Pienamente conscio e consapevole che si tratta di un argomento che non può (e non potrà mai) mettere tutti d’accordo, sono convinto che la guida tecnica di Roberto Donadoni rappresenti - ad oggi - la miglior soluzione possibile per questo Bologna.

Al netto di qualche scelta azzardata (come il modulo con il quale i felsinei hanno recentemente affrontato il Torino), l’allenatore bergamasco, quest’anno, si è dimostrato pressoché impeccabile nella preparazione delle partite e nella scelta dell’atteggiamento con cui schierare in campo il proprio undici titolare.
La partita di ieri, contro la capolista di Maurizio Sarri, ne è stata una chiara dimostrazione: nonostante la sconfitta, il Bologna ha giocato un’ottima partita, riuscendo più di una volta a pungere il Napoli con le proprie ripartenze. Da questo punto di vista, Donadoni dimostra di conoscere alla perfezione la propria creatura, poiché il Bologna è stato finora una delle squadre più pericolose in contropiede.

L’ex allenatore del Parma, che nel corso del 2009 guidò anche il Napoli (senza grande fortuna, a dire la verità), ha sempre saputo trasmettere grande serenità e compattezza alle propria squadre, anche nei momenti più delicati. Proprio a Parma (stagione 2013/2014), il tecnico bergamasco ha avuto la sua migliore annata, culminata con il sesto posto in campionato e la qualificazione in Europa League, negata poi soltanto a causa dei problemi economici della società. Con lo sguardo rivolto ai club che seguono il Bologna in classica, sfido chiunque (tifoso o meno) a individuare un tecnico più preparato e pragmatico dell’attuale mister rosso-blu.

Nessuno può pretendere che, improvvisamente, il Bologna riesca a superare la concorrenza di club più strutturati e agguerriti, centrando un obiettivo complesso come l’Europa. A mio avviso però, la stagione è tutt’altro che da buttare: i punti (27, dieci in più della terz’ultima) e la posizione in classifica (dodicesima, a una sola lunghezza dalla Fiorentina) sono perfettamente in linea con il valore attuale del club e della rosa. Bisogna ammettere che qualche punto è stato lasciato per strada in modo del tutto inopinato (sono, peraltro, il primo a sottolinearlo), ma la squadra ha un volto diverso rispetto a quella, spenta, vista durante tutto lo scorso campionato.

Qualunque valutazione di carattere tecnico non può certo prescindere dai punti totalizzati dal club in stagione e, neppure, dalla situazione contingente di classifica, ma per quale motivo un progetto dovrebbe considerarsi fermo o, addirittura, fallimentare soltanto perché la squadra si ritrova i medesimi punti della stagione precedente (come pure sostengono numerosi tifosi)?
La crescita di qualunque collettivo deve essere valutata anche alla luce di altri aspetti tra cui, senza dubbio, la valorizzazione (economica e non solo) dei singoli.
Sotto questo aspetto, anche i più scettici dovrebbero ricredersi: sono molti i giocatori, da Verdi a Donsah, da Di Francesco a Pulgar, che sono cresciuti (e spero possano continuare a farlo) sotto lo sguardo imperscrutabile e attento di una delle persone più educate e cortesi che si possano incontrare nei pressi di un campo di calcio.