Negli ultimi giorni diverse scosse di assestamento hanno smosso il pianeta Juve. La precoce eliminazione dalla Champions ha reso palese e urgente la necessità di repentini cambiamenti. L'esonero di Sarri non si è fatto attendere, le voci di un possibile avvicendamento Paratici-Cherubini a capo dell'area tecnica nemmeno; l'addio di Matuidi è il simbolo della cesura con il passato e della corsa contro il tempo per svecchiare una delle rose più "esperte" d'Europa, sulla scorta dei dettami presidenziali. Ma è soprattutto la scelta del nuovo allenatore a mettere in campo la questione scottante: quello che verrà sarà l'anno più complesso della gestione Agnelli.

Alle radici del cambiamento

Il 30 settembre 2018, giorno della vittoria per 3-1 contro il Napoli allo Stadium, ai microfoni di Sky, l'allora amministratore delegato della Juventus, Beppe Marotta, annunciava contrito l'addio ai colori bianconeri, preludio al trasferimento in casa interista. Una scelta, si raccontava, determinata dalle diversità di vedute in relazione all'acquisto di Cristiano Ronaldo (osteggiato dal dirigente varesino, avallato e promosso dal presidente Agnelli e condotto in porto dall'allora direttore sportivo Fabio Paratici). Il presidente avrebbe poi deciso di non sostituire uno dei principali artefici del settennato di scudetti, bensì di assegnare a Paratici il ben più prestigioso e comprensivo ruolo di CFO e di premiare il fidatissimo vicepresidente Pavel Nedved accrescendone le responsabilità direttive. La decisione di non dotarsi di un nuovo direttore generale, di un uomo navigato che potesse sostituire Marotta in un ruolo a forte dominante "politica" (quella stessa politica del pallone sul cui versante - ironia della sorte - il Conte interista sta continuamente puntellando il suo nuovo-vecchio dirigente), è passata sotto silenzio, quando invece è il preludio a tutto quanto sarebbe poi accaduto nella stagione successiva e sta avvenendo in quella attuale. Si tratta infatti di una scelta quasi "filosofica", e il termine non paia inappropriato: è proprio la filosofia, fin dai tempi di Platone, a mettere in campo per prima l'annosa e spinosissima dialettica tra politici e tecnici, tra mestieranti dei salotti del potere (chi insomma fa della politica una professione) e stachanovisti dalle "mani in pasta", meno "sgamati" quando si tratta di governance ma a diretto contatto con l'officina. La scelta di Agnelli va decisamente a premiare un "tecnico" come Paratici, e in questo senso ricorda da molto vicino quella operata in Ferrari da suo cugino John Elkann appena 3 mesi dopo, l'allontanamento di Maurizio Arrivabene e la promozione di Mattia Binotto. Una decisione che inoltre va nella direzione di un "dimagrimento", di un alleggerimento dell'organigramma, e in questo avvicina la Juventus ad altre società italiane (Napoli, Lazio), e la differenzia da altre come Inter, Milan o Roma, colme di figure dirigenziali stanziate e operanti a vari livelli. Una scelta vincente? I plurimi e gravi errori commessi nel mercato estivo 2019, e soprattutto l'ormai sbugiardata nomina a tecnico di Sarri, ci farebbero sbilanciare per il "no".

Un mercato che assomiglia ad un puzzle

Il prossimo mercato offrirà tuttavia una risposta più puntuale. Non che si tratti di una campagna acquisti di facile decifrazione, tutt'altro. Oltre alle difficoltà oggettive poste dalla situazione finanziaria internazionale (urgono scambi), si aggiungono, nel caso contingente della Juventus, la necessità di una rifondazione generazionale e quella di mettere delle toppe a scelte del recente passato che, per usare un gioco di parole e al tempo stesso un eufemismo, paiono "toppate". In questo campo minato, Paratici si dovrà muovere, di concerto con il neo-allenatore Pirlo, come il più minuzioso dei mosaicisti, come l'autore di un puzzle. Vale a dire: se Arthur giocherà da mezzala sinistra, allora occorrerà forse un centromediano; se Bentancur agirà al centro, occorrerà acquistare una mezzala destra che rimpiazzi Khedira; se Kulusevski si muoverà sulle zolle che ora competono a Bernardeschi, forse non servirà sostituire il massese, altrimenti si dovrà cercare un nuovo innesto; se Cuadrado verrà avanzato dalla posizione di terzino, dovrà essere rimpiazzato. E ho citato solo quattro situazioni, quattro casi da manuale, avrei potuto proseguire oltre. Insomma, un compito molto arduo e delicato.

Possibili sviluppi

Tutti questi discorsi, perdipiù, sono stati finora condotti senza fare i conti con l'oste, con il convitato di pietra della Continassa: CR7. Se, come pare, dovesse rimanere in quel di Torino ancora per un anno, è comunque verosimile che in caso di risultati deludenti, soprattutto in Champions League - ma si consideri anche che, per uno con la fame di trofei del portoghese, le sconfitte di Coppa Italia e Supercoppa non saranno state ferite facili da rimarginare - la prossima estate il penta-pallone d'Oro possa salutare la compagnia bianconera per approdare su altri lidi. Lascerebbe un vuoto, di personalità e di gol, ma al tempo stesso lascerebbe in dote un risparmio economico non indifferente. Nel frattempo, la scelta di Pirlo istituisce una netta discontinuità rispetto a quella di Sarri: non tanto sotto il profilo tecnico (ancóra ingiudicabile, dato il numero "zero" alla voce esperienze del curriculum), quanto sotto quello del suo autore, dato che, se era chiaro a tutti come Sarri fosse un nome uscito dal cilindro di Paratici e Nedved (soprattutto quest'ultimo, poco propenso alla permanenza di Allegri), è altrettanto palese che il tecnico bresciano sia un'emanazione del presidente. L'eventuale insuccesso di questo mercato estivo, sommandosi agli errori sopraelencati, porterebbe quasi ineluttabilmente all'addio di Paratici (licenziamento? dimissioni?). Quello della guida tecnica porterebbe invece Agnelli a serie valutazioni su altri fronti: anzitutto, potrebbe preludere all'ingaggio di un allenatore di respiro mondiale, il vero investimento in grado di chiudere il cerchio aperto due anni fa con l'arruolamento di Ronaldo, e poi, probabilmente, l'arrivo di un dirigente di lungo corso (si fa il nome di Braida) in grado di rimpiazzare Marotta a due anni di distanza dall'addio (un passo indietro rispetto alla presa di posizione quasi "filosofica" di cui prima). Si tratta di mere ipotesi, ma una cosa mi pare chiara: quello che prenderà il via tra poco più di due settimane sarà l'anno più difficile di Andrea Agnelli da presidente della Juventus, un anno di decisioni forti, di rischi da correre e di scommesse da vincere, pena un cambiamento ancor più radicale di quello in corso.