Tra poche ore si terrà il "tremendo sortegione da girone dantesco" dei gironi, scusate la ripetizione, del Mondiale di Russia 2018. Mondiale che, come purtroppo sappiamo, non vedrà protagonista l'Italia. Il sorteggio non può che far riaffiorare brutti ricordi dovuti al fatto che noi non ci saremo. Su questa esclusione si è parlato tanto e ne se parlerà probabilmente fino all'Europeo del 2020. Si è detto che è tutto da rifondare, che Tavecchio ha sbagliato tutto (cosa da dimostrare), che non accadeva da sessant'anni e tanto altro.

Non voglio affrontare questi argomenti, ma voglio concentrarmi sulla parte umana.

Ho vissuto tre mondiali e ricordo bene l'ansia del sorteggio, le prime pagine della Gazzetta dello Sport, i pronostici, quasi sempre sbagliati e l'attesa della prima partita e, prima, dei convocati. 

Fino ad oggi mi sono sempre rifiutato di accettare l'idea di non andare ai Mondiali, di accettare il fatto che non ci saranno birra e patatine ad accompagnare la Nazionale e di accettare il fatto che il popolo si riunisca e sia coeso almeno per un mese. 

Il sorteggio di queste ore mi sveglierà perché non leggerò il nome "Italia" associato ad altre tre nazioni e non sarò davanti alla televisione a sperare in nazionali scarse. Per questo oggi brucia ancora di più del 13 novembre.