C’è un giocatore della Corea del Sud che durante l’inno nazionale ha sempre fatto il saluto militare durante questi Mondiali di Calcio. È Kwon Chang-hoon, il calciatore ex-Digione e Friburgo, di ruolo centrocampista offensivo e attualmente in campo con il Gimcheon Sangmu FC, la società calcistica sudcoreana di proprietà delle Forze Armate della Repubblica di Corea.

Il calciatore sudcoreano ha suscitato non poche polemiche portandosi la mano alla propria fronte nel momento in cui risuonavano le note del proprio inno nazionale, essendo stato anche l’unico della squadra ad averlo fatto, suscitando stupore e confusione.
Il motivo del gesto è facilmente intuibile se si conosce un minimo la storia del suo paese di origine: Chang-hoon infatti è un uomo sudcoreano che come d’obbligo sta svolgendo il servizio militare nella Repubblica di Corea. Forse non tutti sanno, però, che i cittadini che eseguono questo particolare protocollo militare devono necessariamente rispettare misure molto rigorose e obbligatorie, a dimostrazione della loro costante fedeltà e continua dedizione e appartenenza alla causa, anche in contesti lontani sia fisicamente che concettualmente da quello della guerra.

Come funziona il servizio militare in Corea del Sud?
Il servizio militare in Corea è stato proclamato ufficialmente nel 1957 e fonda i suoi principi nell’art 39 della Costituzione della Repubblica di Corea secondo il quale “ogni cittadino è ritenuto responsabile della difesa del proprio paese e dei suoi abitanti”; è stabilito, inoltre, che tutti i cittadini maschi della Corea del Sud debbano adempiere sinceramente ai doveri del servizio militare come definito dalla Costituzione e dal comma 3 della medesima legge.
Al compimento dei diciotto anni tutti i ragazzi, che non hanno disabilità, devono registrarsi negli elenchi degli abili a svolgere il servizio militare: compiuti i diciannove anni si viene chiamati dal governo per effettuare esami fisici e psicologici approfonditi, proprio per determinare l’idoneità al servizio e anche che tipo di servizio si dovrà rendere al paese. Una volta terminata la leva, per i successivi otto anni i giovani sudcoreani devono passare sotto le armi altre 160 ore come riservisti.

È davvero obbligatorio per tutti? Ogni cittadino è obbligato ad iniziare il servizio militare entro il 28esimo anno d’età ma è possibile ottenere un rinvio dall’entrata in servizio a causa del proseguimento o conclusione degli studi universitari. La legge sudcoreana prevede inoltre la possibilità di essere esonerati dalla leva, svolgendo un servizio alternativo. Questa opzione, però, solitamente è riservata ad atleti (come quelli olimpici) e personaggi del mondo dello spettacolo di fama internazionale.
La questione degli esoneri trova le sue origini nel 1973, quando il presidente dell’epoca, Park Chung-hee, introdusse l’esonero per gli artisti e per gli atleti che ottenevano grandi risultati o medaglie. Questo tipo di non partecipazione al servizio è attiva tutt’oggi e un chiaro esempio è il famoso giocatore di calcio del Tottenham, Son Heung-min, il quale con la nazionale ha vinto la medaglia d’oro ai XVIII Giochi Asiatici del 2018, di cui parleremo in seguito.

Donne e comunità LGBT. Le donne coreane possono decidere volontariamente di partecipare al servizio militare in quanto per loro non esiste alcun obbligo.
Per quanto riguarda la comunità LGBT, in Corea l’omosessualità è vista come uno dei criteri che rendono un ragazzo inabile al servizio militare e il Paese si dimostra, come tanti, ancora incapace di accettare ciò che viene reputato “diverso”. Recente è la notizia del suicidio di Byun Hee-soo, soldatessa transgender di 22 anni costretta a lasciare l’esercito a seguito dell’operazione chirurgica per la riassegnazione sessuale poiché, secondo la legge militare coreana, così facendo sarebbe rientrata a far parte della categoria di persone con disabilità.

