Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Così scriveva Tomasi di Lampedusa nel suo magnifico romanzo ‘Il Gattopardo’ (il primo best seller italiano con oltre centomila copie vendute), e questa frase descrive alla perfezione la situazione attuale del calcio italiano, caratterizzato dallo sconclusionato e contraddittorio adattamento al nuovo, e al contempo dall’incapacità di cambiare se stessi. Se nel libro il Principe di Salina accoglie il presunto miglioramento apportato dal nuovo Regno d'Italia come un ennesimo mutamento senza sostanza, poiché l'orgoglio siciliano è rimasto tale nel corso della storia dell’isola, anche in Figc si ha l’ennesimo cambiamento senza contenuti. I nuovi protagonisti Gabriele Gravina e Mauro Balata, rispettivamente presidente della Federcalcio e presidente della Lega di Serie B, si parlano a mezzo comunicati stampa. Il motivo della discordia è sempre lo stesso: il format del campionato cadetto.

Neanche il Consiglio Federale della scorsa settimana (martedì 18 dicembre) ha portato chiarezza, lo stallo è rimasto e nessuno si è mosso dalla propria posizione. Balata vuole che la B rimanga a 19, Gravina vuole riportare le squadre a 22, così come dicono le norme attuali. Lo scontro si ha sulla questione delle promozioni, ripescaggi o riammissioni, il lascito di una gestione commissariale che ha scontentato tutti. Certamente sarebbe più produttivo ed intelligente che si vedano per concordare un compromesso. Invece succede che alla Lega Pro, riunitasi in assemblea lunedì 17, viene detto che c’è un accordo per un campionato cadetto a venti squadre e quindi 5 promozioni garantite. Un boccone difficile da mandare giù dopo la promessa di sette promozioni, ma comunque accettato. Solo che il giorno successivo, in Consiglio Federale, non si può ratificare tale compromesso perché Balata non era a conoscenza della cosa e l’argomento non era all’ordine del giorno. Quindi si è avuto un nulla di fatto, ed alla fin fine il Consiglio è servito solamente per scambiarsi gli auguri natalizi. Delle questioni importanti non si è parlato, e le riforme – sempre invocate e promesse da tutti – sui format dei campionati (a partire dalla riduzione delle squadre professionistiche), sulla giustizia sportiva e sul Club Italia sono solamente un miraggio.

Purtroppo un campionato di B con squadre dispari è un anomalia senza precedenti ed in qualche modo bisognerà ovviare al problema che di riflesso coinvolge direttamente anche la terza serie. Senza un accordo tra le parti si procederà d’ufficio ad i ripescaggi ed ovviamente bisognerà stabilirne anche i criteri (con gli infiniti ricorsi che le varie società escluse presenteranno), poiché oltre alla classifica si terrà conto anche del bacino d’utenza, storia, territorio e altri fattori. Sono d’accordo che le grandi piazze dovrebbero stare in Serie B, però l’assurdità è che si è arrivati a gennaio, a metà campionato, ed ancora non si conoscono le regole per le promozioni. Col calciomercato invernale alle porte non si fa che ulteriormente falsare un torneo di Lega Pro già abbastanza bistrattato. Ha senso investire per rinforzare la squadra nella speranza – non certezza – che ci sia più promozioni? Infatti nel caso di ripescaggi potrebbero salire di categorie anche squadre arrivate oltre il decimo posto. Invece di arricchire la competizione non si fa che svilirla. Senza considerare che ci sono squadre che ancora devono recuperare diverse partite (rinviate in attesa della sentenza sui ricorsi estivi per sapere in quale categoria giocare), oppure altre che vincono nonostante non siano in regola col pagamento degli stipendi ai propri tesserati e con la scure delle garanzie fidejussorie (accettate nonostante gli istituti di credito non sia stati ritenuti affidabili) sulla loro testa. Può ritenersi regolare il campionato in corso? Secondo me no.

