C'era una volta un campionato pieno di stelle impareggiabili e trofei internazionali a grappoli. C'erano una volta le 7 sorelle, 7 squadre che in Serie A davano vita a battaglie epiche e che in giro per l'Europa seminavano terrore sportivo e senso di enorme rispetto da parte di qualsiasi avversario. Si ha memoria dei trionfi europei del Parma dei miracoli, delle scorribande della Fiorentina del leggendario Batistuta (immortale il successo a Londra con l'Arsenal), delle finali di Champions (un po vinte e un po perse) di Milan e Juve negli anni 90... Ricordo ancora le parole di Sir Alex Ferguson che (dopo la vittoria della Coppa delle Coppe nel '91, guidando il Manchester Utd verso nuove vette continentali) affrontando la Juve nei gironi di Champions (la quale vinse sia a Torino sia a Manchester) raccontò: "La Juventus è stata un esempio per i miei giocatori. Se volevano diventare grandi dovevano imparare da quella squadra"... E pare che riuscirono nell'intento, visto che alla fine di quel decennio divennero campioni d'Europa ed entrarono definitivamente nell'alite del calcio internazionale. E di lì a poco avrebbe iniziato a materializzarsi anche l'impensabile declino della Serie A. Il punto "zero" è probabilmente cristallizzato al minuto 66 della finale di Champions League del 1998, quando un gol (irregolare, ma comunque convalidato) permise al Real Madrid di battere la Juve e rilaurearsi campione d'Europa dopo 32 anni dall'ultima volta. Quel trionfo diede di nuovo lustro ad una società che (seppur gloriosa) era di fatto passata in secondo piano in quei 3 decenni a causa dei trionfi olandesi, tedeschi, inglesi e italiani. Ma quel giorno qualcosa cambiò, e il nome del Real Madrid tornò prepotentemente in cima a tutte le liste di gradimento. Questo fatto diede il via alla costruzione di quello che in pochi anni divenne il Real dei "galacticos", capace di attrarre a sé i giocatori più forti e di vincere 3 Champions in 5 anni, e soprattutto capace di causare il primo vero terremoto nella storia del calciomercato quando nell'estate del 2001 acquistò Zidane dalla Juve per più di 150 miliardi delle vecchie lire. In quegli anni le squadre italiane riuscivano comunque a difendersi (3 squadre su 4 nelle semifinali del 2003 fu l'apice storico, ma anche una specie di canto del cigno), ma da lì a breve sarebbe anche arrivato il definitivo colpo di grazia. Il 2006 fu l'anno del trionfo dell'Italia ai mondiali, ma anche di calciopoli. Chi si prese i "meriti" (e tuttora lo fa) del colpo sferrato alla Vecchia Signora (la cui rosa era quasi tutta in campo nella finale mondiale di Berlino) non si è però mai preso anche la responsabilità di aver affondato definitivamente (e chissà per quanto) il nostro calcio a livello internazionale. Proprio calciopoli diede il via alla diaspora dei grandi giocatori dalla Serie A, come un calcio ad un formicaio, con Milan e Inter a battere gli ultimi colpi in Europa prima del definitivo surclassamento da parte delle squadre spagnole (più il Bayern), forti del sempre maggiore gradimento da parte dei top player e (di conseguenza) dei grandi sponsor e delle televisioni, con successivo boom a livello di marketing vista la sempre maggiore visibilità in realtà fino a qualche anno prima ancora poco attive nel calcio (i paesi del BRICS in particolare, con India e Cina da sole forti di un bacino di 1 terzo della popolazione mondiale, ma da non sottovalutare anche Russia e Brasile). Fino all'irruzione (poco delicata) dei ricchissimi magnati arabi. Se l'inizio della fine coinvolse principalmente la Juve in più fasi (Mijatovic, Zidane, calciopoli...) bisogna dire che è proprio grazie alla Juve se negli ultimi anni il calcio italiano ha recuperato qualcosa (non molto, ma qualcosa si). Il fatto di essere stata l'unica squadra non spagnola ad aver raggiunto (2 volte) la finale di Champions nelle ultime 4 edizioni non aggiunge nulla in bacheca e sugli albi d'oro (non avendo avuto la meglio in entrambe le occasioni) ma almeno ridà fiducia e un po di prestigio al calcio italiano. Certo, la Juve ha fatto un po' come la fenice, ed ora raccoglie i frutti del sacrificio, della lungimiranza e della gestione paziente e intelligente (anche economicamente). Se anche le altre "big" della Serie A riusciranno a mettersi in scia, e se il calcio italiano in generale riuscirà ad organizzarsi in modo intelligente (fin dalle squadre giovanili), forse una piccola speranza di rivedere un giorno i nostri colori sventolare sul gradino più alto del calcio internazionale c'è ancora. Intanto, nell'attesa, accontentiamoci di lustrarci gli occhi di fronte alle rovesciate da play station di CR7 e ai giochi di prestigio in campo di Lionel Messi.