Le origini storiche
La legge sul servizio militare si inserisce in uno scenario di conflitto con la Corea del Nord, mai del tutto placatosi. Le due Coree, infatti, sono ancora tecnicamente in guerra, non essendoci mai stato un trattato di pace dopo il conflitto del 1950-1953, ma soltanto un armistizio.
È fondamentale ricordare quella che da molti viene definita la “guerra dimenticata”, poiché non ha mai ricevuto la stessa attenzione mediatica riservata chiaramente alla Seconda Guerra Mondiale, ma anche alla guerra del Vietnam.

La guerra di Corea (1950-1953)
La divisione della penisola.
Tale separazione fu il risultato delle dinamiche e delle conseguenze insite nella Guerra Fredda, contrapposizione politica, ideologica e militare che venne a crearsi intorno al 1947 e che coinvolgeva i due grandi poli d’influenza e di potere dell’epoca: gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica.
Con il crollo dell’Impero Giapponese il 2 settembre del 1945, la penisola coreana smise di essere una colonia e potenzialmente libera di formarsi come paese indipendente. Tuttavia, il presidente Truman riteneva reale il pericolo che l’intera penisola coreana finisse in mano sovietica, e per gli Stati Uniti fu quindi necessario intervenire.
Ecco perché, tra il 10 e l’11 agosto 1945, due ufficiali statunitensi ricevettero l’incarico di proporre una divisione della penisola in due zone di occupazione. Essi suggerirono una linea di demarcazione al 38° parallelo, che non si basava su calcoli geografici, politici, culturali o storici, ma rendeva i due territori uguali in estensione, ignorando le probabili conseguenze che questa divisione netta potesse avere sul popolo. Stalin, che ricevette la proposta il 13 agosto, l’accettò prontamente. Tale soluzione infatti permetteva all’Unione Sovietica di guadagnare territorio senza combattere.

La formazione delle due Coree. A questo punto però, la penisola coreana perde l’unità nazionale. A nord i sovietici scelsero come leader Kim Il-sung e progressivamente venne imposto il comunismo del regime. Al sud, gli Stati Uniti crearono un governo militare, in mano a Rhee Syngman, politico di stampo nazionalista e autoritario.
A nord venne fondata la Repubblica di Corea il 15 agosto 1948, ma quando le Nazioni Unite dichiararono che questo sarebbe stato l’unico governo legittimamente riconosciuto come rappresentativo per l’intera penisola, venne fondata la Repubblica Democratica Popolare di Corea di Kim Il-Sung. Siamo nel 9 settembre 1948.

L’inizio della guerra. Nel 1949 Kim presentò a Stalin l’idea di unificare la penisola attraverso una guerra lampo. Il 25 giugno 1950, le truppe nordcoreane invasero la Corea del Sud, occupando Seoul in una settimana e la gran parte del territorio sudcoreano in circa un mese e costringendo gli abitanti a rifugiarsi nella penisola di Pusan.

L’intervento degli Stati Uniti. Agli occhi statunitensi l’invasione nordcoreana non poteva essere percepita come una questione periferica, dato il potere e la popolarità che in quegli anni stava acquisendo l’ideologia comunista. Risultò infatti una vera e propria testimonianza della sfida comunista contro l’ordine internazionale.
Gli Stati Uniti riuscirono a far approvare una risoluzione che impegnava le Nazioni Unite a intervenire per difendere la sovranità della Corea del Sud. Il 19 ottobre 1950, le truppe statunitensi intervennero e respinsero le truppe di Kim a nord del 38° parallelo.

L’intervento cinese. Se gli Stati Uniti avessero fermato la loro avanzata, la guerra sarebbe potuta terminare già nel 1950. Tuttavia, le truppe si spinsero fino al fiume Yalu, al confine tra Corea del Nord e Cina, determinando l’intervento della Repubblica Popolare Cinese che di nuovo respinse statunitensi e sudcoreani al di sotto del 38° parallelo.

