In questo momento tutto il mondo sportivo parla di un colpo di scena che nessuno si sarebbe mai aspettato: Messi può andare via dal Barcellona. Questo evento ha creato una divisione in due del mondo del calcio: chi lo vuole e può permetterselo e chi lo vorrebbe ma persino l’idea rischia di far saltare il banco.

Nella prima metà del mondo ci sono tre club, di cui uno solo sembra davvero avere qualche chance. Nella seconda, il resto del mondo. Chi fa parte di questa parte, per eludere la realtà si è affidato alla fantasia. Chi fotomontaggi, chi qualche battuta e chi, come la Sampdoria, qualche tweet. “L’ultima volta che abbiamo controllato la nostra 10 era libera”. A dare maggior eco a questo tweet ironico ci ha pensato un signore, un certo Roberto Mancini. “A un fenomeno come messi la cedo volentieri ... e poi abbiamo una finale da rivendicare” La cedo. Già, perché quella dieci ha un padrone naturale e storico.

Se il tweet gioca con l’idea da Playstation di Messi in blucerchiato, a rileggere la risposta del CT viene quasi naturale pensare a chi dopo di lui ha avuto l’onore e l’onere di essere il dieci. Nessuno alla sua altezza, qualche d’un altro entrato nella storia della Samp ed altre meteore. Intanto dobbiamo prendere il 1995-1996 come anno 0. In quella stagione la Lega Calcio adotta la personalizzazione delle maglie, esigenze di mercato che fanno storcere il naso a chi ama il vecchio gioco. Però a Genova, sponda Samp, sembra quasi un atto naturale. Il dieci ha un nome ed un cognome Roberto Mancini. Scudetto, Coppe, Europa, tacchi, genio. Sembra naturale che uno dei grandi protagonisti dello scudetto 91 prenda possesso anche visivamente di quel 10 che fino alla stagione prima era suo per regolamento. Passano tre stagioni. È il 1997. Mancini lascia la Samp, spezzando il cuore dei tifosi e la Gradinata Sud (letteralmente). A chi tocca quel 10? Menotti, neoallenatore della Samp, vuol un suo pupillo Angel Morale. E’ lui il nuovo dieci. Numero che si ottiene sommando le sue presenze e il suo unico gol.

Passa una stagione, la Samp dopo la staffetta Menotti- Boskov si affida a Spalletti. Il dieci questa volta deve essere indossato da un giocatore di talento, uno che col pallone faccia quello che vuole e che faccia innamorare i tifosi. El Burrito Ortega forse riesce nell’intento, a livello tecnico è probabilmente uno dei migliori giocatori che abbiano calcato il campo di Marassi. Il problema di Ortega è la costanza. Un po’ come quella Samp del 1998-1999. La stagione blucerchiata chiude con la retrocessione più cocente della sua storia. Ortega saluta, direzione Parma, con 27 presenze ed 8 gol. La Samp in B e un dieci sbiadito. In un decennio da Regina d’Europa a nobile decaduta. L’obbiettivo è tornare grandi. Così viene ingaggiato un giovane attaccante fiorentino: Francesco Flachi. All’epoca si diceva che sarebbe stato un giocatore troppo poco adatto a quel numero, anche perché sembrava una pedina non centrale del progetto quanto più un possibile buon giocatore da cui trarre profitti di investimento. Con il senno del poi (112 gol) Flachi è stato quello che, in proporzione fu Mancini: un sampdoriano. I quattro anni di B fanno scuola ancora oggi. Una promozione mancata 1999-2000, un campionato anonimo ed una società in via di decadenza 2000-2001, rischio di retrocessione e fallimento 2001-2002 e poi l’inizio della nuova Samp targata Garrone 2002-2003. Quattro anni in cui l’appiglio dei tifosi è Francesco Flachi, che troverà nell’ultimo anno di B il suo Gemello. Mancini aveva Vialli. Flachi aveva Bazzani. In A il primo anno la coppia macina gol e si rafforza. Va via Bazzani, Flachi rimane e sarebbe rimasto. Ma nel 2007 a causa di qualche caduta personale la Samp e il suo 10 si separano. Nella storia della Samp, c’era stato nuovamente un dieci.

La stagione successiva non vede quel numero assegnato a nessuno. Si diceva per rispetto a Flachi, si sperava per un suo ritorno. Anche perché si immaginavano tutti una coppia formata con un ragazzo col 99 sulle spalle. L’estate del 2008 in casa Samp è all’insegna del 10. Chi vorrebbe affidarlo a Cassano, chi vuole un gemello da affiancarli. Questa sarà la scelta finale, fatta a gennaio 2009 il 10 viene affidato a Giampaolo Pazzini, prelevato dalla Fiorentina. Proprio come Flachi. La finale di Coppa Italia a fine stagione è il preludio alla stagione successiva, quella che vede il 10 blucerchiato segnare a raffica e, coadiuvato dal talento di Bari Vecchia porta la Samp al quarto posto di campionato. È Champions League.

