“Sbagliare è umano perseverare è diabolico”. Quale frase migliore di questa per racchiudere la prestazione della Sampdoria contro il Benevento? Frase applicabile a tutti i blucerchiati coinvolti, dai giocatori alla dirigenza.

Ieri davanti ai neopromossi campani, è andato in onda un remake concentrato della stagione altalenante appena conclusa, ma a differenza di quelli cinematografici i protagonisti sono gli stessi del film dell’orrore originale.

Nel giorno dell’esordio di Candreva, primo esterno vero e capace che si vede dalle parti di Marassi, a tenere banco sono principalmente la mancanza di concentrazione della difesa e la dipendenza eccessiva dalla coppia Quagliarella-Ramirez.

A questa vanno aggiunti anche dei meriti dei sunniti e anche la proverbiale Dea Bendata del calcio.

I primi diciotto minuti a Genova sono di fatto un monologo blucerchiato, se al primo gol sampdoriano i (de)meriti vanno condivisi con il portiere beneventano al secondo va dato merito alla qualità e alla motivazione del neo 87 blucerchiato Candreva che manda in bambola la difesa giallorossa e fornisce l’assist del 2 a 0 a Colley.

Il primo gol in serie A del gambiano è il momento del non ritorno, per lui e per la squadra.

Forse la sensazione di superiorità tecnica, il vantaggio ottenuto con il minimo sforzo creano nei blucerchiati una sazietà agonistica deleteria.

Dal diciannovesimo prende sempre più terreno il Benevento di Inzaghi. Dabo con uno strapotere fisico riesce più volte a fare delle incursioni pericolose, come e senza palla, che portano Audero a dover intervenire.

Ma al minuto trentatré non può nulla davanti al gol di Caldirola, bomber di giornata.

Il primo tempo si chiude con una Samp che tiene palla ma tutt’altro che in maniera serena.

Il secondo tempo è solo che dei campani, che a fine partita avranno il 60% di possesso balla cosa non di poco conto considerando che giocavano fuori casa e che non erano favoriti.

Le due occasioni che dovrebbero far suonare il campanello d’allarme arrivano su un errore di Colley che regala ad Insigne una palla d’oro mal sfruttata e un tentativo di Moncini.

Arriva il settantaduesimo, calcio d’angolo per i giallorossi. Caldirola stacca. 2-2.

A quel punto incomincia una gara di cambi tattici.

Sau prende il posto di Caprari, il quale non ha fatto rimpiangere la sua cessione.

Gabbiadini prende il posto di Quagliarella, che al netto del gol non è stato coinvolto in nessuna azione degna di nota.

Gabbiadini dopo die minuti riceve un cross da Augello, salta, colpisce di testa la palla che si infrange sul palo alla destra del portiere. A questo punto, la beffa meritata.

Rinvio del portiere sunnita, palla ad Improta che riesce ad arrivare in fondo al campo e a crossare verso l’ex Sau.

Audero lo costringe a ripiegare sull’intenzione di tiro e a scaricarla dietro a Letzia.

Il miglior terzino della scora serie B tira un missile che con Audero non ben posizionato vuol dire solo una cosa: 2-3.

Da li sono due minuti più recupero in cui il Benevento non fa nulla per essere scoprto e la Samp rimane imbambolata.

Finisce così la prima in un Marassi vuoto in maniera desolante.

 

Da questa prima partita, escludendo la partita con la Juve per ovvie differenze tecniche, si possono trarre conclusioni tutt’altro che positive e, soprattutto, tutt’altro che originali.

La difesa ha bisogno di un centrale capace di dettare i tempi in maniera precisa e non lasciata al caso, cosa che Tonelli, Colley non sono capaci di fare. Yoshida tra quelli in rosa risulta essere forse il più capace da questo punto vista, ma anche lui nelle partire della scorsa stagione ha avuto qualche blackout.