Gli accordi e l’armistizio. Le parti raggiunsero un accordo sulla creazione di una linea di demarcazione al 38° parallelo con una zona demilitarizzata e di una Commissione per l’armistizio militare.
L’elezione del presidente Eisenhower nel 1952 e la morte di Stalin nel 1953 furono i due eventi decisivi che finalmente aprirono la strada per un armistizio, firmato il 27 luglio 1953 a Panmunjom.

Perché non possiamo parlare di pace? Il documento non è mai stato ratificato dai sudcoreani e quindi non è mai diventato un trattato di pace. Terminava così la guerra di Corea, che si stima abbia portato alla morte di minimo due milioni e mezzo di coreani, oltre cinquecentomila cinesi e trentaquattromila cittadini degli Stati Uniti.

La testimonianza di Son Heung-min
Tornando a parlare di calcio internazionale, ad Aprile del 2020 il calciatore del Tottenham, Son Heung-min fu costretto a tre settimane di servizio militare obbligatorio che ha dovuto completare in Corea del Sud.
Nel 2018, l’attaccante ebbe la possibilità di ottenere l’esenzione dalla leva obbligatoria per 22 mesi grazia alla vittoria contro il Giappone per 2-1 che consegnò alla nazionale di cui è capitano la vittoria del torneo di calcio dei Giochi Asiatici. Il governo della Corea del Sud concede infatti l'esenzione dal servizio militare obbligatorio nei seguenti casi: oro ai Giochi Asiatici e oro, argento o bronzo in un Mondiale o in un'Olimpiade.
Dopo l’infelice esito ai Mondiali in Russia, Son Heung-min decide di prendere parte al torneo proprio con il preciso intento di vincerlo per evitare la leva, che avrebbe sicuramente messo un importante freno alla sua carriera all'epoca, carriera che ad oggi risulta decisamente luminosa e ricca di successi e riconoscimenti.
I 22 mesi diventano un camp militare obbligatorio organizzato dall’esercito sudcoreano, che il giocatore completerà durante il lockdown e la conseguente pausa del campionato inglese.

In 10 in una stanza
Nonostante la paura, il calciatore racconta di un servizio militare che ha avuto la fortuna di viversi in modo sereno, per quanto possibile, forse proprio grazie alla sua posizione privilegiata in quanto sportivo di fama mondiale.
"È stata un'esperienza speciale - ha raccontato ai microfoni del sito ufficiale - non riuscirei a dire tutto quello che ho fatto, ma mi è davvero piaciuto. I ragazzi sono stati carini. Sono state tre settimane difficili, ma ho provato a godermi un'esperienza che non avrò mai più".
Aggiunge poi: "Il primo giorno non ci conoscevamo e quindi è stato un po' strano, ma poi abbiamo dovuto passare tanti giorni insieme in una stanza con 10 persone. All'inizio i ragazzi non riuscivano nemmeno a parlarmi ma dopo abbiamo riso e scherzato tutti insieme"
Ma il problema è che non tutti i giocatori della Corea del Sud possono aspirare a conseguire grandi risultati in determinati tornei internazionali, e così sono costantemente alla ricerca di un modo per aggirare la leva obbligatoria, spesso non riuscendoci.


Al di fuori del calcio – I BTS
Questa situazione, come è facilmente intuibile, non si presenta solo nel mondo del calcio. Anzi, ultimamente si è parlato molto dell’argomento in relazione ai BTS, famosissima band di pop coreano (K-pop) con milioni di fan nel mondo e con un successo planetario.
È stato infatti annunciato che tutti e sette i membri del gruppo faranno il servizio militare.
Finora i BTS avevano potuto rimandarlo grazie a una decisione del governo, che aveva riconosciuto il ruolo della band nella diffusione della cultura sudcoreana nel mondo. Dato che tra gli uomini esentati dal servizio militare ci sono atleti olimpici o vincitori di medaglie ai Giochi asiatici, ma anche artisti, cantanti e ballerini di musica tradizionale che hanno vinto competizioni ad alti livelli, c’è chi sosteneva da tempo che anche i BTS dovessero beneficiarne.

