Il compianto Carmelo Bene sosteneva che dopo la morte del desiderio, di Eros, si instaura il porno. Ed è a partire da questo momento che quello che si fa lo si fa per svogliatezza, al di là del desiderio stesso: «il porno è il manque, è quando non è, è quando ha superato sé stesso, è quando non ha voglia». Bene giocava sul significato della parola 'porno', mettendola in relazione con la scena e l'o-sceno inteso come assenza. Risalendo all'etimologia della parola, dal greco πόρνη, porne, porno significa 'meretrice', e nella sua forma verbale significa 'vendere'. Questi due brevi passaggi mi servono da spunto per una rapida riflessione sull calcio - e sul calcio italiano in particolare. In generale, la presenza orwelliana delle televisioni ha reso la fruizione del calcio alla stessa stregua di un film porno e, come in certa cinematografia d'antan, ha sdoganato la fruizione dal buco della serratura dell'occhio catodico. La conseguenza è la scomparsa dell'emozione, a tratti erotica, per la giocata - gol, parata, dribbling - a favore della vivisezione, pornografica, di episodi più o meno contestati. Che poi in televisione si possano visionare, magari in HD, le prodezze dei più celebrati campioni, anche questa è una forma di voyeurismo. Il calcio italiano poi di questo fenomeno ne ha fatto una vera patologia. Gli stadi vuoti e i salotti televisivi pieni sono l'espressione più limpida del porno calcistico. Per cui, invece di esaltare il bel calcio del Sassuolo di Di Francesco o dell'Empoli di Sarri, si preferisce disquisire di centimetri (sic!) e decisioni arbitrali. Purtroppo il calcio italiano si è venduto, come una meretrice, alle televisioni. Senza i diritti televisivi il circo non potrebbe andare avanti, per cui va da sé che lo spettacolo - televisivo - deve guadagnarne a scapito di quello istantaneo del terreno di gioco. Ed è proprio sull'istantaneità del gesto sportivo e della partita che vale la pena soffermarsi per concludere questa riflessione. Una partita di calcio è un evento all'interno del quale accadono centinaia di micro-eventi: dribbling, azioni corali, falli di gioco, parate più o meno plastiche. Ognuno di questo a suo modo è il farsi atto di un desiderio. E si potrebbero scrivere trattati di estetica sulla rovesciata di Parola, sull'elastico di Ronaldinho o sul doppio passo di Garrincha. Suo malgrado, anche la decisione arbitrale è un atto istantaneo. Fuori da quell'istante perde il suo significato. La decisione dell'arbitro è tale perché in quel preciso istante il tale evento - fallo, fuorigioco - si è verificato. E va da sé, che la prospettiva dell'arbitro non è quella delle telecamere. Che invece favoriscono la visione voyeuristica dell'evento calcistico. Per cui, si conceda pure la tecnologia sul gol-non-gol, ma che non si parli di vivisezione alla moviola! La conseguenza è che non si parla più di gesti tecnici e anche la tattica viene ad essere meno attenzionata. Per fare un esempio sul recente Juventus-Milan, il tanto contestato gol di Tevez ha posto il problema dei centimetri e della prospettiva. E invece: un'analisi tattica attenta si occuperebbe della linea difensiva del Milan, quasi zemaniana, e poi magari si esalterebbe la fuga di Tevez e la freddezza del giocatore argentino nel concludere a rete. Esempio banale, ma che ci fa capire come ormai nel panorama italiano c'è poco interesse per il gioco del calcio e sempre più attenzione per il business calcio. E poco importano le capacità dei dirigenti, ma questa è un'altra storia. Ecco il calcio di oggi, soprattutto in Italia. Un calcio stanco, svogliato, che non asseconda il desiderio di emozione, che si fa guardare per noia o come un riempitivo. Questo è il porno calcio, un calcio meccanico, floscio, che è là perché qualcuno ce l'ha messo e che stancamente si fa guardare. In chiusura, voglio citare Ezio Vendrame, calciatore e poeta maledetto, un personaggio del calcio che fu, conosciuto come 'l'uomo che fece un tunnel a Gianni Rivera'. Ecco, a proposito di quel tunnel, Vendrame ci ha regalato questa perla: «Gianni era un artista, del pallone, e umiliarlo così, anche se il mio fu un gesto istintivo, mi dispiacque tantissimo. D'altra parte un po' fu anche colpa sua, lui allargò le gambe, e chi allarga le gambe, nel calcio come nella vita, ti spinge sempre a fare qualche cosa».