Milan finalmente vicino ai vertici ed Inter agli inizi di un progetto cinese che, quanto a liquidità, sembrerebbe intenzionato ad inseguire nuovi fasti (l’augurio è che Icaro patrocini l’intento): in un clima forse più vivo che negli ultimi derby si è inserito uno splendido tributo ad uno dei presidenti più vincenti di sempre, che personalmente leggo anche come un’enorme sfottò nei confronti dell’Inter. Un modo come un altro -si fa per dire, ribadisco l’apprezzamento per la “gigantografia” di Berlusconi e dei gioielli (chissà se la pluricitata Cornelia, madre dei Gracchi, avrebbe apprezzato almeno questi)- per attestare che il Milan ha un DNA più vincente. Quest’ultimo aggettivo, unito ad un insolito Aeroplanino sardonico e pungente nel post-derby, mi ha spinto a riflettere sull’andamento del Milan per cercare di capire cosa sia lecito aspettarsi nelle prossime uscite (Empoli, Crotone, Roma, Atalanta, Bologna, Cagliari). Ebbene, il sottoscritto da sempre si considera un convinto assertore del principio secondo cui i numeri siano solo una porzione della verità, quando si discute di sport. Ma, dal momento che quando si tratta di Diavolo la miopia incombe, il cuore prende il sopravvento e le valutazioni oggettive vanno a farsi benedire (rigorosamente dalla ‘bela Madunina’), diventa necessario farne uso unitamente alla speranza di non comparire fra le cause di narcolessia sperimentalmente verificate. Il momento spartiacque del primo 33% della stagione è l’infortunio di Riccardo Montolivo. Lo scopo di questo articolo non è valutare la sua funzionalità né il suo contributo alla causa rossonera, bensì tentare di capire se ed eventualmente quanto da quel momento le indicazioni di Montella abbiano portato il Milan a cambiare pelle (cosa che da eccellente gufo mi auguro non accada al biscione nerazzurro sotto le direttive del nuovo arrivato Pioli) per sopperire alla sua assenza. La sorte volle colpire il ragazzo di Caravaggio il 7 ottobre, prima che il Diavolo andasse a visitare Giulietta Capuleti, ovvero nella pausa-Nazionali antecedente l’8^a giornata. Il primo dato che può essere oggetto di analisi è il possesso palla (p.p.), essendo risaputo il fatto che esso costituisce una pietra miliare della filosofia dell’allenatore di origini napoletane. Il Milan ha affrontato nell’ordine, potendo contare su Montolivo: Torino (in casa, mantenendo un 57% di possesso della sfera secondo le statistiche riportate sul sito Lega); Napoli (al San Paolo, 45% p.p.), Udinese (match casalingo, 58% p.p.), Sampdoria (trasferta, 51% p.p.), Lazio (in casa, 50%), Fiorentina (all’Artemio Franchi, 45% p.p.), Sassuolo (ancora in casa, 54% p.p.). Il post-Montolivo ha visto susseguirsi Chievo (in esterna, 56% p.p.), Juventus (in casa, 41% p.p.), Genoa (a Marassi, 51% p.p.), Pescara (a San Siro, 51% p.p.), Palermo (al Barbera, 48% p.p.), Inter (con pubblico amico in maggioranza, 35% p.p.). Volendo individuare un parametro indicativo del livello di difficoltà del calendario, si può considerare il totale dei punti conquistati ad oggi da ciascuna delle squadre menzionate, con la consapevolezza che i dati vadano presi con le pinze dal momento che non tutte hanno avuto un andamento costante nel tempo: sommando i 22, 24, 15, 18, 25, 20, 13 punti delle prime 7 la media è pari a 19,57; le ultime sei, con i loro 18, 33, 16, 7, 6, 18 punti rispettivi, si riassumono in una media di 16,33. Riesumando qualche antico ricordo di statistica, eliminando i due estremi (massimo e minimo) delle due distribuzioni a campana per renderle più attendibili (dunque tralasciando i 25 punti della Lazio ed i 13 del Sassuolo da un lato, i 33 della Juventus ed i 6 del Palermo dall’altro), le medie diventano 19,8 e 14,75 rispettivamente: con un leggero margine di approssimazione, l’equivalente delle classifiche di