Non si possono più sopportare quattro rampe di scala da salire e scendere una decina di volte al giorno nella nostra appena iniziata ottava decade di vita ed ormai prossima alle nozze d'oro. 
E così, sia il sottoscritto che la sua amata consorte decidono in comune accordo di traslocare dall'appartamento dell'ultimo piano di uno dei pochi condomini di un ridente paese tra le verdi colline del lago Trasimeno, dove negli anni della pensione hanno dimorato i miei cari genitori, per portare gran parte del vecchio mobilio e dei ricordi nella casa appena restaurata dei nonni paterni ed attorniata da un variopinto quadretto di campagna umbra, dove durante i tramonti autunnali dall'affaccio dominante la valle posta ai piedi del monte Gualandro, la stessa che venne percorsa dall'esercito romano al comando del Console Caio Flaminio e che incappò nella tragica imboscata tesagli da Annibale il Cartagenise  nel 217 a.C., dove persero la vita oltre 15000 soldati, si profila nella mia mente uno scenario per molti versi simile alla leggenda che vide protagonisti la ninfa Agilla ed il principe Trasimeno.

Quella della ninfa Agilla e del principe Trasimeno è una leggenda estremamente romantica, ambientata proprio sul lago Trasimeno e che, secondo la tradizione, avrebbe determinato il nome del bellissimo specchio d’acqua umbro.
Si trattò di un racconto di amore avente come protagonisti Agilla, la ninfa del lago, e Trasimeno il principe figlio del re etrusco Tirreno. La leggenda narra della visitazione del re nelle terre del centro Italia quando, data la grande afa di quei giorni, s'imbatté nelle splendenti acque del lago e mentre cercava un po' di refrigerio al largo venne avvistato dalla ninfa Agilla, che a sua volta rimase incantata da cotanta bellezza e decise subito di attirarlo con il suo canto ammaliante esattamente sulla costa circondata da una rigogliosa vegetazione di una delle tre meravigliose isole del lago, la Polvese, dove i due protagonisti consumarono ardentemente e per giorni interi la loro profonda ed immortale passione.   
Trasimeno chiese allora la mano della sua amata, ma prima di convolare a nozze dovette convincere il padre rimasto molto titubante alla loro unione ed una volta ottenuta la benedizione del re Tirreno i due innamorati poterono finalmente coronare il loro sogno che ahimè si rivelò purtroppo di effimera durata.
Difatti, sempre secondo la leggenda, il giorno successivo alle nozze Trasimeno scomparve nelle acque del lago ed invano Agilla lo cercò per giorni e giorni, scandagliando fondali, le rive, i pertugi e gli anfratti del grande bacino lacustre.
Ma alla fine esausta per l'enorme dispendio di energie ed atterrita dal gran dolore, la ninfa Agilla morì e da quel momento, secondo la tradizione, quando il vento accarezza le acque del lago, soffiando tra i rami degli alberi che lo circondano, mentre dagli argentei riflessi delle onde si può avvertire un flebile e languido lamento, pare che si disperda nell'aria il pianto inconsolabile di una Agilla vagante e remante sulla sua barca alla disperata ricerca dell'amato e perso Trasimeno. 

È la stessa istantanea che vidi una volta, sempre fantasticando con la mente, da una delle loggette della casa dei nonni, dove una minuscola finestra traguarda esattamente con uno spicchio di lago dell'isola Polvese, facendo comparire quella visione così fortemente legata alla leggenda, che oserei definire, forse perché ero in quel momento immerso nella lettura di uno dei più avvincenti romanzi scritti da Ken Follett: La cruna dell'ago!

Vissi un'infanzia quasi sempre in solitudine, del resto sono figlio unico ed inoltre mio padre Renato era costretto ad effettuare turni massacranti nella sua agenzia di stampa mentre mia madre Ofelia dopo pochi mesi dalla mia nascita venne colpita da una dolorosa sindrome auditiva, continui acufeni tormenteranno per molti anni la sua vita quotidiana, ed io mi ritrovai da solo, afflitto da una terribile asma allergica, a giocare per ore intere con pochi giocattoli e soprattutto con un camioncino di latta, nel cui cassone ribaltabile amavo mettere in fila tante scatoline vuote di dadi per minestra, quando finalmente riuscii a fare amicizia con l'altro bambino della casa. 
Era il vicino di camera dell'appartamento trovato in subaffitto nel tormentato periodo dell'immediato dopoguerra da mio padre, da poco assunto in qualità di telescriventista in un'agenzia di stampa estera, nel popolare quartiere di San Lorenzo a Roma.
Erano tempi difficili, una bombola di gas per scaldarsi e cucinare costava un quarto dello stipendio e si viveva facendo ristrettezze su di tutto. Non vedevo l'ora che papà avesse il suo giorno libero per passare lunghe e ricordevoli ore assieme a lui.

