Sui giornali sportivi, nelle trasmissioni Tv, sui siti internet specializzati e anche… al bar dello Sport, sento spesso parlare di “BEL GIOCO”, come se ci fosse una definizione univoca di questo concetto e solo attraverso questa strada ci fosse la vera legittimazione del raggiungimento dei risultati.

Questa spasmodica ricerca del “BEL GIOCO” me ne ricorda molto un’altra folle e utopica che qualche secolo fa logorava le menti e il fisico di prodi cavalieri medioevali quella del SACRO GRAAL.
A questo punto mi sorge spontanea una domanda, cosa si intende esattamente per “ BEL GIOCO”?
Giocate estemporanee dei singoli, azioni veloci in verticale, ossessivo possesso palla, organizzazione maniacale della squadra, sono queste alcune delle caratteristiche che potrebbero far parte della definizione, ma non tutte e non solo.

Personalmente penso che i successi del Barcellona e della Spagna negli ultimi decenni abbiano un po’ confuso l’opinione pubblica e molti addetti ai lavori, l’esasperazione del possesso palla, il famoso TiKI-Taka, ha sicuramente abbagliato i molti appassionati che hanno associato il concetto di “BEL GIOCO” a quello di “POSSESSO PALLA”.

Molti allenatori hanno provato a scimiottare il buon Guardiola con risultati rivedibili, trascurando che quel gioco ipnotico fosse frutto, oltre che della bravura del tecnico, anche delle eccelse qualità tecniche dei suoi interpreti, gente come Xavi, Iniesta, Messi, solo per citarne alcuni, permettevano di superare anche le situazioni di pressing più difficili e di segnare con le difese schierate, creando poi i presupposti tattici di entusiasmanti vittorie.

Grandi allenatori come Capello, Mourinho e, non ultimo, Allegri hanno detto chiaramente che il possesso palla fine a se stesso non serve a niente, se non come tattica difensiva, e che ormai è diventato un’ossessione tipica italiana; vedere le ultime partite dell’Inter spallettiana con questo stucchevole giro palla orizzontale che permetteva alle difese di schierarsi e compattarsi a ridosso dell’area, aggiunto alla scarsa brillantezza attuale dei singoli che non erano in grado di vincere i duelli, ne è a mio parere la prova lampante.

“La Juventus non gioca bene”, tuona la stampa e i tifosi più esigenti, perché? Forse perché ottimizza le risorse a disposizione, rosa sconfinate e di qualità superiore, rinunciando spesso ad avere il possesso e soffrendo un minimo in difesa? O forse perché dovrebbe seppellire di gol gli avversari visto il gap con il resto delle contendenti?
A mio avviso sono le classiche chiacchiere da bar, Allegri sa bene che l’organizzazione difensiva sta alla base delle vittorie e che la qualità dei suoi giocatori offensivi farà, prima o poi, saltare il tappo di champagne, senza trascurare che visti i numerosi impegni stagionali una gestione oculata delle energie può essere un fattore.

L’Inter del Triplete, poi, faceva, oltre che della sua difesa granitica, del contropiede e del sacrificio degli attaccanti un dogma, quando dopo la qualificazione ottenuta a Barcellona fecero notare a Mou che l’Inter era stata surclassata nelle percentuali di possesso palla, lui rispose che i suoi giocatori avevano sbagliato e che avrebbero dovuto lasciare ancora di più la palla ai catalani, per non parlare del Milan di Capello che aveva addirittura trasformato uno stopper, consentitemi il termine ormai desueto, in centrocampista centrale per avere un ulteriore schermo difensivo.

Nei potrei citare molte squadre che hanno espresso un gioco vincente esaltando la fase difensiva e affidandosi alle ripartenze veloci e altre che hanno lo hanno espresso avendo il dominio del campo attraverso il possesso palla, ma in tutti i casi erano accomunati dalla presenza di grandi campioni.

Indubbiamente i grandi campioni sono importanti in ogni tipo di interpretazione del calcio, ma in quella basata sul possesso palla li reputo fondamentali per il raggiungimento dei risultati.

Con questo non voglio dire quale sia la ricetta e che squadre dal gioco verticale e piacevole come l’Atalanta o il Genoa di Gasperini e il Foggia di Zeman siano più belle della Juve del Trap e della mitica Italia di Bearzot anziché dell’Olanda di Cruyff e del Brasile di Pelè, penso solo che lo scopo di una partita di calcio sia quello di segnare un gol in più dell’avversario, ed ogni tattica e metodo lecito per raggiungere tale obbiettivo esaltando il collettivo a disposizione, sia la risposta giusta, in fondo la bellezza è una percezione molto soggettiva.

Quindi, a mio avviso, sia esso un boccale cesellato in oro o un umile coppa di legno non importa, è il nettare che contiene: LA VITTORIA che li trasforma nel SACRO GRALL.