E’ nato di nuovo, Gianluigi Donnarumma. Vero che prima di rinascere bisognerebbe morire. Vero che non c’entra né il buddismo né Tom Cruise che torna dal Vietnam. Il portierone di belle (ma non certe) speranze - a cui auguriamo tanta fortuna e lunga vita - si è avvalso della facoltà di rispondere. E sono stati dolori. Uno shock per il buon senso, se quanto è stato diffuso sul suo contratto nella serata di ieri avrà i sigilli dell’ufficialità. Stamattina si sveglierà come nuovo. Sarà su tutte le prime pagine, in tutti i telegiornali, in tutti i siti internet. E vedremo che ne sarà della sua carriera. Il nuovo Milan, per tenerlo (e con che figura!), ha fatto un contratto da un milione a stagione persino al fratello. Altro portiere e altra storia: ma stessa stazione di partenza e di arrivo. Con quel capotreno - procuratore Mino Raiola - che assomiglia al re di denari nelle gare di scopa quando a tavola c’è solo un altro e indifeso re; non si poteva che arrivare a destinazione con le sacche piene e il viaggio in prima classe. Ma non era lui che disse: “Non è una questione di soldi”?

Il re di denari doveva essere il “nuovo” Milan. Invece è stato gabbato e rimandato a settembre. Più indietro negli studi di Gianluigi Donnarumma, che domani sosterrà gli esami di maturità. La società rossonera aveva un’occasione unica per dare una svolta. Fare la sua strada senza piegarsi e influire con un esempio eclatante e concreto nella sua storia e in quella del calcio moderno. Il duo Fassone - Mirabelli dirà di aver fatto un grande affare (c’è anche una clausola rescissoria da 50 o 100 milioni a seconda delle future prodezze, o meno, del Milan). Dirà, con altri termini, di aver assicurato all’amore del popolo milanista uno dei portieri più promettenti di sempre. Non dirà, comunque, “speriamo che il Donnarumma degli Europei Under 21, non si veda più”.

Lontano dagli occhi e lontano dal cuore (ma attaccati al portafogli), Raiola e Donnarumma si sono adeguati a un calcio folle, prendendosi tutto il possibile. E sosterranno che per il Milan hanno rifiutato un contratto più corposo, e di molto. Per amore del Milan, fosse magari vero, si può fare. Quello che non si dovrebbe fare è tradire un popolo che in Donnarumma vedeva la genuinità, la speranza, la possibilità che qualcosa cambiasse in questo calcio che frulla e trita ogni sentimento. Basta un contratto da sei milioni netti all’anno per quattro anni, e un contrattino per il fratello, ad uccidere i sogni? Sì, basta e avanza. Soprattutto quando si hanno diciotto anni.

La famosa figurina dell'atalantino Pizzaballa, a lungo introvabile per un errore tecnico, si nasconde e trema. S’intristisce ripensando a quei tempi dove i giocatori stavano in posa senza essere “modelli” da fotoromanzo ed erano legati alla loro appartenenza calcistica senza fare troppi capricci.

Ma diranno che questo è il calcio di oggi. Diranno che tornare indietro non si può. Come se questo fosse andare avanti. Sì, il “progresso” è inarrestabile: ha le facce di tutti i tifosi e degli sportivi che amano il calcio, lo amano nonostante tutto. Senza di noi, adoranti e frementi, generosi e alla fine clementi, non ci sarebbe “progresso”. Questo tipo di progresso morirebbe come i sogni, seppure con l’arroganza propria dei filosofi dell’ineluttabile che, spesso, “non per soldi, ma per denaro” si beffano dei Pizzaballa di ieri e amano i Donnarumma di oggi.

Danilo Stefani