Emily Dickinson parlava di libertà come qualcosa che alberga costantemente nell’animo umano, indipendentemente dal fatto che essa sia la personale condizione degli uomini all’interno della società in cui vivono in quel dato momento. Neanche le sbarre più poderose o le catene più possenti possono fermare un uomo che ha in sé la libertà.

La storia lo dimostra da sempre, ma in particolare oggi vogliamo ricordare quei popoli che hanno dovuto animare paesi interi per potersi definire oggi indipendenti e liberi, e uno di quei popoli è quello che in queste settimane abbiamo visto anche nelle strade delle nostre città dopo ogni singola vittoria del Marocco. Ma non sono solo tifosi marocchini, anche subsahariani, levantini e seconde generazioni con un qualsiasi background migratorio. Sono tutti scesi nelle nostre strade a festeggiare.
Quello che rappresenta la squadra marocchina va oltre il semplice calcio. E lo è ancora meno una partita come Francia-Marocco.

Non è una partita come le altre
Francia-Marocco
non è stata e non sarebbe mai stata una partita come le altre. Il match delle 20:00 (ora italiana) di mercoledì 14 dicembre ha sancito la finalista che andrà a giocarsi il Mondiale contro l’Argentina questa domenica.
Mentre la Francia, nazionale composta da grandi campioni tra cui spiccano il giovanissimo Kylian Mbappè, classe 1998 e già campione del mondo nel 2018 a soli vent’anni, e Olivier Giroud, attaccante del Milan con ben quattro goal particolarmente decisivi segnati durante questo torneo, arriva alle semifinali senza troppe complicazioni e secondo le aspettative di ogni tifoso di calcio, la sua avversaria, il Marocco, già vincitrice di una Coppa d’Africa (1976), una Coppa Araba (2012) e due campionati nelle nazioni africane (2018, 2020), raggiunge un incredibile traguardo: diventa infatti l’unica nazionale africana ad aver raggiunto le finali della Coppa del mondo, torneo di cui conta solamente sei partecipazioni.

Il percorso fino alle semifinali.
Il percorso del Marocco in questo mondiale è stato a dir poco appassionante, e non solo per il gioco mostrato in campo.
LA FASE A GIRONI: La nazionale parte nettamente sfavorita in un girone che la Croazia e il Belgio avrebbero dovuto dominare senza troppe fatiche, e invece è il Marocco a mettersi tutti dietro arrivando primo da imbattuto e subendo un solo goal.
GLI OTTAVI DI FINALE: Agli ottavi, Zyech e i suoi compagni vincono nell’impresa di eliminare la Spagna ai calci di rigore dopo una partita di sacrificio e concentrazione. Decisivo il portiere marocchino, Bono che para due rigori su tre sbagliati dalla nazionale spagnola, mentre Hakimi segna il rigore decisivo con lo scavetto.
I QUARTI DI FINALE: “Prima della partita, ai miei giocatori avevo detto che dovevamo scrivere la storia per l’Africa. E ora sono molto, molto felice.” Sono queste le parole nel postpartita del CT della nazionale marocchina Walid Regragui, parole che escono dalla bocca e dal cuore dell’uomo che ha guidato la sua nazionale a qualificarsi anche alle semifinali del Mondiale, battendo il Portogallo per 1-0 con goal di En-Nesyri.

Ma arriva la Francia
L’esito di Francia-Marocco, che decide l’eliminazione del Marocco dal Mondiale, ha dimostrato che le favole del calcio non sempre si concludono con un finale felice, ma ciò non significa che non restino nonostante tutto delle belle favole, indimenticabili e commoventi, ma anche d’ispirazione per chi spesso dimentica che non si sogna solo da bambini, quando si pensa di vivere in un mondo idilliaco e senza ostacoli, ma spesso quegli stessi ostacoli si possono superare, grazie alle proprie forze ma anche al supporto degli altri, che in questo caso specifico è stato l’amore di un intero popolo, un popolo in cerca di rivalsa, un intero paese a lottare al fianco degli undici in campo, in uno straordinario viaggio che ha fatto ricredere chiunque sull’esistenza dei miracoli.
Decidiamo di parlare del Marocco perché è importante sottolineare e ricordare il fatto che la sua eliminazione dal Mondiale dovuta proprio alla sconfitta contro la Francia abbia un significato che ritrova le sue declinazioni fuori dal mondo del calcio, e si lega a quel concetto di libertà di cui si stava parlando, tanto importante da essere stato scelto come titolo dell’articolo stesso e fulcro e cuore della storia di oggi.

