La nazionale di calcio dell’Italia è una delle nazionali con più titoli del mondo: ha vinto quattro campionati mondiali (Italia 1934, Francia 1938, Spagna 1982 e Germania 2006); secondi al mondo dopo il Brasile a pari merito con la Germania; due campionati europei e un torneo olimpico nel '36.

Ripercorriamo gli ultimi anni a partire dal mondiale del 2014.
Prandelli precedentemente raggiunse un accordo con la federazione per rimanere in panchina anche dopo il torneo. La squadra esordì battendo l’Inghilterra e facendo ben sperare per il percorso immediatamente futuro, ma nel secondo incontro perse con i centroamericani del Costarica e venne eliminata dal fatidico gol di Diego Godìn, capitano della celeste uruguaiana. La delusione venutasi a palesare dopo la seconda eliminazione consecutiva al primo turno di un grande torneo convinse Prandelli a comunicare in diretta televisiva le dimissioni dall’incarico. Nell’agosto successivo furono resi noti i nomi dei successori, Antonio Conte in panchina e Carlo Tavecchio come presidente della Federazione, il quale con una grande sforzo e un’attenta trattativa con gli sponsor nostrani riuscì a rendere possibile il sogno di portare il suddetto allenatore a divenire il commissario tecnico della nazionale. Mr. Conte riuscì a galvanizzare un ambiente esausto dalla sconfitta e poco stimolato dopo l’eliminazione dal mondiale a guida Prandelli. La squadra posta nelle mani di Conte non era all’altezza di tutte le altre nazionali e si pensava nella più classica delle débâcles internazionali. Ciononostante, il contiano stakanovismo riuscì nell’impresa di farci tornare a gioire in piazza, non tanto per i risultati, sebbene comunque l’Italia riuscì a vincere con team fuori della nostra reale portata, quanto per il gioco creato e interpretato da attori fino ad allora mai presi in considerazioneveramente dall’opinione calcistica interna. Ci basti pensare ai Giaccherini e ai Pellè di turno, veri mattatori del torneo continentale. L’allenatore originario di Lecce trascinò la squadra azzurra in un sorprendente cammino interrotto solamente dai rigori sbagliati dei due attaccanti, tanto criticati poi, Zaza e per l’appunto Pellè contro la Germania di Low. Un cammino denso di emozioni e perfettamente in linea con quel che il popolo italiano si aspettava dalla gestione Conte, non un cammino che avrebbe immediatamente riportato l’Italia sul tetto di Europa o del mondo, ma che avrebbe posto le basi per un futuro di gioie. Il tecnico pugliese ebbe il grande merito di far notare come il cuore può sostituire le potenzialità calcistiche e molto probabilmente sarebbe prima o poi arrivato a vincere un trofeo con l’Inno di Mameli in sottofondo, ma la tentazione di tornare ad allenare una squadra quotidianamente era troppo pressante nella testa di Conte, che quindi dopo la fine dell’Europeo decise di fare un passo indietro e rassegnare le dimissioni. L’ambiente calcistico italiano ne rimase sorpreso, ma comprese la decisione, Conte aveva fatto il suo e ora toccava a qualcun altro completarne l’operato. Subentra già dall’inizio dell’europeo Gian Piero Ventura che lo avrebbe sostituito non appena il torneo sarebbe finito. Il nuovo capitolo inaugurato dall’ex allenatore del Torino faceva ben sperare. Il calcio proposto da Ventura risultava un calcio propositivo e oltremodo estetico, decisamente efficace e dannatamente idoneo a far fare quel passo in avanti a un Italia incanalata sulla giusta strada. Pur tuttavia, la direzione dell’allenatore ligure fu ai limiti del vergognoso, segnando lo “strano disastro” nazionale. La spedizione in Svezia per ottenere il pass che ci avrebbe portato ai Mondiali fu scandita dalle dimissioni non ufficiali rassegnate il giorno prima della partita e rappresentò la pagina più buia della storia della selezione nazionale. Un peccato di personalità che pose un punto alla stessa carriera di Ventura, che passò dall’essere definito come uno degli allenatori più interessanti del panorama italiano a un vagabondo traghettatore nelle serie inferiori. Serviva dunque una nuova ventata di speranza e allo stesso tempo di responsabilità per risollevare una nazione calcisticamente in ginocchio. Esattamente il 14 maggio 2018 la FIGC annunciò Roberto Mancini come nuovo commissario tecnico, uno dei più decisivi momenti della storia azzurra proprio perché gli venne data in mano una nazionale in piena crisi. L’allenatore jesino volle procedere con tanto coraggio, escludendo gran parte dei giocatori più “anziani” e dando maggior spazio ai giovani talenti, come per esempio Kean, Zaniolo o Berardi per citarne qualcuno. La squadra azzurra condotta dall’ormai denominato Mancio Nazionale riesce a qualificarsi agli Europei del 2020(posticipati all’estate 2021 a causa della situazione epidemiologica del Covid-19).
Le urne riservarono all’Italia un gruppo A composto da Galles, Svizzera e Turchia. La squadra italiana si mostra come la più forte del girone, sbaragliando la concorrenza di squadre non competitivamente alla pari di una nazionale proveniente da un rullino di risultati positivi veramente lungo. Infatti, oltre ad essere arrivati primi si è riusciti a realizzare un record tanto cercato quanto voluto e mai visto prima nella storia del campionato europeo per team azzurri, ossia mantenere porta inviolata fino alla fine del girone. Agli ottavi di finale la nostra squadra incontra l’Austria di Arnautovic riuscendo a sconfiggerla senza troppe difficoltà. Il target era chiaro a tutti: vincere e convincere. Successivamente, Lukaku e i belgi provano a porsi in mezzo alla strada verso il trionfo di una squadra che gioca sulle ali dell’entusiasmo, ma un sonoro risultato dimostrò quanto la squadra di Martinez non fosse ancora pronta per il grande traguardo nonostante satura di forti individualità. La sfida più complessa da gestire fu quella con la Spagna finita ai calci di rigore e che convinse l’opinione pubblica che la Nazionale di Mancini fosse una squadra che sapeva anche soffrire, approdando così per la quarta volta, alla finale degli Europei.
Nella fase finale, svoltasi nello stadio londinese di Wembley, la squadra di Mancini sfidò la squadra inglese a casa loro di fronte a più di 70.000 spettatori. L’Italia per la prima volta del torneo passò in svantaggio, una tradizionale doccia ghiacciata che non fece però perder d’animo i ragazzi di Coverciano, che grazie a Leonardo Bonucci tornarono a crederci. Stante l’1-1 maturato al termine dei tempi supplementari si va ai calci di rigore. Grazie a un Donnarumma da epopea, sulle note di Notti Magiche, i tricolori potranno tornare a sventolare in un cielo più azzurro che mai.
Il successo di una nazione, il successo di un popolo straziato dalla pandemia, il successo di tutti noi.
Grazie ragazzi per averci regalato un sogno, e ora portateci ai Mondiali!