Proprio oggi mi è capitato fra le mani un gioco per bambini che fu regalato anni fa al piccolo di casa. Magie delle pulizie autunnali imposte dalla consorte. "Indovina Chi", si chiama. I due sfidanti scelgono un ritratto formato tessera di un personaggio, lo tengono per sé e formulano a turno delle domande all'avversario per raccogliere informazioni che permettano di scartare dal novero degli indiziati coloro che non corrispondono all'identità nascosta. Per amor di cronaca, la dea Nike mi arrideva sempre, il piccolo perdeva sistematicamente: era mia moglie che lo lasciava vincere, io mi occupavo di accrescere la sua capacità di riflettere su come formulare le domande. È una scusa che regge bene nonostante l'evidente incapacità di accettare la sconfitta del sottoscritto a qualsiasi livello. Dunque oggi ci dedicheremo ad un gioco simile: il toto-allenatore dell'Inter. Quale sia la sua identità, solo il buon Dio lo sa. Immaginate una foto segnaletica oscurata: ecco, proveremo a diradare le tenebre che attorniano l'uomo in questione (Reja? Mandorlini? Zenga? Pereira? Bielsa? Marcelino? Martino? Pioli?). Che la partita abbia inizio. Primo profilo: Edoardo Reja, Edy per gli amici (ma lo chiamano tutti così, evidentemente è un giovincello estroverso e socievole). La bellezza di 22 panchine diverse in 33 anni (fra un addio e l'altro, al più 9 anni da non allenatore), una sola estera (un anno di Hajduk Spalato in Croazia, ma d'altronde anche la città ha portato ed ancora porta con sé tratti di italianità). Negli ultimi 6 anni, 3 di Lazio ed uno presso la Dea bergamasca. Un profilo d'esperienza, dunque: tutti gli indizi sembrerebbero portare a lui... ma nel nostro gioco, a differenza di Indovina Chi, un aiuto in più viene dalle interviste: recentemente ha declinato l'offerta (in realtà neppure mai pervenuta -ipse dixit- nella buca delle lettere o nella cartella dei messaggi ricevuti sue o del suo agente) di occupare una panchina con il sostegno della Curva Nord alla Scala del Calcio. La motivazione addotta è l'anzianità, che lo invoglia a godere delle bellezze della Campania, nonché un'ammirevole attenzione rivolta al diritto dei giovani allenatori di fare nuove esperienze ed eventualmente commettere errori. Vecchia volpe (relativamente al Carpe Diem del relax), fai bene; vecchio saggio (relativamente alle attenzioni nei confronti della gioventù rampante delle panchine), ben detto. Secondo me, tuttavia, dovesse chiamare qualcuno da Dimaro o dintorni, l'assenso sarebbe subitaneo: il ritorno all'amato Napoli si concilia con le bellezze campane... ma questa, direbbe Federico Buffa, è un'altra -fantasiosa- storia. Siamo alla ricerca di ulteriori indizi, d'altronde: lo stesso Edy (il nickname questa volta è voluto, quasi fosse un ringraziamento amichevole) ne fornisce qualche altro. Non si è limitato a declinare, bensì con poche ("non è sempre facile dire la verità, specialmente se si deve essere brevi", Freud) parole significative si è soffermato sulla confusione che regna sovrana ai vertici dell'Inter ("la verità si ritrova sempre nella semplicità, e non nella complessità e confusione delle cose", Newton). Perché questo parere incontestabile è utile per l'identikit? Perché nel novero di indiziati coloro che accetterebbero senza indugi sono i cuori interisti, ergo Mandorlini o Zenga. È un momento chiave della stagione, con la classifica deficitaria e l'Europa League in bilico: una decisione rapida è necessaria. Eppure, tali profili, che infatti vengono da uno o più (il secondo è il caso dell'uomo ragno) esoneri motivati dall'assenza di "bel