Simone Inzaghi, nato a Piacenza, il 5 aprile 1976, è un allenatore di calcio ed ex calciatore italiano, di ruolo attaccante, ad oggi tecnico dell’Inter.
Cresciuto nelle giovanili del Piacenza, ha legato però il suo nome a quello della Lazio, con cui ha trascorso la maggior parte della sua carriera da calciatore, vincendo un campionato, tre Coppe Italia, due Supercoppe italiane e una Supercoppa UEFA e diventando il miglior marcatore laziale nelle coppe europee. Tuttavia, la presenza ingombrante del fratello Filippo, non credo occorrano presentazioni, ha sempre relegato Simone alla definizione di quello meno forte, negativamente influenzando l’opinione su un attaccante che probabilmente senza i continui paragoni oggi potremmo ricordare in maniera diversa. Certo, la Lazio dello Scudetto presentava una rosa di elevatissimo livello, ma il contributo del centravanti fu pressoché fondamentale per raggiungere quell’obiettivo tanto inseguito dagli aquilotti.
La revanche di Simone sugli addetti alla pubblica informazione però arriverà da quando quest’ultimo diventerà il mister di quella squadra con cui riuscì a riscaldare i cuori biancocelesti. Inzaghi, dopo ottime stagioni alla guida della primavera laziale, riesce a far ricadere su di lui la fiducia del Presidente Lotito e della dirigenza, fiducia che gli permetterà di ottenere le redini della prima squadra. Il tecnico piacentino riuscirà a cambiare le sorti di una rosa oltremodo rimaneggiata e uscita bendata dalle ultime direzioni di Petkovic e Pioli. Occorre però ricordare come l’intuizione di lanciare Inzaghi fu dettata inoltre dall’impossibilità di arrivare ad un accordo con il “Loco” Bielsa, il quale decise di volgere lo sguardo verso altri orizzonti. Il nuovo tecnico galvanizza l’ambiente, porta il bel gioco e anima i tifosi. L’approdo in prima squadra infatti fu strabiliante in quanto il 1° Marzo del 2017 guida la squadra biancoceleste a vincere il Derby contro la Roma, dopo quasi quattro anni dall’ultimo successo, in occasione della semifinale d’andata di Coppa Italia.
Il 30 aprile successivo la Lazio torna a trionfare nella stracittadina anche in campionato, poiché i biancocelesti si impongono per un 1-3 sui giallorossi tornando a vincere questa troppo importante gara in Serie A dopo quattro anni e cinque mesi. Gli uomini a disposizione di Inzaghi sono contati, ma incredibilmente adatti alla sua filosofia di gioco. Egli capisce la poca predisposizione del Presidente a decidere di costruire una squadra competitiva, quindi rimboccandosi le maniche decide di fare all-in su due situazioni in particolare: il centrocampo e Ciro Immobile. Il centrocampo laziale per almeno tre stagioni si è rivelato come quello più amalgamato, dando vita al vero calcio spumeggiante e senza ombra di dubbio dimostrandosi come il più dedito alla causa. La distruzione del gioco di Leiva, alternata alle giocate di Luis Alberto (vero padrone del centrocampo) e agli inserimenti di rifinitura del Sergente Milikovic-Savic cambiano le carte in tavola. A spaccare le porte ci pensa il Bomber di Torre Annunziata. Questo sistema di calcio permette a Inzaghi di ovviare alla presenza di una difesa non all’altezza della competizione. Arrivano una Coppa Italia e due Supercoppe Italiane, Inzaghi diventerà in virtù di questo, l’unico ad aver vinto entrambi i trofei nazionali sia da calciatore che da allenatore con lo stemma della Lazio sulla pelle. I giocatori posti alle dipendenze del mister riflettevano solamente azzardi. Immobile proveniva da stagioni poco convincenti in giro per l’Europa, Lucas Leiva dopo la Premier meritava una giusta pensione italiana dicevano in giro, Luis Alberto mai decisivo con le maglie del Liverpool e del Siviglia non sembrava pronto per la Serie A, Acerbi dopo il lungo stop causato dal tumore ai testicoli non concedeva garanzie e Milikovic-Savic era il più classico degli sconosciuti.