PERCHE’ “NON È SOLO CALCIO”?
Non è solo calcio perché è il riflesso di una politica sociale fallimentare, di una storia che è tutto tranne che una favola e di una volontà di decostruire un postcolonialismo che continua ad avere conseguenze terribili sulla situazione dei paesi ex colonie delle grandi potenze imperialiste, imperi nazionalisti e razzisti che hanno basato la propria forza ed espansione su una conquista coloniale mondiale sconsiderata e illimitata, nella totale mancanza di rispetto dei popoli, che per anni subirono un’imposizione violenta di sottomissione della propria cultura a favore di un’occidentalizzazione forzata che ha avuto, e ha tutt’oggi, conseguenze drammatiche sul popolo, sulla società, sui governi e sulle guerre, che non sono mai fermate.
E non è forse uno scherzo del destino che le squadre che il Marocco ha incontrato durante il suo percorso di arrivo alle semifinali abbiano avuto a che fare con la colonizzazione del Paese magrebino?
IL BELGIO - Affrontato nei gironi, il paese belga non ha mai formalmente colonizzato il Marocco, ma ha fatto parte degli amministratori occidentali della cosiddetta area internazionale di Tangeri, dal 1923 fino all’indipendenza del Marocco nel 1956.
LA SPAGNA - Eliminata ai quarti, è la nazionale di calcio del paese che si è spartita il Marocco con Parigi nel 1912, occupando una parte nord del Paese magrebino e una fascia meridionale verso il Sahara.
IL PORTOGALLO - Uscito sconfitto agli ottavi, è il paese che all’inizio del suo processo coloniale, quando si parlava di Regno del Portogallo, occupò Ceuta (1415) e, nei cento anni successivi, diverse città costiere marocchine fino a circa la metà del XVII secolo, quando finalmente le popolazioni autoctone sono riuscite a cacciare i portoghesi.
E il colpo di grazia arriva in semifinale con la Francia. Dopo la partizione con la Spagna nel 1912, è la Francia che impose il regime del protettorato sul Marocco, finito poi nel 1956 con l’indipendenza del Paese. Ma è necessario approfondire meglio se si vuole dare il giusto valore alla storia geopolitica di questo Paese.

LA TURBOLENTA STORIA DEL MAROCCO
Le prime dinastie

Durante gli anni dell’espansione del grande Impero Romano, il paese del nordafrica non venne risparmiato e fu proprio questo territorio quello prescelto per la costruzione della città di Volubilis. Le tribù berbere delle montagne riuscirono comunque a resistere alla dominazione romana, infatti in Marocco a lasciare una traccia ben più marcata sono stati gli arabi, che nel VII secolo invasero il paese, lasciando la loro lingua e la loro religione. Fino al 1660 si alternarono diverse dinastie, per poi lasciare il potere in mano agli Alawidi, che tutt’oggi regnano in Marocco dalla morte dell’ultimo sovrano sadiano nel 1659.
Malgrado la debolezza della propria autorità, la dinastia degli Alawidi era riuscita tra XVIII e XIX secolo a mantenere la propria indipendenza mentre altri stati erano dovuti soccombere all'Impero ottomano o alle dominazioni francese e inglese.
Il cedimento
Nell'ultima parte del XIX secolo, però, la debolezza del Marocco e la sua instabilità invitarono le potenze europee ad interessarsi all'area richiedendo delle concessioni economiche e commerciali. I primi anni del XX secolo portarono ad una vera e propria corsa di manovre diplomatiche dove si distinse in particolare la Francia coi suoi interessi particolari in Nordafrica.
Le azioni della Francia

