Due giornate per palesare a tutti quello che molti avevano capito: il calcio è la prima industria nazionale a dover affrontare la seconda ondata di COVID.
I motivi sono svariati. Da quello economico a quello sportivo, passando per il mercato e per chi teoricamente è il maggior fruitore di questo sport: i tifosi.
Sembrano passati secoli da quando l’ultima partita con il pubblico Lecce-Atalanta era stata giocata, da quando Valencia-Atalanta sarebbe divenuta prima pietra dello scandalo e poi vittima di ogni malasanità nazionale. Siamo passati per calciatori positivi, sospensioni di campionati di ogni grado e nazione. Titoli virtualmente assegnati con le retrocessioni stabilite a tavolino. Tutto questo rimane ipotesi (in Italia, perché Olanda e Francia a livello sportivo lo hanno fatto con non poche polemiche sportive). Caputo che chiude il calcio giocato con il suo orami celebre “Andrà tutto bene”. La ripresa, il suono del selezione degli stadi. Il Napoli con i suoi festeggiamenti per la coppa Il Milan che sembra quello del 2007. La Juve campione d’Italia, l’Atalanta che per contrappasso sportivo fa vivere a Bergamo l’ennesimo atto di orgoglio, la retrocessione al cardiopalma del Lecce. La Champions giocata in una formula ibrida. Sembra tutto normale.
La TV sostituisce gli abbonamenti, il rito della domenica diventa il rito del “ ogni due giorni”. Sei mesi di campionato e coppe racchiuse in un lasso di tempo quattro mesi.
E’ agosto. Inizia il calciomercato.
E forse lì le società realizzano: non ci sono gli abbonati, gli stipendi di molti calciatori sono oltre il sostenibile, ci si deve organizzare per i ritiri. Ma dove? E i tamponi? E gli hotel? E i congiunti? E le vacanza dei calciatori in Sardegna? E i contratti con gli sponsor? E Messi?.
L’agosto del calcio è nel pallone più totale.
Il COVID vive un momento di assopimento, si nasconde dal sole dell’estate creando un illusione generale che forse sia andato tutto bene, chissà mai che Caputo non ci abbia visto giusto. Il Briatore Gate renderà visibile quanto questa fosse un’illusione.
Le norme della FIGC sembrano normare quello che è innormabile, test obbligatori e distanziamento sembrano sbarcare in maniera pesante nel mondo del calcio.
Incominciano le prime ufficialità europee che dettano la linea generale che però viene puntualmente smentita all’atto partico. Ci ricordiamo tutti la festa a due metri dallo stadio dello Spezia per la promozione e con tutta probabilità la città paga ora, almeno in parte, quella notte di festa. A distanza di pochi giorni si gioca in Francia il primo campionato dell'era covid. Aperto ad una parte del pubblico.
Non è normalità, ma una mal riuscita imitazione.
Agosto va verso la sua naturale fine e per la prima volta nella storia degli italiani, non vuol dire il ritorno allo stadio con la sciarpa della squadra che si ama. Molti di quelli, aspettano ancora delucidazioni sul rimborso degli abbonamenti.
Per molti vuol dire doversi adeguare a quelle che spesso erano definite come male del calcio: le Pay TV.
Ma la giustificazione è semplice: “non ci sono alternative ed è solo per poco tempo”.
Ora, se non ci fossero quelle odiate Pay Tv, sarebbe impossibile anche solo accendere un piccolo faretto allo stadio.
I banchi con le rotelle condividono il pensiero fisso di molti con i seggiolini allo stadio.
Il caso Messi tiene banco un paio di settimane, facendo da apripista in Italia per il caso Suarez.
Il calcio mercato che sogna Messi e il colpo mondiale del secolo finisce con l’aumento del mercato interno, fatto per lo più a suon di prestiti con diritti (non obbligatori) di riscatto.

