Eccoci ancora una volta a dover parlare di cose che con lo sport c'entrano veramente poco. Purtroppo sono anni che la situazione va avanti così e non cambia mai nulla. Tra gli ululati verso Koulibaly e gli incidenti che hanno generato anche la morte di una persona, è stato un Santo Stefano da dimenticare per il calcio italiano. Una giornata di campionato offuscata dalla follia di sedicenti tifosi che hanno preso in ostaggio San Siro, oltraggiandolo con cori razzisti durante Inter-Napoli. Questo manipolo di idioti, travestiti da tifosi, hanno rovinato lo spettacolo in campo e non sono neanche degni di identificarsi con i colori nerazzurri, quelli della FC Internazionale, la squadra che più e prima di tutti ha creduto in giocatori di ogni paese con la pelle di ogni colore. Frange di ultrà così piccole eppure così rumorose che con un guaito hanno preso in ostaggio un intero sport. È inaccettabile che nel 2018 durante una partita di calcio si debbano sentire ancora dei buu razzisti verso un giocatore di colore. Non è tollerabile e va senz’altro condannato. Come se tutto questo non fosse già sufficiente, bisogna anche parlare di una morte legata in qualche modo alla stessa partita.

Penso che il problema principale di questo dilagante sentimento di razzismo sia un problema culturale, e penso anche che ognuno di noi, nel suo piccolo quotidiano, aL lavoro, con gli amici, sull’autobus, può e deve fare qualcosa per contrastarlo. Per far capire a tutti quelli che hanno ululato contro Koulibaly che sono solamente dei razzisti, persone stupide e ignoranti, perché qualunque sia il colore della sua pelle è un essere umano come noi. Ed è ancora più sciocco farlo quando nella squadra per la quale tifi ci sono diversi giocatori di colore. Per cui dietro quel gesto ignobile, perpetrato con l’appoggio del branco, non c’è una reale matrice di intolleranza ma solo di stupidità. Non voglio assolutamente giustificare queste persone, anzi l’azione è deprecabile e non giustificabile in qualunque modo. Lo stesso concetto lo si può estendere all’insulto gratuito, a volte anche molto pensate, che ti porta ad odiare l’avversario, mentre sarebbe sensato e civile sostenere la tua squadra senza offendere nessuno. Provo una forte indignazione e sdegno nei confronti di queste persone che con i loro comportamenti non fanno altro che infangare anche la parte sana del tifo, della curva.

Il giudice sportivo ha punito anche l'Inter obbligandola a rinunciare al calore di San Siro. Le prossime due giornate si giocheranno a porte chiuse ed una terza con gli spalti del terzo anello vuoti. I colpevoli dovrebbero essere puniti singolarmente, che sia uno, o siano dieci, cento, mille. Perché non è giusto che di mezzo debba andarci un’intera tifoseria e debba subire questa conseguenza negativa per per colpa di una sparuta minoranza. E non potranno godersi dal vivo la loro, la nostra squadra del cuore. Si finisce per criminalizzare una tifoseria per questi individui che non possono considerarsi tifosi, ma solo incivili. Inoltre se i cori erano così forti perché non è stata sospesa la partita? Perché Mazzoleni non si è assunto la responsabilità di fermarla? Invece di chiudere gli occhi, le orecchie e soprattutto il cuore, perché non ha avuto questo coraggio? Lo hanno fatto Irrati, Rocchi e in ultimo Gavillucci. Sarebbe stato utile per dare un segnale, un gesto forte per espellere delle cose che nel mondo del calcio non sono più tollerabili. Mi aspettavo anche una maggiore solidarietà da Keita ed Asamoah. È troppo facile lavarsene le mani e far finta di nulla. È facile scaricare le responsabilità sugli altri: l’arbitro ha detto che la scelta spettava ai responsabili dell’ordine pubblico, non a lui. Se n’è lavato le mani con il tuo atteggiamento pilatesco. Così facendo la situazione non potrà mai migliorare. Il mese scorso Gravina e Rizzoli dissero che le partite sarebbero state sospese in caso di cori razzisti. Così non è stato questa volta, anzi adesso il presidente della FIGC dice il contrario, che l’arbitro non può sospendere le partite. Paga l’Inter, ma non si risolve il problema razzismo. Senza l’applauso di Koulibaly forse si sarebbe fatto finta di nulla. Inoltre, in seguito agli incidenti in cui è morto Daniele Belardinelli, saranno vietate le trasferte ai tifosi dell'Inter fino a fine stagione. Che senso può avere colpire e penalizzare una massa di gente innocente e che nulla ha a che vedere con questi delinquenti?

