Ennesima sconfitta fuori casa ed in uno scontro diretto per la Juventus che esce da SanSiro con più dubbi che certezze, sconfitta da un Milan organizzato e ormai capace di interpretare al meglio il “piolismo”, a prescindere da chi siano gli interpreti.
Il 2-0 maturato sabato pomeriggio rappresenta l’ennesimo passo falso di Allegri, sempre più sul banco degli imputati in una stagione che fino ad ora ha mostrato più ombre che luci.
L’allenatore livornese, infatti, presentatosi ai microfoni post partita palesemente affranto, mostra di non aver affatto digerito l’atteggiamento dei suoi ragazzi e, cosa più preoccupante, di non aver più idea di quali soluzioni adottare per invertire un trend che li vede sempre più lontani dai primi posti. 
I limiti di questa Juve non li scopriamo di certo dopo questa sconfitta: la compagine bianconera, infatti, non sembra aver quasi mai assimilato un gioco né ha mai mostrato di poter esprimere un calcio migliore di quello espresso fino ad ora. Un copione che si ripete dall’inizio della stagione: primi 20 minuti di una Juve a tratti padrona del campo per poi calare drasticamente di rendimento. Nella partita contro i rossoneri questo dato è ancora più evidente se si guarda la percentuale di possesso palla mantenuto dalla Juve fino al “fatidico ventesimo”.
Ma ciò a cosa è dovuto? Mancanza di tenuta fisica? O risulta facile per gli avversari adattarsi e contrastare il gioco di questa Juve?
Una certezza c’è. L’alibi della mancanza degli interpreti di caratura internazionale (Di Maria, Pogba e Chiesa) ormai non regge più, soprattutto se si pensa che il Milan non solo ha ben 7 infortunati (Maignan, Calabria, Messias solo per citarne alcuni) ma viene da una trasferta tutt’altro che leggera disputata allo Standford Bridge contro il Chelsea. 

Ma tornando alla partita, se dovessimo trovare il momento esatto in cui la Juve ha perso la partita non è tanto nel primo o nel secondo gol bensì nei cambi.
I cambi sì, croce e delizia degli allenatori. Nella partita disputata al Meazza è sembrato evidente che la Juve avesse, seppur con qualche ruggine, assimilato un gioco più o meno fluido con il 3-5-2 già utilizzato contro il Bologna. Risultato? La Juve gira bene palla e si presenta davanti a Tatarusanu con due chiare occasioni di gol. Una sul piede di Quadrado che, egoisticamente, tira in porta invece di mettere in messo una palla che uno dei ben 4 compagni in area avrebbe potuto spingere in rete, e l’altra con Milik che gira in area senza riuscire ad impensierire il portiere rossonero.
Arriva dunque il “fatidico ventesimo”. La squadra si spegne e le giocate del Milan si fanno sempre più intense. Quando la partita sembrava avviarsi verso il pareggio ecco che sullo scadere del primo tempo arriva il gol di Tomori, bravo nel girare immediatamente in porta una palla piombatagli addosso dal compagno Giroud. Poco male si potrebbe pensare. C’è ancora un intero secondo tempo da giocare.
Ma ecco che arriva il cambio: Mckennie per Quadrado che fino a quel momento aveva dimostrato di essere uno dei più pericolosi tra i bianconeri. (Il colombiano a detta del mister livornese, è stato sostituito perchè già ammonito ed evidentemente innervosito dal mancato fischio sul presunto fallo subito da Teo Hernandez.) L’americano viene posizionato largo sull’out di destra, un ruolo decisamente non suo. 
La Juve sembra non trovare più le misure e non sembra in grado di imbastire una buona azione offensiva. Da qui in poi la partita sembra quasi decisa a favore di Leao e compagni che al decimo del secondo tempo si portano sul 2-0 . Una bella incursione di Diaz che, complice un grave errore di Dusan Vlahovic, intercetta la palla del serbo, parte da centrocampo e si invola verso la porta di Szxzesny, mettendo a segno il suo secondo gol in stagione.
La Juve non sembra avere la forza di reagire, è moralmente a pezzi. Un momento perfetto per cercare di smuovere la partita e il punteggio con alcuni cambi. Ma l’unico davvero necessario arriva ben 22 minuti dopo il secondo gol: Kean entra al posto di un Vlahovic mai pericoloso e soprattutto mentalmente bloccato su quell’errore costato ai suoi il doppio vantaggio per i rossoneri. Un cambio che sembra avere i suoi frutti, ma ormai il tempo e le forze sono nemiche dei bianconeri che escono da SanSiro sconfitti e demoralizzati. 

Insomma, se da una parte le vittorie contro Bologna e Maccabi hanno dato un po’ di fiducia all’ambiente non hanno fatto altro che rinviare una sentenza che presto o tardi arriverà: questa non è più la Juve di Allegri e questo la società lo ha capito da tempo. 
La partita di Champions contro il Maccabi Haifa diventa cosi “l’ultima spiaggia” non solo per la Juve, per cercare di salvare la stagione evitando di “retrocedere” in Europa League, ma soprattutto per Allegri, per evitare un finale amaro per il suo secondo mandato sulla panchina bianconera.