Le attività francesi in Marocco erano iniziate alla fine del XIX secolo.
Nel 1904 il governo francese stava cercando di stabilire un protettorato sul Marocco ed aveva per questo tentato di siglare due accordi bilaterali segreti con l'Inghilterra (8 aprile 1904) e Spagna (7 ottobre 1904) che garantirono il supporto di queste potenze nell'impresa. Francia e Spagna segretamente si spartirono il territorio del sultanato, con la Spagna che avrebbe ricevuto la parte settentrionale mentre la Francia avrebbe goduto di quella inferiore.
La prima crisi marocchina: marzo 1905 - maggio 1906
La prima crisi marocchina scoppiò a causa delle rivalità imperialistiche delle grandi potenze, in particolare della Germania e della Francia.
Questo elemento è di particolare importanza poiché va a sottolineare il modo in cui le tensioni internazionali tra le potenze europee che chiaramente uscirono allo scoperto grazie a questa vicenda ebbero le proprie conseguenze su un popolo stanziato in un territorio di un altro continente e questo esclusivamente per motivi di tipo economico e d’interesse di arricchimento da parte delle stesse nazioni europee.
Infatti, la Germania, quando ebbe la certezza di un accordo della Francia sull'area, si mosse da subito per bloccare ogni azione mettendo in campo azioni spesso eclatanti come la drammatica visita del kaiser Guglielmo II a Tangeri in Marocco il 31 marzo 1905. L'imperatore tentò di ottenere il supporto marocchino in caso di guerra con la Francia o la Gran Bretagna, e tenne un discorso pubblico sostenendo apertamente l'idea dell'indipendenza marocchina, provocatoriamente contro gli intenti della Francia.
Nel 1906 venne convocata la conferenza di Algeciras per risolvere la disputa, e la Germania accettò un accordo con la Francia sulla gestione della polizia marocchina, mentre la Francia mantenne saldamente il controllo sulla politica nazionale e gli affari finanziari.
Venne risolta solo temporaneamente la prima crisi marocchina
La seconda crisi marocchina: aprile 1911 - novembre 1911
Nel 1911, scoppiò una ribellione in Marocco contro il sultano.
All'inizio di aprile del 1911, egli fu assediato nel suo palazzo di Fez ed i francesi si erano preparati ad inviare truppe in aiuto per schiacciare la ribellione col pretesto di proteggere le vite e le proprietà dei molti europei ivi insediati. Quasi un mese dopo, le forze francesi riuscirono a porre fine all'assedio e con questo pretesto si stabilisce il protettorato francese sul Marocco.
Il protettorato francese: 1912-1956
La Francia ufficialmente stabilì un protettorato sul Marocco col trattato di Fez, ponendo fine a ciò che rimaneva dell'indipendenza nazionale marocchina.
Da un punto di vista strettamente legale, il trattato non privava il Marocco del proprio status di stato sovrano. Il sultano infatti regnava, ma non governava de facto.
Il 17 aprile 1912, dei fanti marocchini si ammutinarono alla guarnigione francese di Fez, in quelli che divennero noti come moti di Fez del 1912. I marocchini non furono in grado di conquistare la città e vennero sconfitti dai francesi. Vi furono altri tentativi nello stesso anno, ma senza successo.
Le peculiari differenze del Marocco
Stabilendo il loro protettorato su gran parte del Marocco, i francesi avevano già avuto l'esperienza dell'Algeria e della Tunisia e pertanto applicarono al Marocco il medesimo modello già sperimentato altrove.
Vi furono, però, importanti differenze.
In primo luogo il protettorato venne stabilito appena due anni prima dello scoppio della prima guerra mondiale che portò una nuova visione del governo coloniale. I governatori del Marocco francese rigettavano il tipico atteggiamento assimilazionista dei francesi nei confronti della cultura e dell'educazione, e dunque cercarono di utilizzare la pianificazione urbana e l'educazione coloniale per prevenire la commistione culturale e mantenere la società tradizionalmente radicata in loco, rendendola però dipendente dalla Francia.
In secondo luogo, il Marocco aveva un migliaio d'anni di tradizione indipendentista alle spalle; non fu mai soggetto al governo ottomano, anche se molto influenzato dalla civilizzazione dei musulmani spagnoli, anche per via della vicinanza territoriale tra i due paesi. Queste circostanze e la vicinanza tra Marocco e Spagna avevano creato delle relazioni particolari tra i due paesi.
Il Marocco era inoltre l'unico tra i paesi del Nord Africa a possedere una costa sull'Oceano Atlantico ed una sul Mediterraneo.
A causa di queste differenze, il Marocco mantenne de jure la propria personalità come stato nella legge internazionale, secondo quando anche stabilito dalla Corte internazionale di giustizia, e rimase pertanto uno stato sovrano, senza un’effettiva discontinuità tra entità pre-coloniali e coloniali.
Sotto il protettorato, i coloni si allearono con gli amministratori francesi per evitare ogni qualsiasi recrudescenza dell'autonomia marocchina. Col procedere della pacificazione, il governo francese promosse uno sviluppo economico, dei trasporti e del settore agricolo, orientato però prevalentemente al mercato francese. Di conseguenza, decine di migliaia di coloni giunsero in Marocco e qui acquistarono terra agricola.
L’opposizione al controllo francese
Tra il 1912 e il 1917 furono frequenti le rivolte contro spagnoli e francesi. La più importante di queste fu sicuramente la rivolta berbera nelle montagne del Rif, guidata da Abd el-Krim che tentò di stabilire una repubblica nel Rif. Anche se questa ribellione ebbe origine nella parte del paese controllata dalla Spagna a nord, essa raggiunse in breve tempo la parte controllata dalla Francia, ma una coalizione franco-spagnola alla fine sconfisse i ribelli nel 1925. Per loro maggiore sicurezza, i francesi trasferirono la corte da Fez a Rabat, che da allora fu la capitale dello stato sino ai nostri giorni.
Partiti nazionalisti
Nel dicembre del 1934, un piccolo gruppo di nazionalisti, membri del neonato Comitato d'Azione Marocchina (Comité d’Action Marocaine – CAM), propose un piano di riforme che richiedeva un ritorno al governo precedente al trattato di Fez, l'ammissione dei marocchini alle posizioni di governo, e la fondazione di un consiglio di rappresentanti.
Durante la seconda guerra mondiale, il movimento nazionalista precedentemente diviso al proprio interno divenne più coeso, ed informò i marocchini della possibilità concreta di un cambiamento politico dopo il conflitto. I nazionalisti ad ogni modo erano insicuri che questo avrebbe potuto portare ad una vera indipendenza dalla Francia.
Nel gennaio del 1944, il Partito Istiqlal pubblicò un manifesto nel quale venne richiesta per la prima volta l'indipendenza totale, la riunificazione nazionale ed una costituzione democratica per il paese. Il sultano approvò il manifesto prima della sua presentazione ufficiale al residente generale francese, il quale ad ogni modo rispose dicendo che il suo governo non aveva preso in considerazione cambiamenti sostanziali nello status del protettorato francese.
Il sultano Mohammed V
La simpatia del sultano Mohammed V per i nazionalisti divenne evidente col finire della guerra, anche se egli era favorevole ad un ottenimento dell'indipendenza in maniera graduale. Per contro, la residenza francese, supportata da interessi economici della madrepatria e da visioni retrograde di gran parte dei coloni, si rifiutò di considerare una qualsiasi possibilità di riforma dello status del protettorato e rifiutò ogni proposta di indipendenza.
Mohammed V e la sua famiglia vennero esiliati tra il 1953 e il 1955. La Francia dichiarò l'indipendenza dello stato il 18 novembre 1955. Nel febbraio del 1956 il sultano riuscì a negoziare con la Francia i termini dell'indipendenza del Marocco e dal 1957 abbandonò l'antico titolo di sultano per quello più moderno di re, che mantenne fino al 1961.
L’indipendenza del 1956
Sul finire del 1955, Mohammed V riuscì a negoziare una graduale restaurazione del potere del sultano creando una interdipendenza franco-marocchina.
Il sultano si accordò per istituire riforme che avrebbero trasformato il Marocco in una monarchia costituzionale con una forma democratica di governo.
Nel febbraio del 1956 il Marocco acquisì un'indipendenza limitata. Ulteriori negoziati per una piena indipendenza portarono all'Accordo franco-marocchino siglato a Parigi il 2 marzo 1956. Il 7 aprile di quello stesso anno la Francia rinunciò ufficialmente al protettorato sul Marocco.
L'abolizione del protettorato spagnolo ed il riconoscimento dell'indipendenza marocchina da parte della Spagna vennero negoziate separatamente e portarono alla Dichiarazione Congiunta dell'aprile del 1956. Attraverso questi accordi con la Spagna nel 1956 e nel 1958, il controllo marocchino su alcune aree precedentemente controllate dalla Spagna venne ripristinato.
Nei mesi che seguirono l'indipendenza, Mohammed V iniziò la costruzione di una moderna struttura governativa su base costituzionale nella quale il sultano comunque avrebbe esercitato un ruolo politico attivo.

