La buona sorte e la lungimiranza tedesca hanno permesso alla Bundesliga di riaprire i battenti, prima fra tutti i campionati, nel weekend del 16 di maggio. L’attenzione di tutti i calciofili europei – e non solo – in astinenza ormai da due mesi, si è inevitabilmente focalizzata su füssballandia. E i più attenti non avranno mancato di riconoscere svariati aspetti di interesse in un panorama spesso erroneamente sottovalutato.

Nomi da seguire
Parto dall’aspetto più succoso: i profili da tenere d’occhio, dai più glamour ai meno conosciuti. Nessuna sorpresa né novità nel rendimento delle superstar: Lewandowski, Haaland, Werner e Havertz non hanno deluso le aspettative. Vorrei soffermarmi tuttavia un istante su quest’ultimo: nasce mezzala, cresce trequartista/mezzapunta, ora è, quasi stabilmente, un numero 9. Il fiuto del gol, la giovane età, la tecnica garantiscono per lui, ma temo che prima di vederlo all’opera – e da protagonista – in una big europea dovremo attendere chiarificazioni in merito al suo ruolo e, probabilmente, anche un irrobustimento fisico. Mi concentrerei ora su nomi più di nicchia. Sono rimasto felicemente sorpreso dall’organizzazione di gioco che l’austriaco Oliver Glasner ha trasmesso al suo Wolfsburg, non a caso ancora in corsa per la qualificazione ai quarti di Europa League. Nei Lupi inoltre spiccano alcuni ottimi e giovani prospetti: il terzino Roussillon, il centrocampista Renato Steffen, ma soprattutto l’illuminante Maximilian Arnold – 23 anni, un ottimo piede, calcia angoli e punizioni e sventaglia come pochi da una parte all’altra del campo. Sempre a proposito di punizioni: impressionante la precisione e il numero di assist stagionali della guida dell’Augsburg, Philipp Max. Per chiudere il capitolo centrocampo, altri tre nomi da appuntarsi: Florian Neuhaus, giovane regista del Borussia Mönchengladbach già attenzionato dal Milan; Konrad Laimer, austriaco del Lipsia (vedere l’assist a Nkunku contro il Mainz per credere); Mahmoud Dahoud e il più esperto Thomas Delaney (Borussia Dortmund), fisico e tecnica al servizio del centrocampo giallonero.
In attacco, oltre ai nomi già menzionati, segnalo Florian Wirtz, da poco diventato il più giovane marcatore della storia del campionato, un 2003 che farà gola a molti di qui a molto presto, e Christoph Baumgartner, giovane attaccante dell’Hoffenheim già assai prolifico e dotato di una buona visione di gioco, a dispetto di una stazza non esattamente mastodontica. A proposito di Hoffenheim, il leader della salita in A di 9 anni fa, Vedad Ibišević, all’Hertha sta vivendo una seconda giovinezza e sta mostrando che in un campionato dominato da giovani promesse i veterani non deludono. Per concludere sul reparto offensivo, i tanti sponsor del francesino Marcus Thuram non si sbagliano: oltre allo strapotere fisico, la pantera nata in quel di Parma possiede anche un ottimo senso della posizione e tecnica.

Le squadre
Chi mi ha stupito di più? Mainz e Friburgo. Non i nomi che ci si attenderebbe, certo non due squadre spettacolari né tantomeno perfette. Il Mainz stupisce per la straordinaria abilità nel dilapidare la qualità, l’abilità di corsa, la tecnica che si ritrova in attacco attraverso lo scarso cinismo e l’impreparazione difensiva. Parecchi i profili interessanti in attacco, dal più noto – ed ex-Palermo – Robin Quaison a Mateta, da Oztunali a Onisiwo, da Kunde a Boetius; gli errori difensivi, invece, da mostrare nelle scuole calcio sotto il titolo “cose da non fare”. Emblematica la partita con l’Hoffenheim (terminata 1-0 per quelli di Sinsheim): un proliferare di azioni offensive senza risoluzione e due errori – ma macroscopici e, a dirla tutta, comici, come i due centrali che si scontrano abbattendosi l’un l’altro – nella propria area. Capitolo Friburgo: la squadra di Streich non eccelle invece in nessun reparto, è anzi abbastanza mediocre in quanto a qualità media, ma la compattezza e il rigorismo difensivo le permettono di subire pochi gol e segnarne il necessario (soprattutto grazie a Nils Petersen), e dunque di trovarsi con merito a ridosso della zona-Europa. Detto ciò, il confronto tra Bayern Monaco e avversarie è parso, una volta di più, impari: la superiore qualità, profondità della rosa, intelligenza tattica nella gestione dei match (un plauso a Flick) lo rendono impareggiabile. La partita più attesa dopo la ripresa, quella del Signal-Induna Park contro gli inseguitori del Dortmund, è un esempio da manuale: tranquillità degna di un bue placido e solingo che, destato dalle mosche giallonere, reagisce e stana in un istante, e senza troppa fatica, i tentativi di comprometterne la serenità – leggesi primato in classifica e Meisterschäle. Ecco appunto, il Borussia Dortmund. La squadra di Lucien Favre ha mostrato una volta di più di essere una vetrina di campioni in erba e di calcio-champagne, senza tuttavia la capacità di incidere sulla lunga distanza, di conservare la concentrazione per i novanta minuti e di essere cinica quando occorre. Queste caratteristiche sono condivise anche da un’altra big, ancora più discontinua, anzi proverbialmente discontinua, come il Bayer Leverkusen. Casi come quello dei gialloneri e delle aspirine dimostrano che il tentativo guardioliano – anticipato qualche anno prima da Ralf Rangnick – di trasformare il calcio tedesco attraverso l’arma dello spettacolo ha sì attecchito, ma perlopiù dando luogo a copie malriuscite e inefficaci. Vie di mezzo più evolute sono sicuramente il Lipsia di Julian Nagelsmann e il Borussia Mönchengladbach di Marco Rose.

Scelte
In ultima istanza, il giudizio sulla qualità media del campionato è sicuramente positivo, e non mi stupirei se, anche giovandosi di questa precoce ripresa e di un calendario meno affannato di altri, le squadre tedesche riscuotessero grande successo nella fase conclusiva delle coppe europee (in particolare per quanto riguarda un Bayern Monaco che considero favorito per la vittoria della Champions League). Molte le scelte che appaiono vincenti. Quella di puntare sui giovani, innanzitutto. Dunque, quella di investire molto sulla crescita esponenziale del calcio – allenatori e giocatori – mitteleuropeo (austriaco e svizzero). E infine quella di ricominciare prima degli altri, in assenza di certezze, scommettendo sulla possibilità di aprire una strada all’intero movimento, attirando attenzioni e denaro (non fa mai male). Ma soprattutto scelte calibrate, operate da società organizzate e dotate di una programmazione di largo respiro, improntata al medio-lungo termine; in questo la Red Bull ha fatto e continuerà a fare scuola, estendendo – si spera il più possibile - un modello coerente, lungimirante e di successo.
Insomma, la Bundesliga ha molto da insegnarci, basta voler imparare.