Il calcio non è per femminucce, esattamente come la danza classica non è per i maschiacci.
Ma dire che il calcio non è per femminucce non è un attacco alle donne, non vuol dire che le donne non possano giocare a questo sport (per quanto se non lo facessero gliene saremmo tutti grati, considerata la pochezza tecnica delle loro partite). Vuol dire soltanto che non è compatibile con uno sport dai corpo a corpo frequentissimi, e spesso assai rudi, colui o colei il quale, troppo ingentilitosi nei modi, si rifiuti di scendere in campo senza adeguarsi allo spirito del giuoco.

Forse che frati e monaci si sono mai minimamente indispettiti in ragione dell'appellativo di abatino con cui Brera aveva ribattezzato il 10 storico del Milan? Esistono parole, in effetti un'infinità, che nel corso del tempo si sono trasformate in figure retoriche ampiamente condivise e accettate, non più disponibili ad una interpretazione puramente letterale.

Uomini e donne non sono la medesima, identica cosa. Per fortuna. Non vi è una singola cellula del nostro corpo che non porti marchiato a fuoco il segno distintivo del genere sessuale dell'essere umano che la ospita. Per fortuna.

Uomini e donne, pur al netto di educazioni di stampo spesso molto diverso e che certamente contribuiscono alla loro successiva differenziazione, si riconoscono l'un l'altro per talune specifiche e irriducibili peculiarità che sono anche le ragioni fondanti della loro reciproca attrazione: vale a dire - molto schematizzando - una maggiore dolcezza da una parte, una maggiore aggressività da quell'altra. E' (anche) una questione di geni, non soltanto di imprinting, come invece baldanzosa afferma l'ideologia dei nostri tempi, incurante della realtà come ogni altra ideologia.

Così come l'aggettivo maschiaccio, al quale immediatamente ciascuno di noi associa giammai un tipo di insulto rivolto agli uomini, quanto piuttosto il carattere di una donna dai modi spicci e alquanto inurbani, anche l'aggettivo femminuccia non richiama per nulla l'idea della donna in generale, quanto piuttosto qualcuno - maschio o femmina non ha importanza - i cui tratti distintivi sono soprattutto una poco marcata vocazione all'ardimento e al coraggio.

D'altronde, nessuno di noi è alla nascita un libro bianco. Recenti sviluppi nel campo dell'etologia hanno portato alla luce differenze di genere già presenti in cuccioli di soli pochi minuti di vita. Per esempio in cuccioli di pulcino, che appena nati tendono a preferire oggetti dai colori rosa o comunque più chiari nel caso delle femmine, e viceversa dai colori più scuri nel caso dei maschi, ma gli esempi sarebbero innumerevoli.

Le donne che si sentono offese dal ciclico ritorno in auge dell'aggettivo femminuccia, temono il segreto proposito della società dei maschi di voler, mediante la manipolazione del linguaggio, la manipolazione anche del loro destino, per segregarle entro i limiti angusti di un determinato carattere così da intralciarne ogni autentica libertà.

Mentre in realtà un percorso saggio davvero emancipativo dovrebbe tendere verso una traiettoria esattamente opposta a quella intrapresa, lungo la quale i richiami evocativi del linguaggio, cioè della storia, quindi della natura più profonda, rappresentano invece che i segni ostili del nemico di cui diffidare, le indicazioni generose di una verità da cui sarebbe auspicabile non prescindere.


Dialm Formurder