Le Istituzioni preferiscono dare questa punizione esemplare per nascondere la loro incapacità nell’individuare il singolo colpevole. Vogliamo copiare il calcio inglese senza esserne capaci. Abbiamo imitato il boxing day ma non i provvedimenti per fermare violenza e razzisti, è stato un disastroso. Inoltre in Inghilterra capita che se un singolo spettatore insulti l’allenatore o un giocatore, lo steward subito lo individua e lo butta fuori dallo stadio. In Italia un cretino, che poi sono diventati 10 e poi ancora 100 ululano contro un giocatore di colore, ma rimangono lì al loro posto. Eppure ci sarebbero i mezzi per individuarli singolarmente, tra tessera del tifoso, tornelli e biglietto nominale. In un giorno di festa forse si era pensato ingenuamente che all’improvviso mutasse la cultura e proprio per il clima natalizio si sarebbero riversati allo stadio famiglie con bambini per gioire e divertirsi tutti insieme. Invece, quattro anni dopo l’ultima morte per una partita di calcio - Ciro Esposito prima della finale di coppa Italia fra Napoli e Fiorentina - eccoci qui a doverne commentare un’altra. È inaccettabile che la morte debba essere accostata allo sport che è vita. In che direzione stiamo andando? In Grecia durante le Olimpiadi si aveva la cosiddetta “tregua olimpica” dove venivano sospesi tutti i conflitti bellici, mentre adesso durante le partite di calcio si ha un clima di guerriglia. Poliziotti vestiti in tenuti antisommossa per evitare scontri tra tifoserie “avversarie”. Lo sport che è veicolo di valori positivi deve dar spazio a cori e scontri proprio perché oramai il calcio è una zona franca. È morto un tifoso e molti altri sono stati feriti durante i tafferugli. Qualcosa non ha funzionato. Purtroppo è evidente che non siamo pronti a questo boxing day. Le forze dell’ordine schierate negli stadi ed attorno ad essi erano in numero inferiore rispetto al solito perché i costi durante un giorno super-festivo come Santo Stefano sono molto più alti rispetto un giorno normale. Per questo motivo due tifoserie rivali da sempre hanno avuto la possibilità di scontrarsi.

Infine volevo in qualche modo rispondere ad Allegri che aveva sbraitato, nella conferenza dopo Atalanta-Juventus, contro quelle dichiarazioni sopra le righe - quelle di De Laurentiis - che a suo dire aizzano la violenza. Proprio lui viene a parlarci di educare i ragazzini? Lui che fa parte di una società il cui presidente ha il coraggio di dire che l’unica cosa che conta è vincere, dalla prima squadra ai pulcini. Questo dovrebbe essere un insegnamento da dare ai ragazzini? Infatti i risultati si sono visti nella squadra Under 15 squalificata in massa per cori contro il Napoli. Quando invece a quell’età dovrebbero solamente divertirsi. Lui che gioca nello stadio dove l’insegna dell’illegalità è mostrata con orgoglio, con il numero 36 che spicca sullo stadio, sulle maglie, ed emerge prepotente nelle loro teste. Lui che indossa colori bianconeri che in passato si sono macchiati di illeciti di ogni genere. Lui che sale sul pulpito a fare la predica ai fedeli-giornalisti schierati in religioso silenzio ad ossequiare il suo credo. Lui che davanti ai microfoni sistematicamente prova a dare lezione agli altri, ha ricevuto una multa da 10mila euro per avere, al termine della gara, negli spogliatoi, “espresso valutazioni insinuanti nei confronti dei collaboratori della Procura Federale”. Io non posso accettare nessuna lezione di morale da un tesserato della Juventus finché non smetteranno di rivendicare un qualcosa che le è stato tolto poiché avuto indebitamente.

Poi lui davvero pensa che le dichiarazioni di De Laurentiis, o di Cairo, per quanto sbagliate o non consone possano essere alimentino la violenza? È una stupidaggine bella e buona questa. Secondo lui quelle centinaia di persone che sono andate lì armate di martelli, spranghe, catene, coltelli e quant’altro siano andate lì perché avevano ascoltato le dichiarazioni del presidente del Napoli e non le condividessero. Quelli sono andati lì per massacrarsi, per farsi la guerra, per sfogarsi, per fare violenza. Sono delinquenti che non hanno nulla a che vedere con il calcio e forse neanche leggono giornali o ascoltano le dichiarazioni. C’erano anche pseudo ultrà esteri e non penso fossero lì poiché fomentati da De Laurentiis. Al di là dell’opportunità di fare certe dichiarazioni, che io non condivido, non bisogna credere che queste siano il problema. Altrimenti come sempre si finirà per chiudere tutti e due gli occhi su quelli che sono i veri problemi del calcio. Quelli sono solamente delinquenti che andrebbero incarcerati uno ad uno.

Per gli incivili, che si sono divertiti ad insultare un ragazzo di colore invece vorrei scuotere i loro animi e la loro coscienza con la lezione di Primo Levi, un grande scrittore che nei suoi libri ha descritto magistralmente l'esperienza estrema della Shoah da lui vissuta nel campo di concentramento di Auschwitz. “È AVVENUTO, QUINDI PUÒ ACCADERE DI NUOVO: QUESTO È IL NOCCIOLO DI QUANTO ABBIAMO DA DIRE”. La prossima volta meglio fermarsi, come ha detto Ancellotti, perché la dignità vale molto più di tre miseri punti.