Samarcanda, Bukhara, Khiva, Taskent sono le mitiche città dell’Asia Centrale, sedi di antichi Kanati residuati dal dissolvimento dell’immenso impero mongolo messo in piedi in quei lontani territori daTemüjin Borjigin, più comunemente conosciuto come Gengis Khan.
Queste città divennero col passare del tempo sempre più ricche, anche perché situate sulla leggendaria via della seta, percorsa interrottamente dai  vari carovanieri  che dalla Cina portavano, tra l'altro, il prezioso tessuto a Bursa e Costantinopoli per proseguire poi verso le nostre Genova e Venezia,
Questi Kanati nell’ottocento finirono al centro dell’attenzione degli Zar, che volevano espandere al Sud i loro domini, con la scusa di liberare le migliaia di schiavi russi impiegati come forza lavoro da quegli Emiri; erano osservati dall’Inghilterra che, attraverso la potente Compagnia delle Indie, intendeva presidiare quei terrori per evitare invasioni russe o cinesi che da Kabul potevano facilmente immettersi nella loro ricca India attraverso il passo di Khyber; erano appetiti dalla Cina come sbocco dei propri mercati;  infine, erano stati oggetto di attenzione da parte di Napoleone Bonaparte che, d’accordo con lo Zar Alessandro e lo Scia di Persia, pensava di sottrarre all’odiate Inghilterra la ricca India, invadendola via terra, da Nord, come in precedenza aveva fatto il mongolo Ẓahīr al-Dīn Muḥammad, più noto come Bābur.
Per tutto l’Ottocento, su quei territori ebbero luogo battaglie, imboscate, tradimenti, faide ed eccidi; vi operarono valorosi soldati e generali in perenne guerriglia, il cui succedersi è stato magistralmente descritto da Peter Hopkirk nel suo bellissimo libro “Il Grande Gioco”.
Delle città sopra menzionate, appartenenti all’odierno Uzbekistan, Samarcanda è la più mitica, la più grandiosa, collante tra Oriente e Occidente e da millenni motivo di ispirazione di poeti, scrittori e musicisti. La sua fama ha girato il mondo e si mantiene tutt’ora come importante cento culturale e commerciale nel cuore dell’Asia centrale.

Ad ispirarmi la superiore digressione, della quale mi scuso con i pochi lettori, sono state le recenti voci di mercato in base alle quali la Juventus sarebbe interessata alle prestazioni professionali dell’attaccante Uzbeko Eldor Shomurodov, attualmente in forza e di proprietà del Genova.
Su tale trattativa mi sono permesso di esprimere tra di noi giudizi positivi per almeno due ordini di motivi, uno di natura tecnica ed uno di natura commerciale.
Dal punto di vista prettamente tecnico ritengo il giocatore molto valido, molto forte sui colpi di testa, abbastanza tosto nella difesa della palla, tecnico nel palleggio, vede molto bene la porta; in sostanza mi pare che abbia alcune delle caratteristiche sfoggiate a suo tempo da Fabrizio Ravanelli o Roberto Bettega.
Un simile centravanti sarebbe molto utile all’attuale Juventus che si troverebbe tra le mani un valido giocatore con un rapporto qualità/prezzo non elevato e con un costo di gestione del tutto contenuto.
Naturalmente, e mi riaggancio all’incipit, più appropriata sarebbe l’operazione da un punto di vista prettamente commerciale, se si tiene conto della risonanza che essa avrebbe in quelle ricche repubbliche dell’Asia Centrale. Naturalmente vi è il problema degli slots extracomunitari.

A mio avviso, tesserare l’uzbeco, a quanto pare originario di Samarcanda, significherebbe proiettare la Juventus, la sua immagine ed i suoi prodotti, in quei ricchi mercati orientali e quindi proseguire il processo di globalizzazione a cui sembra mirare giustamente l’attuale presidenza. In quelle zone il calcio è seguito, non per niente la Nazionale di calcio dell'Uzbekistan ottenne un importante risultato nel 1994 vincendo la medaglia d'oro ai Giochi asiatici, tenutisi in Giappone.

In conclusione, da ora in avanti conviene osservare con più attenzione le prestazioni del nostro Shomurodov per vedere se, oltre alle qualità tecniche, mostrerà di essere tosto come il suo illustre compaesano Tīmūr Barlas, meglio conosciuto come il Tamerlano, e quindi idoneo ad indossare la maglia della Juve.