Questi i giocatori principali su cui si è basato l’azzardo Inzaghiano. Questi i giocatori principali su cui le fortune della Lazio vengono costruite.

Simone Inzaghi ad oggi deve tanto alla squadra della capitale, quanto la squadra della capitale deve tanto a lui. Quegli anni segnarono il perfetto connubio fra lui, i calciatori e una tifoseria letteralmente impazzita. Una vera e propria storia d’amore.
Da dove iniziare? Sicuramente dal record di presenze sulla panchina biancoceleste, come già citato due Supercoppe (2017 e 2019), una Coppa Italia (2019), praticamente sempre in Europa, con il fatidico accesso in Champions League dopo 13 anni nel 2020. Un percorso soddisfacente interrotto solo agli ottavi contro il Bayern di Monaco. I record non finiscono qui, perché lo stesso anno riesce a fare 12 vittorie consecutive in casa che mai nella storia la squadra biancoceleste aveva raggiunto. L’ambiente venutosi a creare esternava positività. Probabilmente, l’unico rimpianto che per sempre vivrà nei cuori dei tifosi, dei calciatori e soprattutto di Simone Inzaghi sarà non essere arrivati a ciò che nell’anno della pandemia scoppiata sembrava tremendamente vicino, la vittoria del campionato italiano. È fuori discussione l’apporto concesso da Inzaghi all’ambiente laziale, un apporto incontestabile e che non avrebbe potuto presentare continuità senza la volontà dirigenziale di dar vita ad un nuovo progetto, un nuovo progetto che avrebbe visto la Lazio come una squadra stabilmente in Europa e dunque scandito dall’acquisto di giocatori all’altezza degli impegni. Proprio questo, pensa l’opinione giornalistica, ha potuto rappresentare la creazione di frizioni in seno al rapporto fra Inzaghi e Lotito. I tira e molla per il contratto, quanto la non-volontà di rivoluzionare la rosa, hanno portato Inzaghi a scegliere la Madonnina milanese, sponda nerazzurra. Spiace, come direbbe lui, ma non tutti gli amori hanno un lieto fine (nonostante la sua esperienza sulla panchina laziale si può pensare non sia terminata definitivamente) e non tutti i mali vengono per nuocere. Un nuovo contesto è pronto ad accoglierlo e a caricarlo di stimoli. Inzaghi ormai assurto al rango di top allenatori italiani ha dimostrato di avere le carte in regola per allenare una squadra che potesse contendersi il titolo. La pesante eredità lasciata da Conte non ha intimorito il tecnico emiliano, che in maniera molto umile ha compreso le difficoltà economico-finanziarie del club di proprietà cinese e si è reso disponibile ad ergersi a garante del restyling. Via Lukaku, dentro Dzeko e Correa. Via Hakimi e Eriksen, dentro Dumfries e Calhanoglu. Che il divertimento abbia inizio. Il 3-5-2 di contiana memoria può ben conciliarsi con lo stile di gioco di Inzaghi. Le chiavi del centrocampo son affidate a Brozovic, le mezzale iniziano a rivestire un ruolo fondamentale, Calhanoglu diviene la controfigura del Mago Luis Alberto e il gioco non si basa più sulla palla al gigante e si pedala. Le punte a disposizione di Inzaghi magnificamente creano, quanto incredibilmente segnano. La lungimiranza di Beppe Marotta torna a confermarsi.
Inzaghi da risposte importanti: l’Inter accede agli ottavi di Champions e appare come quella più pronta per il titolo. La stagione è lunga, le aspettative son diventate alte e Inzaghi è in corsa su più fronti. Lo sbaglio di Lotito è stato eclatante. Quando si ha un tesoro fra le mani, lo si mette in banca e lo si tutela.
Che tu possa avere sempre il vento in poppa, che il sole ti risplenda in viso e che il vento del destino ti porti in alto a danzare con le stelle.

Grazie Simone.