Un giorno mi costruì con dei pezzetti di legno una piccola nave che poi mi fece pitturare con della vernice avanzata per i ritocchi alle persiane...
Un altro giorno entrammo in una cartoleria e ne uscimmo con due fogli di carta velina, uno azzurro e l'altro arancione ed un barattolino di colla Coccoina... dopo un'oretta, con l'aiuto di una piccola canna di bambù prelevata da un vaso di fiori di mamma, un bell'aquilone volteggiava nel cielo di un prato vicino casa, governato da una matassa di filo stretta nelle mie mani dopo essere passata per quelle di papà che era riuscito, assieme alla mia incontenibile gioia, a fargli prendere quota!           

Una quota che mantenni per tutta la mia infanzia ed adolescenza vissuta in tanti sabati e in tante domeniche nella sala redattori del suo ufficio stampa... fino agli anni dell'arrivo della sua pensione che coincisero con la mia maturità agli studi per poi, solo una manciata di anni dopo, fare i conti con una triste, cruda, ingiusta realtà... la prematura scomparsa di papà Renato, la perdita totale del faro della mia vita sempre pronto ad illuminare la corretta direzione, evidenziandone i pericoli... come gli scogli per una nave nel pieno della tempesta, e grazie a quel faro non feci mai naufragio; ma dopo la sua scomparsa quella luce si è purtroppo spenta e la mia vita con tanto di famiglia a bordo ha sofferto molto il mal di mare, pur non andando mai a sbattere su quegli scogli come se da lassù... la luce di quel faro... fosse ancora governata da qualcuno!

Papà Renato arrivò in Italia solo all'età di 18 anni. Mio nonno Francesco, costruttore edile, emigrò per lavoro in Costa Azzurra negli anni '20 e lì nascerà il suo unico figlio che purtroppo dovrà subire la perdita della madre per una banale polmonite a soli cinque anni ed il piccolo Renato, date le frequenti assenze del padre ormai costruttore in varie località del Sud della Francia, verrà affidato nelle mani del cognato Santino e della sua consorte Maria nella loro casa in un paesino appollaiato sulle Alpi Marittime sito a 50 km da Nizza.
Arriverà la primavera del '43 quando Renato con il padre Francesco e la nuova moglie Emma, una ex teatrante, lascierà la Francia per tornare al paese natio costeggiante il lago Trasimeno.
E la singolare presenza del giovane francesino dai tratti somatici molto simili al celebre cantante Ive Montand fece perdere la testa ad una certa signorina Ofelia, figlia di un artigiano dedito alla creazione di carri agricoli, a quei tempi trainati dai buoi.

In quell'incontro tra Ofelia e Renato ravvedo alcune similitudini con la leggenda di Agilla e Trasimeno.
I miei poveri genitori convissero insieme per 44 anni di matrimonio, poi un male oscuro porterà via mio padre a soli 69 anni lasciando la sua consorte Ofelia completamente sola per 17 anni e sono certo che tante innumerevoli volte, mia madre si sia recata verso l'imbrunire sul molo di Punta Navaccia nell'attesa trepidante del rientro di un pescatore, nella cui rete fosse rimasto impigliato qualche cosa del principe Trasimeno, magari un brandello del suo vestito... basterebbe un semplice filo, un filo che passasse sulla cruna del Lago, quella cruna sulla quale sono transitate leggenda, amore, gioia, ma anche tristezza e dolore. 
Ma il tutto va a cucire indissolubilmente, nel bene o nel male, la collana della propria vita con accadimenti buoni e cattivi, amalgamati, coesi o scherniti nell'impetuoso e perenne tumulto dell'onda dei ricordi!

Massimo 48