L'Inter è tornata”. È questo il titolo d'apertura dell'edizione odierna de La Gazzetta dello Sport. Il quotidiano rosa sottolinea come il turnover abbia funzionato e sia stato proprio l'attacco di scorta, formato da Keita Balde e Lautaro Martinez, a trascinare i nerazzurri alla vittoria. I due venivano da un periodo caratterizzato da prestazioni altalenanti e mai pienamente sufficienti e sembravano essere finiti ai margini della squadra, eppure ieri sera sono stati i protagonisti indiscussi della vittoria contro il Frosinone. L'Inter è dunque tornata e ha cancellato i 90 disastrosi minuti di Bergamo, che sono stati derubricati a mero incidente di percorso. Spalletti cercava una pronta reazione e un segnale dai giocatori meno utilizzati in questo inizio di stagione ed è stato accontentato.

Certo il Frosinone non è l'Atalanta, ma chi crede che i ciociari fossero la classica vittima sacrificale si sbagli di grosso, sia perché erano reduci da quattro risultati utili consecutivi, sia perché le gare dopo la sosta nascondono sempre insidie. Insidie che si materializzano sotto forma di occasioni gol che gli ospiti non riescono, però, a concretizzare per scarsa precisione al tiro e per l'attenta prova di Handanovic. La gara si mette subito in discesa grazie al primo squillo stagionale di Keita; per l'attaccante senegalese saranno due i gol al termine della serata, oltre ad aver servito l'assist per Lautaro. La sua prestazione è un chiaro segnale di discontinuità rispetto al recente passato: questa Inter può contare su una rosa “allargata” di giocatori, in cui chi entra può tranquillamente far rifiatare i titolari. Solo Nainggolan sembra ancora lontano dai suoi standard abituali, per fortuna Spalletti e i nerazzurri, in attesa delle scorribande del Ninja, si possono consolare con le magie egli strappi di Politano. L'ex Sassuolo sta attraversando un grande momento di forma ed è forse l'unico veramente insostituibile ed indispensabile in questo momento nella rosa nerazzurra. È il “classico esterno moderno” – alla Sterling per intenderci – in grado di saltare l'uomo, bravo nell'ultimo passaggio e nel finalizzare l'azione (come ha mostrato con il gol in Nazionale). Contro i ciociari, quindi, l'attacco di scorta ha dato risposte confortanti e il turnover ha funzionato.

Questo è quello che ha detto il campo. Ma a fare davvero la differenza è stato San Siro. Nonostante di fronte ci fosse “solo” il Frosinone, i numeri sono stati da big match, perché se Spalletti ha fatto turnover, il pubblico no. Ancora una volta, infatti, c'è stato il pienone o quasi. Per i tifosi nerazzurri ogni partita è una sfida di cartello, anzi è proprio la cornice di pubblico a renderla tale e non importa che si giochi col Frosinone appunto o che si disputi il derby col Milan, perché San Siro risponde sempre presente. Questa era la prima gara di un ciclo di 5 partite fondamentali: l'Inter in 15 poco più di giorni giocherà a Londra, poi a Roma, a Torino, sponda Juve, e infine col PSV l'11 dicembre a Milano. Insomma i tifosi sapevano benissimo che quella con i ciociari era una gara da non sbagliare, anche perché vincere voleva dire agganciare il Napoli per una notte, dimenticare la disfatta di Bergamo e riallacciare il filo con le 7 vittorie consecutive costruite in campionato prima dell'Atalanta. E allora ecco un altro pienone, la partita di ieri sera ha venduto quasi 65 mila biglietti, tra tagliandi e abbonamenti, ed è stata tra le prime cinque della stagione. L'Inter che già lo scorso anno aveva vinto lo scudetto del pubblico davanti al Milan, si conferma la squadra più seguita allo stadio del calcio italiano. Sono quasi 600mila – la metà degli abitanti di Milano – le presenze a San Siro in questa stagione, in 9 partite casalinghe. La media di 64mila spettatori, addirittura il 10% in più di un anno fa. Roba da far invidia a molti club d'Europa, dove si piazza al sesto posto per affluenza di pubblico, di poco dietro al Real Madrid, Bayern, Man Utd, Borussia Dortmund e Barcellona.

Avere uno stadio pieno in Italia e con esso lo spettacolare colpo d'occhio di un muro umano è ormai una peculiarità sempre più rara. È da anni, purtroppo, che dobbiamo fare i conti con il problema degli stadi vuoti, attribuendo le responsabilità maggiori alla fatiscenza degli impianti, alla scomodità che si devono affrontare per raggiungerli – quello delle carenti e vetuste infrastrutture urbane in Italia è un'altra seria problematica di difficile soluzione – e forse anche ad una sempre più carente passione nelle nuove generazioni. A tutto ciò poi si aggiungano i contrasti tra società e tifosi, come dimostrano, ad esempio, le partite casalinghe asfittiche di tifosi degli ultimi anni della Lazio, della Roma e del Napoli. Talvolta neanche il derby di Roma sfugge a questa realtà; per non parlare dello stadio San Paolo e degli enormi vuoti sugli spalti nonostante la squadra sia competitiva e lotti per lo scudetto. Le contestazioni ai presidenti e la politica dei prezzi alti hanno fatto il resto. L’Allianz Stadium della Juventus di CR7 registra sempre il sold-out, tuttavia ha una capienza limitata, il Milan ha un ottima media con 55mila circa, ed è al secondo posto nelle presenze a San Siro, ma è l’Inter la squadra storicamente più “tifata” – ossia che totalizza il maggior numero di spettatori allo stadio – nel nostro Paese. Si è sempre parlato, inoltre, di stadi di proprietà come panacea di tutti i mali, per constatare poi che il primato degli spettatori appartiene a due squadre che non solo non hanno uno stadio di proprietà, ma addirittura lo condividono!

C'è però da chiedersi perché l'Inter, nonostante i risultati non eccelsi degli ultimi anni e un esilio dalla Champions che durava da sette anni, riesca comunque ad essere la squadra più seguita in Italia. Senza dubbio alla base del legame tra la tifoseria e la squadra c'è l'amore viscerale dei tifosi nerazzurri per i loro colori, il profondo attaccamento alla sua storia, l'abitudine alla sofferenza, a grandi imprese alternate ad impreviste ed imprevedibili cadute, e l'inclinazione a seguirla indipendentemente dai risultati. Io credo però che le radici di questa smodata passione che trascende il razionale siano da ricondurre niente meno che allo scandalo di Calciopoli, che ha dato nuova linfa alla tifoseria interista e ha circondato i nerazzuri di un'aura di superiorità morale rispetto ai veleni del resto del calcio nostrano. È aumentata esponenzialmente la rivalità storica con la Juventus, alimentata ad arte anche dalla stampa, non a caso, per esempio, nell'apertura di stamane della Gazzetto dello Sport, che citavo all'inizio, “L'Inter è tornata” vi è affiancato un “La Juve c'è sempre”, approfittando della contemporaneità delle due gare, ne ha astutamente sottolineato la contrapposizione. Con il tempo, tra i tifosi di ambo le parti, è aumentato il clima d'odio, che ne ha acuito il senso di appartenenza, in una sorta di guerra santa dove i supporter si sentono “chiamati alle armi”. L’Inter si è presa il suo pubblico, ha un netto vantaggio sulle rivali, Juventus in testa e non ha nessuna intenzione di far diminuire questo gap che in un prossimo futuro può rivelarsi decisivo.