Fiorentina (8^a) ed Udinese (15^a). Dunque, nonostante nel secondo frangente di stagione l’avversario del Milan sia stato decisamente meno probante, la media del p.p. scende dal 51,4% al 47%. Se c’è un insegnamento proposto dagli anni successivi al connubio Guardiola-Barcellona, è che il possesso della sfera di per sé costituisce un dato significativo solo fino ad un certo punto: servono ulteriori supporti numerici. E dunque, ante-Montolivo: 10 reti subite (era parzialmente lecito aspettarselo) contro le 12 messe a segno in 7 giornate; post-Montolivo: 9 volte gioia (poche, in tutta onestà), 7 disperazione. La differenza reti è rimasta immutata (2 gol) così come l’insolita tendenza sia a segnare (9 nelle prime 7, 6 nelle rimanenti 6 partite) che ad incassare (in media uno a partita) gol soprattutto nelle seconde frazioni di gioco, ma l’atteggiamento, in considerazione di tali numeri, risulta remissivo, complessivamente, in misura maggiore. Inoltre, anche i dati relativi al numero di tiri effettuati, nonché alla loro pericolosità (in termini di tiri nello specchio della porta) possono essere proposti. Via il dente rapidamente, il dolore: 8 (6 in porta), 8 (4), 8(3), 7 (4), 16 (10), 10 (3), 11 (8) nei primi 7 matches, con una media di 9,7 (5,4); 12 (7), 3 (2), 10 (4), 18 (12), 11(6), 10 (5) nei rimanenti 6, media 10,6 (6). In ultima analisi, conclusioni subite, tra cui quelle nello specchio: 14 (5), 10 (9), 6 (3), 8 (4), 16 (6), 13 (6), 6 (6) contro 7 (5), 17 (3), 5 (3), 13 (7), 15 (11), 18 (7). In media, 10,4 tiri registrati al passivo, di cui 4,7 in porta, versus 12,5 di cui 6 nel raggio d’azione di Donnarumma. Sale spontanea la domanda cruciale: è lecito aspettarsi qualcosa di più dal Milan, rispetto a quanto mostrato nell’ultimo mese e spiccioli? Il calo di possesso palla in punti percentuali nonché di reti messe a segno, unitamente ad una misera inversione di tendenza nel numero di tiri che abbiano dato grattacapi al portiere rivale ed in considerazione della differenza in termini di avversario medio affrontato dal Milan, inducono a sostenere che Montella abbia preferito badare più alla sostanza che allo spettacolo. La fase difensiva, alla luce delle reti subite, appare in via di miglioramento, tuttavia il baricentro mediamente più basso porta il Diavolo ad essere bersagliato con maggiore frequenza dalle conclusioni avversarie. In conclusione, sì, è lecito sperare in un Milan più aggressivo, offensivo, propositivo… ma non è lecito pretenderlo: tra tutti i dati elencati non è stato ancora riportato il più significativo, relativo all’età media dei titolari del Milan, ossia 24,3 anni. Tempo, pazienza, sofferenza, se necessaria, sono necessari a plasmare il Milan che sarà; nel mentre, memori della misera fine dell’Inter di Mancini prima a fine dicembre, è auspicabile che l’atteggiamento di ogni elemento della rosa di Milanello rimanga concentrato ed umile nel lavoro quotidiano così come in partita. Il merito principale di Montella, a mio avviso, è quello di aver deciso di adattarsi alle situazioni che gli si sono presentate: un vero e proprio “necessitate virtute”, cercando un compromesso con le sue idee di gioco. Nello stendere queste numerose (mea culpa, sono prolisso) righe, si dissipa l’ansia da risultato che il marasma di rivali e pretendenti incombenti a non più di 2 punti di distanza suscita negli ultimi tempi e si rinnova la fiducia nell’Aeroplanino. Ecco, magari sarebbe più proficuo cominciare a fare calcoli di classifica un po’ più tardi, durante un derby, ma ormai è andata: l’importante è riprendere la marcia dei 3 punti fin da subito, a prescindere da come arrivino. D’altronde, per una squadra in crescita, vincere è l’unica cosa che conta… lapsus, il motto non appartiene al Milan. E allora, in altre parole, Vincenzo… pardon, vincendo s’impara.