"Mamma sei sicura che non ti serva il bagno?" 
"Fai pure Massimo, ma ricordati che la lavatrice è in funzione e fra due ore dovro' stenderci il bucato perché con questa incessante pioggia è la stanza da bagno l'unico posto dove si possa asciugare e trovare così domani mattina le tue camicie belle e pronte per essere stirate affinché tu possa presentarti al lavoro... fresco e profumato!" 
"Grazie mamma sei un vero angelo!".

Quella stanza da bagno mi serviva libera perché intorno all'età dei 18 anni avevo con i miei risparmi acquistato un ingranditore fotografico usato da un caro compagno di classe che a suo volta era passato dallo sviluppo del bianco e nero al colore e giocoforza aveva dovuto rinnovare tutta la sua attrezzatura. Dunque mi sarei cimentato per tante sere a trasformare il bagno in una improvvisata camera oscura con tanto d'ingranditore, di lampada attinica dalla classica luce gialloverde e delle necessarie tre vaschette di sviluppo, arresto e fissaggio con relativi liquidi reagenti per le carte fotografiche che venivano loro immerse per il periodo calcolato prima con un esposimetro collegato ad un tester da radiotecnico e poi ad un timer contasecondi.
La fase finale, che quasi sempre avveniva attorno alla mezzanotte, era di pura goduria in quanto mi avrebbe visto impegnato ad appendere con le mollette le foto, ovviamente ancora gocciolanti, sul filo dei panni stesi tra un tubo dello scaldabagno e la maniglia della finestra e qui veniva mostrato il risultato finale di tanto sacrificio e la soddisfazione o viceversa la perplessità che quelle immagini venutisi a creare con le proprie mani avrebbero impattato con il proprio self made...questa è venuta poco contrastata... quest'altra è invece sovraesposta...e infine questa ha i neri troppo marcati (e avrei dovuto usare una gradazione di carta più morbida).

Ma tutto questo, pian piano prendendo sempre più dimestichezza, scomparve del tutto tant'è che un bella mattina mentre la moka gorgogliava sentii mia madre esclamare: "E questa bella ragazza appesa con una molletta, ma chi mai sarebbe?
" Niente... mamma! una semplice amica, l'ho conosciuta al circolo del tennis!". Era Angela, cinque anni dopo ci saremmo sposati...!

La passione per la fotografia mi era nata in una gita alle scuole medie quando un pullman condusse tutta la scolaresca in visita a Castel Gandolfo, la residenza estiva del Pontefice, ed in quell'occasione chiesi a mio padre il permesso di poter usare la sua macchina fotografica, si trattava di una Closter modello a telemetro che a metà degli anni 50 costava praticamente un intero stipendio. Mi sentii subito a mio agio nell'impugnarla, anzi per migliorare  la manovrabilità delle ghiere dei tempi dell'otturatore e l'apertura dei diaframmi ne tolsi la custodia in cuoio il cui pungente odore nel cassetto di un vecchio comò dov'è riposta si avverte ancora.
Col passare degli anni sostituii quella vecchia telemetro con una delle prime reflex giapponesi sul mercato che pian piano corredai con vari obiettivi.
Nel '69, il mitico anno dello sbarco sulla Luna, conobbi durante una rappresentazione all'interno dell'Ateneo il gruppo canoro statunitense del "Sing Out" (contante una cinquantina di componenti nel suo coro) che fondo' in Italia un suo gruppo omonimo "Viva la gente!" Mi chiamo' allora il direttore del team statunitense che, vedendomi armato di attrezzature fotografiche, cosa non comune a quei tempi, mi nominò reporter fotografico ufficiale nelle rappresentazioni che si svolsero per tutto l'inverno nei maggiori teatri capitolini ed ovviamente la cosa, data la pubblicazione dei miei scatti su alcuni quotidiani rionali, mi inorgoglì particolarmente.

Correva dunque l'autunno del 1969, avevo da pochi mesi compiuto vent'anni. Mi ero iscritto all'Università facoltà di Lingue e Letterature Straniere pur provenendo dall'appena ottenuto diploma di Perito Tecnico in Telecomunicazioni ma la mia passione di allora era rivolta non solo alla nascente espansione tecnologica ma anche all'approfondimento delle conoscenze linguistiche che con il francese alle scuole medie e l'inglese all'Istituto Tecnico ed il loro fluido apprendimento stimolarono in me la scelta di quella facoltà che riuscii, ma soltanto per un paio di anni, a coniugare con il mio primo lavoro di tecnico collaudatore in un'azienda produttrice di ricetrasmittenti militari nella zona industriale di Pomezia nel Sud della capitale.  
Ero stato assunto una decina di giorni antecedenti il Natale da quell'azienda che avrebbe dovuto consegnare una grossa commessa di lavoro consistente in alcune centinaia di ricetrasmettitori ordinati dall'Esercito del Sud Africa entro il 31 Dicembre di quell'anno che nel caso di ritardi avrebbe comminato una forte penale e così proprio nel mezzo delle festività mi ritrovai a lavorare con turni massacranti, notte compresa.
Ma era la mia prima esperienza lavorativa ed accettai di buon grado l'inizio di una gavetta che mi portò, solo quattro anni dopo, a ricoprire il ruolo di capotecnico in un centro di assistenza di un nota azienda italiana produttrice di elettrodomestici, che iniziava a commercializzare in quell'inizio degli anni '70 anche i primi TV a colori.
E grazie a quel nuovo lavoro, che ovviamente comportò un sostanziale balzo economico, riuscii a convolare a nozze con la mia Angela, la ragazza, sposa, madre... entrata nella mia vita, che da bianco & nero divenne solennemente... tutto a colori!

                              Massimo 48