La squadra di Ancelotti rappresenta una delle più grandi delusioni, finora, del campionato. La partenza degli azzurri è la peggiore da 8 anni a questa parte con 5 vittore, 3 pareggi e 3 sconfitte in 11 gare e un preoccupante -11 dalla vetta, presidiata dalla solita Juventus. Per trovare dei dati peggiori bisogna risalire addirittura alla stagione 2011-2012, quando i partenopei erano guidati da Walter Mazzarri e, pur avendo in rosa campioni come Lavezzi, Cavani e Hamsik, avevano obiettivi decisamente diversi da quelli attuali.

Gli ultimi tre anni sono stati però quelli con il maggior numero di cambiamenti al loro interno: si è passati infatti dalla tanto ossannata era dell'armonioso, ma mai vincente, 'bel gioco' Sarriano al pragmatismo dell'organizzazione Ancelottiana nella speranza di trionfare prima in Italia e poi Europa nel giro di poco tempo. Risultati auspicati ma, in queste due annate, mai raggiunti. È vero come nella stagione di esordio del tecnico di Reggiolo sulla panchina azzurra sia arrivata una valorosa eliminazione dai gironi della Champions, vista la caratura degli avversari, ma è altrettanto vero come deludente e prematura sia stata l'uscita da un'Europa League abbordabile e come sia stato consegnato, con mesi d'anticipo, il campionato a Ronaldo e compagni. La situazione quest'anno sembra presagire risvolti ancora peggiori. Addirittura in questo momento il Napoli non solo si trova lontanissimo dalla testa della classifica ma, per la prima volta dopo tanti anni, si ha la sensazione che non sia più la principale antagonista della Juventus, vista la grande ascesa dell'Inter di Antonio Conte.

La stagione, però, si era aperta, tra le alpi della Val di Sole, con i soliti eclatanti proclami del vulcanico presidente De Laurentiis che annunciava grandi acquisti per migliorare la rosa a disposizione di Ancelotti. Investimenti importanti che sono arrivati: 36 milioni per strappare alla Roma Manolas; 22 milioni per riscattare Meret dall'Udinese; 15 milioni per assicurarsi 'il diamante' Elmas dal Fenerbache; 8 milioni per acquisire le prestazioni dalla 'rivelazione' Di Lorenzo; dulcis in fundo poi, l'acquisto più caro della storia del club, Hirving Lozano, pagato la bellezza di 42 milioni di euro dal Psv Eindhoven. Il materiale a disposizione dell'allenatore emiliano, dal primo al secondo anno della sua esperienza partenopea, è quindi nettamente migliorato. Nonostante ciò però i risultati, come esposto in precedenza, da non esaltanti che erano sono addirittura peggiorati. Com'è possibile che si verifichi tutto ciò? Proviamo a trovare un denominatore comune nell'ultimo biennio azzurro che spieghi le motivazioni degli insuccessi partenopei.

Esso potrebbe essere individuato nel modulo di gioco: il Napoli, con Ancelotti in panchina, è quasi sempre sceso in campo con il 4-4-2 sacrificando così le caratteristiche di molti interpreti al fine di mantenere l'equilibrio complessivo della squadra. In questa stagione in particolare Insigne agisce da quarto di centrocampo a sinistra, ruolo che lui stesso ha detto svariate volte di non amare alla follia, per il sovraffollamento dei pretendenti ai due posti davanti tra Mertens, Milik, Lozano e Llorente. A questo si aggiunge una mediana Allan-dipendente che sovente, con Fabian Ruiz e Zielinski, si trova a disporre di abbondanti mezzi tecnici ma, allo stesso tempo, di gravi carenze in ripiegamento difensivo. C'è da dire inoltre che a questo Napoli sta mancando l'apporto dell'uomo più atteso, Hirving Lozano, autore di un solo gol e un assist in campionato in 344 miseri minuti divisi in 7 partite. Anche qui c'è chi imputa il poco impiego del messicano alle difficoltà di adattamento nel ruolo di prima punta in un attacco a due in cui Ancelotti lo vede, totalmente diverso da quello di ala destra in cui 'El chucky' è esploso a Eindhoven. La difesa azzurra poi non se la passa di certo meglio. L'arrivo di Manolas sembrava aver assicurato al Napoli, assieme a Koulibaly, un pacchetto difensivo centrale tra i migliori d'Europa, ma la realtà si è dimostrata  ben altra. I 15 gol subiti in 11 partite, uniti alle prestazioni non di certo strabilianti della coppia greco-africana, non hanno finora confermato le benauguranti premesse estive e comincia a farsi sentire l'iniziale silenziosa partenza dell'esperto Albiol.

Il futuro azzurro è quanto mai criptico in questo momento della stagione e c'è il timore che ci si trovi davanti al frequente caso dove non sia l'allenatore a doversi adattare alla squadra bensì il contrario. Il Napoli sarebbe così paragonabile al classico caso dell'alunno a scuola che dimostra delle potenzialità ma non si applica al meglio a ciò viene richiesto. Le uniche due note liete di questo inizio incolore sono: la ritrovata vena realizzativa di Milik (5 gol in 7 presenze) e l'incoraggiante girone d'andata di Champions, chiuso al primo posto davanti al Liverpool. Non resta che attendere e vedere se queste due variabili contribuiranno a raddrizzare il cammino in serie A degli uomini di De Laurentiis o se si parlerà, per l'ennesima volta, di un anno avaro di soddisfazioni.