"Scusate, abbiamo scherzato". Deve essere stato il primo pensiero di Luciano Moggi questa notte alla lettura della sentenza della Cassazione su quel pastrocchio che risponde al nome di Calciopoli. Dopo sei ore di camera di consiglio - che si saranno detti mai in tutto questo tempo? -, i giudici hanno chiuso il processo penale con un pilatesco nulla di fatto favorito dalla sopraggiunta prescrizione. Un nulla di fatto durato nove anni. In attesa delle motivazioni, non possono non sorgere spontanei alcuni interrogativi. Su tutti, uno è lì a mostrare l'assurdità di questo «scherzo lungo nove anni»: come fu possibile nel 2006 in un paio di mesi condannare la Juventus all'inferno della retrocessione e appuntare sullo smoking nerazzurro la spilla di cartone di uno scudetto mai vinto sul campo? Mentre ci sono voluti quasi nove anni per la giustizia ordinaria per arrivare in Cassazione, che avrebbe potuto fare definitivamente (?) luce su questa vicenda, a trincerarsi dietro lo scudo della prescrizione. Che esiste a garanzia degli imputati, ma in questo caso, e mai come adesso, è stato uno strumento a garanzia dei giudici. Troppo scomodo giudicare, in un senso o nell'altro. Troppo scomodo, e forse ingiusto, condannare Moggi e i suoi sodali alla luce di quanto emerso in questi anni grazie al lavoro certosino della difesa. Troppo scomodo, e forse rischioso, riscrivere la storia della grande farsa che in quella torrida estate si mosse sulle onde del sentimento popolare. Sentimento popolare che fu cavalcato dalla gran parte degli organi di stampa, con la Gazzetta dello Sport erettasi a giudice supremo delle malefatte dei dirigenti bianconeri. Per poi, una volta calmatosi il sentimento popolare, derubricare a notiziola di poco conto ogni nuovo elemento che in questi anni ha arricchito questa triste storia. Salvo sbattere il mostro in prima pagina ad ogni condanna dei colpevoli o, come ieri mattina, quando sui vari siti internet appariva a lettere cubitali la parola 'prescrizione' si è fatta passare per sentenza le richiesta dell'accusa. Tu chiamale se vuoi disiformazioni. Così ieri i giudici hanno perso l'occasione di dare un segno tangibile di una giustizia che funzioni. Condannare o assolvere? Meglio la prescrizione. Meglio non risvegliare il sentimento popolare e pensare all'ordine pubblico. Perché in Italia il calcio è più importante dei problemi politici e sociali. Non sono i politici che fottono, è la Juve che ruba! Ma non si fa così, cari giudici. Nove anni fa, la Juventus veniva sbattuta in B con un processo sommario. Oggi, questa vostra prescrizione è solo una grande presa in giro nei confronti dei contribuenti. Vale la pena ricordarvi che Moggi e Giraudo hanno già pagato con l'esclusione dal calcio. E gli arbitri assolti hanno già pagato con la fine della loro carriera. La Juventus in B, lo scudetto all'Inter, le ipotesi di associazione a delinquere e di partite alterate (quali?), le telefonate con i designatori, le schede svizzere. Cari giudici, ce n'era abbastanza per giustificare una vostra condanna ad ogni membro della cupola eretta in fretta e in furia in quella tarda primavera di nove anni fa. Cari giudici, Luciano Moggi e Antonio Giraudo andavano condannati. Per dare un senso a tutto quello che è accaduto nove anni fa. Per dare un senso allo stupro perpetrato ai danni della squadra da loro amministrata. Luciano Moggi e Antonio Giraudo andavano condannati perché hanno già pagato. La prescrizione eviterà loro una condanna penale, ma non gli restituirà quanto gli è stato tolto. E con loro i membri di quell'associazione a delinquere... che non è riuscita a delinquere. Poveri scemi! Luciano Moggi e Antonio Giraudo andavano condannati per dimostrare che il calcio di oggi è più pulito di quello di nove anni fa e farci capire quelli che sono venuti dopo di loro non sono peggio di loro. Luciano Moggi e Antonio Giraudo andavano condannati perché era a causa della Triade che l'Inter non vinceva e Zeman veniva esonerato. Mentre oggi... Luciano Moggi e Antonio Giraudo andavano condannati perché non possono beneficiare della prescrizione come un Massimo Moratti qualsiasi.