LE CONSEGUENZE AD OGGI
Le contraddizioni sociali nel rapporto tra la Francia e le sue minoranze
, principalmente quella marocchina e musulmana, sono sotto gli occhi di tutti.
In Francia, ad oggi sono circa due milioni i cittadini di origine marocchina, circa un quinto della popolazione immigrata. I marocchini, come anche gli algerini e i tunisini, vengono considerati una componente trascurabile della società, tranne quando si tratta di applicare leggi xenofobe e razziste come l’hijab ban (il divieto per le donne musulmane di indossare l’hijab in luoghi pubblici).
La percezione per questa parte della popolazione è quella di essere uno straniero in casa propria. E lo dimostra il fatto che Francia-Marocco è subito stata trattata come una “questione di sicurezza” con più di 10mila poliziotti sono pronti nelle strade francesi ore prima dell’inizio della partita.
Il razzismo subito dai calciatori
Molti franco-marocchini sono bloccati all’interno di una crisi identitaria per cui l’essere marocchino nega la possibilità di essere pienamente o formalmente francese.
Parliamo di un paese in cui l’attaccante Karim Benzema affermava nel 2011: «Sono francese quando segno, e arabo quando non segno».
Ma non è né il primo né l’unico episodio di razzismo subito da un calciatore di una nazionale con origini straniere. Simile è la situazione del calciatore turco-tedesco Mesut Özil, ma anche quella del calciatore inglese Bukayo Saka, nato da genitori nigeriani, che ricevette gravissimi insulti razzisti per il rigore sbagliato contro l’Italia nella finale di Wembley ad Euro2020.
Il volto di Zinedine Zidane
Peculiare è stato il modo in cui è stato trattato Zinedine Zidane, stella indiscussa dell’équipe francese che, nel 1998 vinse in casa la prima Coppa del Mondo della nazione.
Dopo aver sconfitto il favoritissimo Brasile, era il volto di Zidane risplendeva sull’Arco di Trionfo: il figlio di immigrati algerini proiettato su uno dei simboli più famosi di Parigi.
Ma mentre Zidane e la sua squadra diventavano simbolo di unità per il Paese, dall’altra parte razzismo rivolto a Zidane e ai compagni di squadra neri e arabi fu dilagante, in particolare da Jean-Marine Le Pen, che li ha definì una squadra non veramente “francese”.
Il razzismo nella nazionale di oggi

