Javier Zanetti non perde occasione per ricordare i fatti di Calciopoli, avvenuti quando lui era capitano dell'Inter. Queste le sue parole, riportate da calciomercato.com: «È una pagina nera del calcio italiano, purtroppo è esistita, è stata sotto gli occhi di tutti. Non si può far finta di aver perso la memoria. Ora, però, bisogna andare oltre». Facile andare oltre per chi, come Zanetti e compagnia calciante, ha beneficiato di uno scudetto non vinto sul campo e proprio grazie a Calciopoli ha avuto la possibilità di aprire un ciclo forse irripetibile dalle parti di Milano. Ma visto che Zanetti parla di memoria, tanto vale dare una rinfrescata. Dieci anni fa, 8 maggio 2005, a San Siro si giocava il big match della 35ma giornata di Serie A: Milan ospitava la Juventus. In classifica squadre appaiate a quota 76 punti. In campo, 1-0 per i bianconeri, con rete di Trezeguet servito da Del Piero in rovesciata. Per chi non avesse ancora capito Calciopoli - o l'avesse dimenticata (e non sia mai) - si parla della partita che avrebbe deciso sul campo il campionato poi oggetto delle indagini un anno più tardi. Arbitrate da Pierluigi Collina, le due squadre schieravano questi giocatori: Milan - Dida, Cafu, Nesta, Stam, Maldini, Gattuso, Pirlo (1' st Serginho), Seedorf (21' st Rui Costa), Kakà, Shevchenko, Tomasson (10' st Inzaghi ). (17 Abbiati, 5 Costacurta , 23 Ambrosini, 11 Crespo). All.: Ancelotti. Juventus - Buffon, Pessotto, Thuram, Cannavaro, Zambrotta, Camoranesi (15' st Birindelli), Emerson, Appiah (35' st Blasi sv), Nedved, Del Piero, Trezeguet (31' st Zalayeta). (12 Chimenti, 4 Montero, 23 Kapo, 24 Olivera). All.: Capello. Dicevamo, il campo. La Juventus vince una partita intensa, con le due squadre che se la giocano a viso aperto a ritmi da Premier League. Dopo il vantaggio di Trezeguet, gli uomini di Ancelotti tengono il campo, ma è la Juve ad avere le occasioni per raddoppiare, su tutte una traversa di Del Piero. Per dirla con le parole di Emanuele Gamba su Repubblica: «Juve superiore in tutto, il Milan perde per colpa sua». La Juventus non disponeva di Zlatan Ibrahimovic, squalificato per tre turni dopo Juventus-Inter. Lo ricordiamo per dovere di cronaca, e per la memoria di Calciopoli, visto che la cupola moggiana riuscì a non fare annullare o ridurre la squalifica del centravanti svedese. Ad ogni modo, a tre giornate dalla fine, la Juve si portava a 79 punti e avrebbe vinto il campionato due settimane dopo, complice il pareggio interno del Milan contro il Palermo. Fin qui il campo. Dove nessuno dei giocatori in campo aveva il sentore di quello che sarebbe accaduto un anno dopo. E dove la Juve, lo ricordiamo, vinse con pieno merito. Oggi, cosa resta di quella partita dopo Calciopoli? Quello che è successo successivamente non riguarda più il terreno di gioco, gli schieramenti e le azioni in campo, ma, gli uffici e le segreterie in cui è stata scritta, come dice il vicepresidente interista, la pagina nera del calcio italiano. Perché comunque la si guardi, resta una vicenda oscura, che nemmeno il lunghissimo processo della giustizia ordinaria è riuscita a chiarire. Le uniche certezze sono quelle sancite dalle sentenze dell'estate 2006: Juventus in Serie B; campionato 2004/05 revocato sebbene per la giustizia ordinaria non risulteranno partite alterate; campionato 2005/06 assegnato in segreteria all'Inter, pur non essendo oggetto di indagine; Milan penalizzato di quanto basta per permettergli la partecipazione alla Champions, poi vinta; Inter promossa Campione d'Italia per presunta onestà (ma Palazzi, seppur con i suoi tempi, racconterà un'altra storia). Ha ragione Zanetti quando dice che non si può far finta di aver perso la memoria. L'epopea dell'Inter morattiana inizia in quella torrida e torbida estate del 2006, in cui il trionfo di Berlino riusciva a distogliere l'attenzione quel tanto che bastava per far credere che dopo Moggi tutto sarebbe cambiato. E che il calcio italiano era ancora il migliore. Come sono andate le cose ce lo hanno fatto capire il campo e il tempo, l'uno veritiero l'altro galantuomo. Dal 2010, dopo la notte nerazzurra di Madrid, possiamo annoverare: due mondiali vergognosi, in cui la nazionale quattro volte campione del mondo è stata eliminata al primo turno (cosa peraltro non inconsueta, essendosi già verificata per altre cinque volte); una serie di figuracce in campo europeo da cui nessuna squadra è rimasta esente. Nel frattempo, a Milano si paga il prezzo di aver voluto fare il passo più lungo della gamba. Milan e Inter, con situazioni societarie diverse, hanno cercato in questi anni di prendere il posto della Juventus. Calciopoli, con la complicità sabauda, doveva dare l'input ad una nuova stagione per il calcio italiano. Eppure in questi anni, il Milan, complici i problemi extra-calcistici di Silvio Berlusconi, ha vinto la miseria di una Champions League e di un campionato. Poca roba, se paragonata ai primi venti anni della gestione berlusconiana. E basta confrontare la formazione del 2005 con quella di oggi per capire come i rossoneri abbiano fatto la marcia del gambero. L'Inter, dopo aver vinto la Champions e quattro campionati, si è liquefatta, ritornando alle posizioni di classifica frequentate prima di Calciopoli, se non ancora più in basso. Anche per questo Zanetti ha ragione, non si può perdere la memoria. L'Inter ha venduto l'anima al diavolo per pochi anni di gloria e di presunta illibatezza e oggi ne sta ancora pagando gli effetti. Né Inter né Milan si sono dimostrate capaci di riuscire a raccogliere l'eredità della Juventus distrutta da Calciopoli. Nessuna delle due milanesi è riuscita a cavalcare l'onda calciopolara per programmare un ciclo più duraturo, ma ne ha semplicemente sfruttato gli effetti per inerzia, fino all'esaurimento degli stessi. Ed per questo che oggi a Milano si parlano lingue asiatiche. E così, nel frattempo, nonostante la disastrosa gestione Cobolli Gigli-Blanc, la Juventus ha portato comunque a termine la costruzione dello Stadium (due anni di ritardo rispetto ai tempi previsti da Giraudo e Moggi), continua gli investimenti extra-sportivi (il Museo, la Cittadella) senza dimenticare la crescita calcistica, senz'altro favorita dal declino milanese e dai limiti delle altre piazze. Ma a Torino hanno dimostrato ancora una volta che la competenza è di casa e la nuova triade Marotta-Paratici-Nedved, voluta da Andrea Agnelli, ha cominciato a raccogliere i frutti della programmazione anche in campo europeo. In Europa la Juventus è tornata di diritto a presenziare il salotto buono, addirittura facendo meglio di quanto non fosse riuscita a fare con Capello negli anni di Calciopoli. In attesa di scrivere una nuova pagina al Bernabeu, per provare a chiudere il cerchio proprio a Berlino. Dove in un certo senso, tutto iniziò. E dove, giocoforza, la memoria non smette di condurci, nonostante la Juventus abbia comunque dimostrato di volere, sapere e potere «andare oltre».