Aspettando gli ultimi due giorni della fase a gironi, che potrebbero anch’essi proporre sorprese, sembra che gli dei del calcio si stiano divertendo a sconfessare di volta in volta le labili convinzioni dei tifosi e degli addetti ai lavori, è innegabile che a livello emozionale questo sia uno dei mondiali più interessanti.

Le vicissitudini più eclatanti sono senza dubbio quelle che hanno caratterizzato il cammino delle due finaliste del 2014: Germania e Argentina.
I bianchi teutonici visti contro il Messico sembravano la brutta copia della corazzata che ha dominato le qualificazioni: molli, poco determinati e stranamente distratti dal punto di vista tattico, si fanno ripetutamente infilare in contropiede dai tricolor che sciupano più di un’occasione per rimpinguare il punteggio.
La partita con la Svezia si tramutava, così, in una sfida da dentro fuori, con gli scandinavi che potevano accontentarsi del pareggio così da gustarsi un bel “biscotto” nell’ultima giornata, i tedeschi partono bene ma pian piano perdono convinzione e vengono infilati dal bel gol di Toivonen, una mazzata che mette in crisi le certezze dei ragazzi di Low.
La Svezia si impadronisce del centrocampo, rischia poco e nel recupero della prima frazione potrebbe raddoppiare, ma Noier si ricorda di essere uno dei migliori artefici del ruolo e con un balzo prodigioso strozza in gola l’urlo dei vichinghi, è la svolta della partita che si concluderà, quando ormai le speranze e le energie, espulso un rivedibile Boateng, erano ridotte al lumicino con il gioiello di Toni Kroos che bissa il centro di Reus in avvio di seconda frazione.

All’inferno e ritorno.

Il cammino dell’Albiceleste, non è da meno con emozioni e stati d’animo differenti che si sono alternati a ritmi vertiginosi, buona partenza con l’Islanda e bel gol del “Kun” Aguero, pareggio immediato degli scandinavi, possesso sterile per tutto il secondo tempo condito dall’errore di Messi dal dischetto, prestazione sconcertante con la Croazia, qualificazione appesa ad un filo, fiumi di polemiche spogliatoio spaccato, allenatore depotenziato, non certo le migliori condizioni per affrontare la delicatissima sfida con le Aquile Verdi.
Partenza veemente di Messi e compagni, gol da applausi della Pulce su sontuoso assist di Banega, tra i più appannati nella prima partita, dominio del campo e risultato apparentemente in cassaforte se non fosse per la follia di Mascherano, comunque tra i migliori, che regala un penalty ai verdi che Moses trasforma con freddezza, è panico totale tra i sudamericani.
Gli africani prendono coraggio e impensieriscono gli argentini con pericolosissime ripartenze che non vengono concretizzate per l’imprecisione e l’inesperienza dei velocissimi attaccanti africani, la confusione e il nervosismo si impadroniscono dell’Albiceleste, e quando ormai sembra materializzarsi una cocente ed imprevedibile eliminazione, uno dei giocatori meno reclamizzati tira fuori dal cilindro un gol spettacolare quanto liberatorio: Rojo si erge ad eroe di un’intera nazione che vive il calcio in maniera viscerale.

All’inferno e ritorno, parte seconda.

Anche Spagna, Iran, Portogallo e Colombia ci hanno fatto salire su questa giostra di gioia e tristezza, convinzioni e delusioni, esaltazione e depressione, tutte, purtroppo, vissute da spettatori neutri, quanto avremmo voluto essere al posto degli indomiti iraniani o dei possenti nigeriani e vivere quelle emozioni che solo la Coppa del Mondo sa dare, piuttosto che stare sul divano a sorseggiare mestamente un the.