Breve storia del gruppo
I BTS sono uno fra i gruppi più popolari al mondo e soprattutto il più noto gruppo di K-pop, il fenomeno musicale e culturale sudcoreano che dagli anni Duemila ha cominciato a farsi conoscere nel resto dell’Asia e in Occidente. Hanno pubblicato il loro primo singolo nel 2013 e da allora sono la band sudcoreana più famosa di sempre. Nel 2018 hanno ottenuto un riconoscimento all’ordine del Merito culturale dal ministero della Cultura sudcoreano e grazie al loro successo hanno contribuito ad attirare centinaia di migliaia di turisti in Corea del Sud, generando un notevole volume d’affari e distinguendosi per una comunità di fan molto coesa e con una forte identità.

La decisione e le opinioni contrastanti 
Nell’ambito delle discussioni su un’eventuale esenzione per i membri della band, nel 2020 il parlamento sudcoreano aveva approvato una legge che permetteva ad artisti pop e K-pop molto famosi come loro di rimandare l’arruolamento fino al compimento dei 30 anni di età. Negli anni seguenti però il ministero della Difesa non aveva preso alcuna decisione definitiva.

Le opinioni sull’argomento sono sempre state fortemente contrastanti.
Il 61% delle persone intervistate per un sondaggio svolto di recente si è detto favorevole a un’esenzione dal servizio militare per artisti di grande successo mondiale, come i BTS, mentre secondo il 54% di quelli intervistati per un altro sondaggio ancora dovrebbero farlo.
Dall’altra parte, un noto critico musicale sudcoreano Lim Jin-Mo ha sostenuto che sebbene il loro enorme successo debba essere riconosciuto i BTS non dovrebbero poter saltare il servizio militare.
Un’altra tesi a favore della partecipazione dei giovani cantanti alla leva militare obbligatoria è la seguente: concedere ai BTS di non fare il militare potrebbe far sentire discriminati, trattati in maniera iniqua e scoraggiati i giovani della loro stessa età che invece sono obbligati a farlo.

Ma la realtà qual è?
I manager hanno dichiarato che i membri del gruppo sono felici di svolgere il loro dovere, ma la realtà è che le uniche testimonianze, opinioni e racconti di esperienze vissute legate al mondo della leva militare provengono da figure estremamente privilegiate provenienti da mondi, come quello calcistico e musicale, che potenzialmente possono offrire agli uomini sudcoreani che ne fanno parte una serie di benefici che il resto della popolazione non può avere. C’è da chiedersi dunque se sia giusto dal punto di vista etico garantire la possibilità di esenzione o di riduzione del tempo di leva solo a quei pochi fortunati che riescono ad emergere in un mondo saturo di uomini e donne di successo che vivono immersi nella fama e nella gloria.
Ecco perché non si parla di quelle che possono essere state le esperienze degli uomini comuni, del semplice e umile ragazzo appena laureato che si ritrova costretto a dedicare parte della sua vita ad esercitarsi per la difesa del proprio paese che probabilmente non ne avrà mai neanche realmente bisogno.
Non se ne parla molto, perché spesso vengono insabbiati, ma sono molteplici gli episodi di bullismo, sevizie, pressioni e violenze psicologiche, che spesso hanno portato a suicidi e omicidi proprio legati a fatti avvenuti all’interno dell’esercito.

Una tremenda sofferenza messa a tacere o ignorata dai piani alti
e dall’altra parte le voci poco affidabili dei pochi privilegiati che vengono amplificate per dare un’immagine illusoria di un paese controverso e libero di mantenere in atto abitudini che si credevano superate, ma che purtroppo sono ancora in uso.