Francesco Ghirelli, eletto alla presidenza della Lega Pro i primi di novembre, si era preso due mesi di tempo per dipanare la matassa, ma i risultati faticano a vedersi. Aveva promesso che entro Natale si sarebbe stabilito il numero di squadre da promuovere, ma non ha ottenuto nulla. Il carico che si è preso sulle spalle e notevole ma, nonostante il suo enorme impegno e lo sforzo profuso, i problemi della categoria rimangono. Il suo temperamento e carattere decisionale deve scontrarsi contro una presidenza federale finora non così risoluta. Basta pensare che il Presidente Gravina ha demandato la decisione di prorogare la chiusura del calciomercato della massima serie in mano alla Lega, senza prendere una posizione. In Lega Pro i problemi di sostenibilità e solvibilità sono gli stessi da anni e bisogna affrontarli immediatamente, trovando risorse economiche attraverso le giuste iniziative e apportando gli opportuni interventi. Anche perché i segnali d’allarme sono preoccupanti. Al momento ci sono delle squadre che giocano, ma non si sa se nel nuovo anno ci saranno ancora perché il rischio di fallimento è dietro l’angolo. Limitarsi a fare solo pubbliche relazioni, o scaricare le colpe ai commissari è una cosa inutile, piuttosto andrebbero trovate le soluzioni da applicare con una serie di riforme indispensabili per rivitalizzare la categoria. La colpa è sempre di qualche altro, prima era per la mancanza di un paracadute tra la fra Serie B e la Serie C, dal momento che le squadre retrocesse vedevano di colpo la diminuzione delle entrate e l’innescarsi di crisi finanziarie che portavano spesso al fallimento dopo qualche anno di affanni, ora i colpevoli sono i commissari precedenti che non hanno fatto abbastanza. Come avviene in politica, con l’usanza di scaricare le colpe sui governi precedenti quando non si riescono a mantenere le promesse elettorali, così anche nel calcio. Addossare le responsabilità dei propri fallimenti agli altri è lo sport preferito dei politici – e dirigenti – italiani, tutto pur di auto assolversi e continuare a sopravvivere presentandosi ogni volta come il nuovo che avanza. Infatti Gravina e Ghirelli non sono due new entry, il primo era Presidente della C e l’altro era il Segretario Generale della stessa categoria, quindi non è che siano esenti da responsabilità per la situazione attuale.

Francesco Ghirelli, il più acceso sostenitore di Gabriele Gravina alla presidenza della Figc, più volte ha rimarcato che lui è l’uomo che ha rivoluzionato la Federcalcio in soli due mesi. Sarei curioso di capire come, dato che di decisioni fino a questo momento non ne ha prese. Ho sentito Gravina di parlare di semi-professionismo e dell’abolizione della Lega Pro, ma questo secondo me sarebbe una cosa sbagliatissima, finirebbe per affossare definitivamente un sistema che una volta era una fucina di talenti ed un prodotto di qualità. Se si pensava che la sua elezione, con oltre il 90% delle preferenze, significasse finalmente una svolta positiva, con una idea comune affinché tutte le componenti remassero dalla stessa parte, si ci è sbagliati di grosso. Piuttosto è stato bravo a fare promesse a destra e a manca ed ora ne sta pagando le conseguenza poiché è impossibile accontentare tutti. Va bene attuare le giuste riforme con il consenso di tutti, ma è palese la sua mancanza di potere decisionale per non scontentare nessuno. La prima cosa che avrebbe dovuto fare era rivedere il format della serie B. Il ruolo che ricopre e di cui si è fatto carico impone la presa di decisioni per evitare che il sistema collassi. D’altronde avrebbe potuto avvalersi degli strumenti che le norme federali gli mettono a disposizione e ristabilire, immediatamente, gli equilibri anche di imperio. Invece non lo ha fatto ed aspetta invano una mossa da parte di Balata che non ha la minima intenzione di cedere sulle proprie posizioni.

Quindi, come scriveva Tomasi di Lampedusa, “se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”, per l’appunto!