspettato un guizzo, ecco il talento di Laguna Larga danzare tra i difensori rossoneri e insaccare il pallone in fondo alla rete dopo un meraviglioso dribbling nello stretto.

In conclusione appare evidente come Paulo non sia il campione-oggetto mediatico, succube della notorietà e del successo, che trova appagante  stare sotto i riflettori. L'ormai ex Pipe de la Pension è più un ragazzo normale, che dà il massimo sempre senza darsi mai per vinto anche quando gli ostacoli della vita sembrano più grandi di lui.
Un diamante che brilla illuminato dalla lungimiranza di nonno Boleslaw e dal sogno di papà Adolfo.