gioco" (oggi come oggi ci ritroviamo ad essere tutti esteti del pallone, la vittoria è spesso insufficiente) ma non di sconfitte, non scaldano né la tifoseria, né le sezioni italiana o cinese della dirigenza nerazzurra. Stavolta, dunque, sono i bravi di Don Rodrigo ad apporre una gargantuesca X fiammeggiante sui volti degli ex interisti: questo matrimonio sportivo non s'ha da fare, ed altri due nomi vanno scartati. Rimangono, dunque, i profili "esteri", di cui non è momentaneamente dato sapere quale sia l'opinione riguardo all'organizzazione societaria che offr(irebb)e loro un lavoro: Vítor Pereira, Martino, Marcelino, Bielsa, Hiddink. Nessuno dei 5 candidati conosce la serie A, motivo per cui il duo Ausilio-Zanetti si mostra più o meno titubante nei loro confronti, tuttavia, all'opposto, dalla lontana Cina Suning lascia trapelare apprezzamenti per il loro carattere "internazionale". Pertanto, ci troviamo dinanzi ad un vero rebus. Pereira viene da 3 esperienze in campionati minori: Al Ahli, Olympiakos (per nuovo amor di cronaca, vittoriosa, benché contro il solo Panathīnaïkos, visto il livello tristemente decaduto del calcio ellenico) e Fenerbahçe (conclusasi con esonero), dunque non sembra papabile. Lontani i tempi in cui la successione a Villas Boas al trono dei Dragões fu benedetta da Mourinho (lo stesso che nelle ultime due stagioni agisce da antitesi del mitologico Re Mida). Gerardo Martino, invece, vanta un curriculum vitae intrigante, se si considerano gli ultimi anni: Barcellona e Argentina. Un volto noto nel globo calcistico, indubbiamente, eppure il palmarès piange in sostanza dai tempi delle panchine in Paraguay: solo un campionato con il Newell's OB ed una supercoppa di Spagna con il Barça nel 2013. Insomma, non ha lasciato il segno pur avendo tra le mani dei campionissimi, che allenasse i blaugrana o l'Albiceleste. Forse hanno ragione i vertici italiani dell'Inter, ma a decidere saranno invece quelli orientali probabilmente non interessati alla questione-chiave della conoscenza della A. Insomma, il giudizio va sospeso, ed ecco quindi affiorare il volto di Marcelino García Toral, reduce dalle panchine di Racing Santander (mancato rinnovo per divergenze con la società), Siviglia (esonero) e Villarreal (dimissioni inevitabili su richiesta di esonero caldeggiata dalla squadra dopo una rissa con il capitano Musacchio) negli ultimi 6 anni. Pro Marcelino: artefice del "ascenso a Primera División", di 2 qualificazioni all'Europa League ed una ai preliminari di Champions, mai giocati, con il Submarino amarillo. Contro: nessuna esperienza di pressioni quali quelle che vivrebbe all'Inter (ancora più se si considerano le difficoltà attuali) né di Serie A, nulla in bacheca, personalità forse ingombrante e poco disposta alla trattativa. Mi chiedo in sincerità come si troverebbe nell'ambiente societario che nel giro di 4 giorni è passato da parole -vuote- di strenua e compatta difesa dell'allenatore Frank de Boer a risoluzione del contratto accettata da quest'ultimo con signorile eleganza. Stessi motivi per cui faccio fatica a prendere in considerazione la figura del Loco Bielsa, il cui soprannome è di per sé emblematico. Anche in questo caso, tornando a Marcelino, sospendo momentaneamente il giudizio. Guus Hiddink allora, profilo conosciuto soprattutto fra i simpatizzanti del Chelsea e della (peraltro imminente, che sia un segno del destino?) pausa-nazionali: allenatore di Corea del Sud, Australia, Russia, Turchia ed Olanda, negli ultimi 6 anni vive varie delusioni. Dimissioni per il mancato approdo alla fase finale di Euro 2012 