Come vennero affrontati i seguenti preliminari lo sappiamo, probabilmente la partita di andata viene utilizzata come “Manuale delle cose da non fare quando giochi fuori casa”. Di quell’anno nella Genova blucerchiata ci si ricorda attimo per attimo, la lite di Cassano, una società che sembra padrone del destino e capace di tenere botta. E forse è così, fino a gennaio. Lo stesso gennaio che due anni prima aveva portato il nuovo 10, lo porta via e lo manda all’Inter. La Samp, rimasta orfana del Pazzo e di un 10 sulle spalle, crolla passando dalla zona del decimo posto (il dieci torna) alla retrocessione più inaspettata. Ancora oggi, nella parte opposta di Genova quella retrocessione vale il decimo scudetto mai avuto.

L’anno della B, partito male a causa delle pressioni del pubblico e alla palese superiorità dell’organico causa di spaesamento in quella categoria, ha però un 10 Pasquale Foggia. Foggia rimane un anno, però è decisivo in partite importanti e a tratti fa chiedere ai tifosi come abbia fatto uno così a non diventare un fenomeno ad alti livelli. Col cambio di panchina, la Samp diventa una cosa diversa macina gol, tiene in difesa e in un finale Play-off senza precedenti batte il Varese. È serie A. Però ora la 10 a chi va? Se la prende un argentino, nonostante i precedenti non fossero illustri, infatti Maxi Lopez colpo dell’estate vuole quella 10. La stagione non è negativa, ne per lui ne per la squadra però i 4 gol in 17 presenze non fanno propendere la dirigenza blucerchiata per il riscatto dell’ex Barcellona. Che poi, per inciso, tornerà nel gennaio 2014, facendo vincere un derby alla Samp.

Ma allora a giugno 2013 a chi va la dieci? Va ad un Sampdoriano per adozione. E il termine adozione non è solo per modo di dire. Nenad Krstičić è cresciuto nelle giovanili della Samp, è sampdoriano e grazie alla Samp ha avuto la possibilità di curarsi. Non c’è volta che quando lui è in campo non si veda quanto quella sia la sua seconda pelle. La cosa che ferma Nenad dal poter fare di più, però è avvenuta l’anno prima. Un infortunio causato da un intervento assassino di Matuzalem in un derby lascia degli strascichi mentali non di poco conto. Nel 2015-2016 Nenad cambia numero e lascia la dieci all’ennesimo argentino: Joaquin Correa. Il ragazzo è tecnicamente fortissimo, oggi alla Lazio è tra i migliori, ma la giovane età lo rende spesso acerbo negli attimi che contano. Ancora oggi tutti si chiedono come fece a mangiarsi quel gol a porta vuota contro l’Inter. Estate successiva, via Correa dentro Bruno Fernandes. Ora a vedere dov’è e cosa fa sembra impossibile, ma il dieci portoghese non incide come ci si aspetta. Alternando prestazioni di qualità a attimi di buio totale. Altro anno altro dieci, siamo nel 2017-2018. Tocca a Filip Đuričić. 1 presenza in A prima di salutare la compagine blucerchiata.

Nel 2018-2019 allora si decide di affidare quella maglia ormai vagabonda a quello che tecnicamente sembrerebbe avere il quid in più. Praet. Decisamente scelta azzeccata. Il belga alla seconda stagione con la Samp fa vedere una continuità ed una qualità a centrocampo tutt’altro che comune. L’anno successivo viene ceduto. L’ultima stagione rimane orfana del 10. Una storia quella del dieci che, quasi in ogni squadra, raffigura l’emblema della vittoria. Forse gli unici quattro a fare eccezione sono Best, Ronaldo ( il fenomeno), CR7 e Crujif.

La Samp in questo non fa eccezione. Quando il 10 veniva dato a chi amava quella maglia, a chi tecnicamente sapeva cosa fare e sapeva cosa volesse dire la squadra girava bene. Mancini, Flachi, Pazzini sono i tre numeri 10 con il più alto score in blucerchiato. Epoche diverse, squadre diverse, eppure tutti e tre sono rimasti blucerchiati tutt’ora. Flachi spesso va in Sud, Pazzini viene sommerso d’affetto dai tifosi blucerchiati tutt’oggi e Mancini è Mancini.

Il vero rapporto sbagliato è il 10 e l’argentina. Tutti gli argentini che avevano quel numero sulle spalle non sono durati una stagione ( alcuni neanche 6 mesi), alternando prestazioni da fenomeno a cose indescrivibili. E senza apparenti giustificazioni. L’unico di cui sappiamo per certo il motivo è Ortega. In argentina sono ancora li a chiedersi cosa sarebbe stato se non fosse stato un alcolista, perché il talento era superiore a chiunque di quella generazione.

Verrebbe quasi da consigliare, in caso di colpo Messi, di non assegnare alla pulce il dieci.

L’unica cosa che è certa, è che la Samp va bene e fa divertire solo quando ha un dieci in campo. E, ad oggi, quel numero è libero e desideroso di essere dato, o ceduto come direbbe Mancini, ad uno che sappia cosa vogliano dire quelle due cifre per il popolo blucerchiato.