2000. La mia carta d'identità parla chiaro: faccio parte a pieno titolo di quella che i sociologi chiamano generazione z. Chissà se un giorno gli studiosi del fútbol applicheranno invece l'etichetta che chi vi scrive si trova qui immodestamente a proporvi, e cioé generazione PlayStationLe considerazioni che seguono sono a base empirica, e pertanto fallibili, ma credo contengano un certo tasso di corrispondenza al vero.

Un eterno highlight 
L'espressione è presa a prestito da un articolo di Jvan Sica, nome nuovo del giornalismo italiano. Sica sostiene -impossibile dargli torto- che la modalità fruitiva più in voga oggi tra quelle relative a contenuti sportivi siano gli highlights. Utilizzata per la prima volta dal lessico televisivo, questa espressione designa i momenti salienti di un match - gol, giocate, azioni pericolose, parate - e oggi è diventata appannaggio di canali come Youtube. Con mia grande sorpresa, ho scoperto col tempo di essere rimasto uno dei pochissimi, tra i miei coetanei, a riuscire a guardare una partita di calcio per intero; la maggior parte predilige le sintesi. D'accordo: spesso le partite, soprattutto quando sono, come si suol dire, "bloccate", sono difficili da sopportare, e può accadere che alcune di esse non ci coinvolgano direttamente come tifosi. Eppure noto che il fenomeno si allarghi anche a molti tifosi accaniti. 

Cultori delle skills 
Come spiegarlo dunque? Immediata l'associazione con le partite dei videogiochi, il cui tempo effettivo oscilla, a seconda delle impostazioni selezionate, dai 5 ai 15 minuti, e cioè al massimo 1/6 dei 90 e passa minuti di una partita reale. Ma l'associazione calcio reale-PlayStation non si arresta qui: si sentono infatti sempre più spesso calciatori che dichiarano di aver appreso un particolare gesto tecnico dalla visione - e dai conseguenti tentativi di imitazione - di video di campioni del passato e del presente, come quelli che mostrano i dribbling di Ronaldo, i doppi passi di CR7, i tunnel di Ronaldinho. Insomma, quelli che nel gergo dei gamer sono chiamate skills, elemento tenuto in massima considerazione nella scelta dei players da far scendere in campo nella realtà virtuale. Il prototipo dello skill-calciatore è, al giorno d'oggi, Neymar, ma venendo alla generazione z impossibile non fare il nome del giallonero Jadon Sancho, 2000 in rampa di lancio e in odore di Real Madrid. 

Conseguenze
Non stupisce notare come col tempo vadano sempre più ingrossandosi le fila dei patiti della NBA: lì tutto è skill, tutto è highlight, tutto è, in una parola, spettacolo. Siamo destinati ad avere generazioni di ali funamboliche, filiformi,  abili nei virtuosismi, anche in quelli solipsistici e inutili, con una scarsa propensione per il gol? E specie come i mediani d'antan, o di centraloni rustici, rocciosi, alla Pietro Vierchowod, sono destinate all'estinzione? Ai posteri l'ardua sentenza.
Ma quel che è certo è che stiamo vivendo un grande cambiamento nelle modalità di approccio a questo sport, e non è da escludere che questo ci possa portare a conseguenze inattese: modifiche regolamentari, nuove frontiere tattiche, nuovi approcci anche da parte dei broadcaster. 
Ne sarà valsa la pena?