con la Turchia, nulla che arricchisce il palmarès nonostante il budget francamente impressionante con l'Anži Machačkala, dimissioni da ct Oranje, semplice traghettatore alla seconda esperienza londinese. Non sembrerebbe il candidato perfetto, eppure il profilo internazionale, il sostegno dell'agente Kia Joorabchian in qualche modo -chissà come- infiltrato nella società nerazzurra e la recente dimostrazione (al Chelsea 2.0 pre-Conte) di saper affrontare le difficoltà in corsa non si possono sottovalutare. Altra momentanea sospensione di giudizio (il gioco è difficile, cosa credevate?). Rimane ora un ultimo candidato: Stefano Pioli. Dieci squadre italiane allenate in 15 anni, reduce da 3 esoneri, una sconfitta in finale di Supercoppa ed una qualificazione ai preliminari di Champions League negli ultimi 5 anni. Eppure, a mio umile parere è il migliore candidato escluso Reja: la conoscenza della A la fa da padrona, l'Inter ha bisogno urgente di punti anche alla luce del calendario obiettivamente improponibile che le si prospetta davanti. Infatti, dopo il Crotone si susseguono nell'ordine Milan, Fiorentina, Napoli, Genoa, Sassuolo, Lazio ed Udinese, da capogiro. Resta aperto un quesito: lo preoccuperebbe la confusione societaria? Il sottoscritto ritiene, benché tutto sia opinabile, che il prestigio di una panchina di San Siro potrebbe oscurare tale timore, almeno al momento della firma; solo la mancanza di fiducia proveniente dalle terre descritte dal veneziano Marco Polo potrebbe minare tale entusiasmo, ma in tal caso Pioli non comparirebbe nell'agenda degli appuntamenti dei rappresentanti della cordata cinese. In aggiunta, è sotto contratto con la Lazio. Questo è un punto cruciale al fine delle valutazioni: per quale ragione Claudio Lotito dovrebbe risparmiare (1 milione, nemmeno una cifra astronomica nel mondo del pallone) per lasciare all'Inter un tecnico -al netto dell'ultimo esonero- capace e che potrebbe portare alla sua squadra una rivale in più per gli obiettivi europei, tanto più in considerazione del fatto che la Lazio deve ancora giocare entrambe le sfide di campionato con i nerazzurri? Fossi in lui, li lascerei inguaiati ed inpantanati nell bassifondi della classifica il più a lungo possibile... È giunta però l'ora di chiudere il giochino. Ad Indovina Chi procedevo con cautela, passo dopo passo, ma oggi, sulla base di tutte queste considerazioni, mi lancio e punto tutto su un volto, senza attendere ulteriori notizie, esponendomi così al pubblico ludibrio e vinto dalla prospettiva di giornalistica gloria eterna che mi spetterebbe in caso di decisione profeticamente corretta: per me non sarà il più adatto ad andare alla Pinetina, bensì uno fra Martino, Marcelino e Hiddink. Stefano Pioli o non sarà gradito ai cinesi (lo stesso dicasi per i 2 allenatori interisti di cui sopra) o sarà trattenuto da Lotito, lasciando così solo le suddette alternative. Chi scelgo, dunque? Forse forse... andrò all-in su Guus Hiddink. Non conosce la serie A, ma la fama internazionale, l'appoggio di Joorabchian e soprattutto la risalita della table della Barclays Premier League risulteranno fattori decisivi nella scelta dell'allenatore. In aggiunta a ciò, le plurime esperienze da ct gli hanno permesso di assistere a partite di campionati diversi, dunque a vari modi di intendere il calcio, per tenere sotto osservazione, proprio in quanto selezionatore, i nazionali papabili per le convocazioni. Verrò deriso od osannato (si fa per dire), adesso? Lo scopriremo, ma, cosa più interessante, verremo a conoscenza dell'identità ancora ignota, solo vivendo...