La solita squadra su cui non puoi scommettere un centesimo. La trasferta lussemburghese, che è servita solo per mettere tre punti in banca, trova conferme nel match contro l'Atalanta: è un Milan piacione, sciupone e poco incline al sacrificio. Sul piano dell'intensità qualsiasi squadra può mettere in affanno i rossoneri. Era successo nel secondo tempo di Napoli, poi a Cagliari e contro i dopolavoristi lussemburghesi. Dal conto rimane fuori la Roma: compagine che nel confronto ha saputo fare di peggio (e non era cosa semplice).

Del capolavoro di squadra milanista si è approfittata l’Atalanta, squadra zeppa di gioielli che amano la luce delle squadre più blasonate. L'undici atalantino, che nel primo tempo si girava sul prato di san Siro come su un materasso, nel secondo ha preso coraggio e le misure al Milan. Il vantaggio lampo creato da Higuain su assist di Suso (azione e gol splendidi) è servita al Milan per gonfiarsi il petto portando in giro per il campo, e giocando di tacco e punta, la pelle dell'orso atalantino. Ma si sa che la pelle dell'orso… e infatti sul terreno di caccia della seconda frazione i ruoli sono invertiti e Duvan Zapata, opportunamente entrato, ha squassato le fievoli certezze rossonere brandendo un fisico e una determinazione esemplari contro una difesa parsa più impaurita e incerta di un cerbiatto. Ma non solo Zapata, tutta l’Atalanta si è ricordata che sa giocare al calcio, e per il Milan, nell’ultima mezz’ora, sono stati dolori. Dopo il pareggio in comproprietà Calabria – Gomez, il gol di Bonaventura, insperato, portava il Milan ancora in vantaggio: 2 -1. Ma perdurando la fase della squadretta rossonera che giocava timorosa e corricchiava ansante verso il suo fortino, alla fine Rigoni ristabiliva il pareggio definitivo, 2-2. Correva il minuto 91’.

Tanto lavoro per Gattuso, ma non era così anche lo scorso anno? Eppure i problemi sono gli stessi. I giocatori (tranne Higuain, poco meglio). I cambi veri sono Leonardo e Maldini in società. Ma non giocano: assistono invece all’ennesimo strazio di una squadra senza personalità e con una grinta misteriosamente non degna dell’allenatore del Milan.

Danilo Stefani