I terzini non sono cambiati così come non è cambiato il loro impatto sulla partita. Augello sorpresa della scorsa stagione fa il pendolino abbinando un discreto piede ad un fisico non proprio da mastino. Discorso ribaltato per Berezinsky, dove lo strapotere fisico spesso è persino troppo.

A questo punto è il centrocampo a dover essere analizzato ed il problema è esattamente lo stesso: non c’è un centrocampista che detti i tempi di gioco. Ekdal non è un regista, lo fa da ormai tre stagioni ma non ne ha le qualità. Quello che ha dimostrato essere più di visione ieri è stato Verre il quale, con molta probabilità, saluterà i compagni a brevissimo.

Thorbsy e Jankto sono sempre loro. Se per il norvegese la posizione è ben definita in campo, adatta alle sue qualità da mediano, per il ceco non si riesce dopo anni a capire come utilizzarlo. Provato esterno, centrale, trequartista, ala, mezz’ala con tre allenatori non è mai riuscito ad avere una posizione chiara, nonostante con Ranieri si siano visti netti miglioramenti e un tentativo di inquadrarlo solo nella porzione laterale del campo che poterebbe essere la scelta più azzeccata.

Ieri è andato in gol, annullato per fuorigioco netto di De Paoli che ha sostituito Candreva. Dell’ex inter ovviamente non si può dire molto, anche se con l’assist per Colley e qualche scambio con Quagliarella è palese quanto sia l’unico esterno puro a disposizione di Ranieri.

A questo punto si deve parlare di Gaston Ramirez. Croce e delizia blucerchiata. Anche se la parte della croce è limitata solo alla parte dirigenziale. Destinato ad andarsene ( ora danno più probabile il trasferimento alla Lazio), è nettamente il calciatore con più tecnica. Entra, salta l’uomo, diventa il punto di riferimento del centrocampo.

L’attacco, rimasto immutato dalla scorsa stagione, è Quagliarella dipendente. Bonazzoli gira attorno a lui, forenendo l’assist. Gabbiadini subentra al 27 nonostante una forma fisica non ottimale, centra un palo che avrebbe cambiato il risultato ma non la sostanza.

Questa Samp è la stessa per dieci undicesimi dello scorso anno e non è assolutamente una cosa positiva.

Considerando anche il fatto che le tre neo promosse non sono come le tre retrocesse e che non si può puntare sui deficit altrui sperando di essere i migliori fra i peggiori.

Dal mercato si possono aspettare ancora due colpi in entrata.

Keità è sempre vicino ma i problemi burocratici stanno facendo slittare l’arrivo di quello che dovrebbe essere il numero 10 della nuova stagione.

A centrocampo i nomi che girano sono quelli di Bentaleb e Silva. Pur ricoprendo il medesimo ruolo Silva è più un regista puro forse più adatto al centrocampo blucerchiato rispetto al trequartista franco-algerino molto più sovrapponibile a Ramirez come tipo di gioco.

In difesa il mercato sembra non avere più nulla da dire menre in attacco a tenere banco sono due questioni.

La prima è quella di Lagumina che è prigioniero della sua modalità di acquisto dello scorso gennaio: non può essere ceduto in prestito poiché formalmente ancora dell’Empoli.

E poi c’è l’idea Caicedo della Lazio, al quale sono legate mille incognite dovute ad incastri di mercato sia per la Samp che per i biancocelesti.

Ora, se avessimo la macchina del tempo e tornassimo al giorno successivo alla fine dello scorso calciomercato saremmo nella stessa situazione.

Trattative che sembravano chiuse non andate a buon fine, incapacità di programmazione e di accontentare l’allenatore subito e il ripiegare su giocatori mediocri all’ultimo istante.

E il problema non si limita solo alla qualità della rosa, ma anche all'incapacità di tenere la concentrazione per i novanta minuti. A Torino, un tempo regalato ai bianconeri. Ieri venti minuti di dominio e poi nulla se non la disorganizzazione più totale e l'incapacità di comprendere il valore degli avversari.

Otto giorni ci separano da quello che rischia di essere un ritorno al futuro con un finale tutt’altro che scontato e prevedibile.