Il passato coloniale della Francia ha trovato nuova vita con il razzismo che circonda la squadra di calcio, la stessa squadra che ha portato alla nazione il mondiale del 2018, letteralmente guidato da giocatori come Adil Rami, N’golo Kante, Kylian Mbappe e Paul Pogba – africani, immigrati e musulmani e di conseguenza, in teoria, non legittimamente francesi.
E quando si dice che non è stata una partita come le altre e non lo sarebbe mai stata, è perché la maggior parte dei francesi con origini straniere, anche se non marocchine, tiferanno contro la Francia.
Questo perché il calcio francese è lo specchio di una società fratturata da un passato coloniale e da un presente disastroso, mentre la squadra marocchina è la sua antitesi: rappresenta una nazione africana che ha accolto i suoi figli, anche se nati all’estero.

Il ruolo del Marocco
Il Marocco è quindi emerso come una squadra che unisce le ex colonie e costruisce ponti con esse. È una squadra che ha unito l’intero continente africano, l’intera comunità di fedeli musulmani e la rete dei popoli un tempo colonizzati dai vari imperi nazionalisti, pronti ad affrontare ancora le conseguenze di quel mondo non del tutto passato e a ricostruirlo secondo la propria visione.
Ed ecco perché una partita di calcio contro la Francia non è mai solo calcio, soprattutto per le popolazioni dell’Algeria e della Costa d’Avorio, della Tunisia, del e del Marocco.
Molti in questi Paesi vedono nel tricolore blu-bianco-rosso i colori dell’occupazione e della violenza e il mondo post colonialista, razzista e xenofobo da cui non si riesce ad uscire.