La prima mazzata mediatica arriva il 10 settembre: Il presidente del Napoli De Laurentis è positivo ed è stato a contatto con tutti presidenti della Seria A. Foto senza mascherine trapelano. Nessun’altro contagiato. Però l’esposizione mediatica dei personaggi coinvolti e le modalità in barba ad ogni normativa e al comune buonsenso tornano a far parlare di calcio e COVID.
La data del 19 settembre è la data zero. Fiorentina e Toro aprono le danze di quello che tutti aspettavano. La passione più pura della penisola riprende, in un silenzio meno tombale di quando l’avevamo lasciata.
Tutte le società aprono in minima parte a chi il COVID lo ha affrontato davvero. I tifosi si dividono in chi li invidia e in chi invece ritiene folle come strategia.
Giusto per rendere l’idea, le elezioni regionali hanno avuto da parte di più candidati di destra e sinistra come tema trattato l’apertura degli stadi. Il sentore che la partita col COVID sia tutt’altro che finita è sempre più vivo.
Ibra viene trovato positivo.
La frase dello svedese è “virale”: "Ero risultato negativo al Covid ieri, ma positivo oggi. Non ho alcun sintomo. Il COVID ha avuto il coraggio di sfidarmi. Pessima idea...".
E’ l’antipasto del nuovo colpo al pallone.
26 settembre 2020, Seconda giornata di campionato. Napoli-Genoa.
Perin è positivo. Schöne è positivo. Non si sa se si gioca fino all’ultimo istante. Si decide per giocare. Alla fine il portiere viene sostituito da Marchetti, che col senno del poi lo avrebbe quasi certamente evitato.
Napoli – Genoa finisce come un set perfetto a Wimbledon.
La sera del giorno successivo la mazzata definitiva sui rossoblù: 14 positivi.
Ma quando Atene piange, Sparta non ride. Dall’altra parte della città il colpo Keita arriva e porta con sé una positività leggera al COVID. Non rintracciata dallo staff medico del Monaco. E nonostante la non propria proverbiale vita da monaco del giocatore ex Lazio, sia il buon senso che la sua fidanzata escludono che a ridosso di un trasferimento il giocatore si fosse dato alla pazza gioia tra la folla.
Inizia un dibattito il giorno dopo che tocca tutti i punti possibili ed immaginabili. Chi vuole annullare la scorsa giornata del Genoa, chi vuole bloccare in toto il campionato, chi vuole fare una quarantena preventiva a tutto il Napoli, chi vuole che siano le istruzioni sportive e politiche a decidere il da farsi.
Come è lecito e doveroso, si è espressa anche la comunità medica, in particolare il dottor Galli, sostenendo che il caso Genoa sia il risultato di uno sbaglio di laboratorio. Il che ha aperto un dibattito ulteriore: bisogna avere un sistema di tamponi unico? Dallo stesso laboratorio? Bisogna propendere per il sierologico e non sul tampone rinofaringeo?

La realtà è che come nella vita dei comuni mortali, il COVID dà più incertezze che certezze. Protocolli che cambiano da nazione a nazione e da cultura a cultura e la fortuna, rendono utopico un miglioramento globale e fino a che il vaccino non sarà realtà per tutti la convivenza con esso è necessaria.

Ma il calcio può convivere con questo fenomeno senza precedente nell’epoca moderna? Si può. Ma può a patto che ci sia un modo di agire diverso. Non è tollerabile che venga chiuso un occhio, per esempio, alle esultanze di gruppo quando basterebbe che la Fifa impartisse l’ordine di espellere i giocatori che lo fanno. E non lo si dice tanto per i calciatori quanto più per il messaggio che mandano. Se un bambino vede su Cristiano Ronaldo dare il cinque a tutta la squadra, come si può pretendere che passi il messaggio che non si devono avere contatti fisici? Non è tollerabile ad esempio, che non ci sia fino ad oggi un protocollo rigido e universale tra club e club e tra le varie federazioni. Non è tollerabile che si parli di un ritorno negli stadi parziale. O gli stadi si riaprono o li si lasciano chiusi. A livello economico far entrare mille persone non può di certo rappresentare un’entrata fondamentale per le casse dei club.
Bisogna anche vietare manifestazioni fuori dagli stadi.
Si devono presentare sanzioni per i club che vanno contro queste indicazioni.
Ammesso e non concesso che si voglia continuare a giocare a calcio. Perché se non si prende coscienza ora di questo e si agisce con fermezza, non è assolutamente da escludere che di casi Genoa ce ne saranno ancora ed ancora. Paralizzando un sistema che è la terza industria del paese e che rappresenta per la stragrande maggioranza del paese la passione più grande ed una distrazione dal quotidiano, che per molti da sei mesi a questa parte è tutt’altro che facile.
Però nessuno ha il coraggio di prendere una posizione netta, non si vuole andare contro chi è più permissivo e vuole una convivenza vera e propria con il virus e chi vuole una rigidità simil lockdown.