Tanto comunque andrà sarà un successo.
Riassunto in una frase presa in prestito da Tommaso Paradiso, questo è grosso modo il mio stato d’animo che provo quando vedo in questo periodo le partite della Nazionale Italiana di Calcio, o quando ne sento parlare nei vari programmi sportivi, oppure quando, più semplicemente, ci penso. Questo per tanti motivi. Tanto per cominciare quando una squadra nazionale riesce ad abbattere un record longevo di 82 anni (30 risultati utili di fila) appartenuto niente poco di meno che all’unico allenatore capace di vincere due Mondiali di Calcio consecutivi (Pozzo) merita già di per sé ampissime lodi e al suo allenatore un posto d’onore nella storia del calcio nazionale. Per di più la freschezza e il senso di leggerezza che mi trasmettono questi ragazzi risultano essere tanto più corroboranti se si pensa che giungono al termine di un periodo molto buio, come sappiamo dovuto al Covid, in cui c’è finalmente voglia, tra le altre cose, di sostenere la propria squadra, di tifare, di palpitare davanti alla TV, di esultare. Sì, ma di farlo senza isterismi, senza pressioni, senza fare troppi calcoli e pensieri negativi, appunto, comunque andrà sarà un successo. Sono lontani gli anni ’90 e gli anni 2000 quando ci sentivamo ripetere 10 volte al giorno che “La Serie A è il campionato più bello del Mondo”, oppure che “Quando l’Italia affronta una manifestazione internazionale deve per forza partire tra le favorite”. No, quei tempi sono lontani, negli ultimi 20 anni la forza e l’appeal del nostro campionato sono diminuiti e ne ha risentito anche la Nazionale, al punto di subire l’onta della clamorosa eliminazione per mano della Svezia che ci ha fatto vedere i mondiali di Russia 2018 da casa. Da allora abbiamo fatto tutti finalmente un bagno di umiltà, ed è proprio questa umiltà la prima caratteristica che Mancini ha utilizzato per plasmare il suo gruppo, le altre caratteristiche sono la grande voglia di arrivare che hanno questi ragazzi scelti dal Mancio. In pratica la bravura del nostro ct è quella di aver saputo conciliare la freschezza e la leggerezza di questo gruppo con la fame di vittoria.

Tuttavia le caratteristiche di questa squadra mi fanno pensare a due illustri personaggi che hanno attraversato il nostro panorama calcistico lasciando orme molto profonde e durature, anzi il secondo è ancora in attività; insomma per quanto paradossale possa sembrare, questa Nazionale mi sembra far rivivere lo spirito di due grandi allenatori: Vujadin Boskov per quanto riguarda lo spirito del gruppo e Zdenek Zeman per quanto riguarda il gioco e la tattica.
Per quanto riguarda il primo è facile capire il perché: Boskov è stato allenatore della Sampdoria e di Mancini per 6 anni, in cui ha vinto molto e pure perso tanto, Vujadin era uomo dotato di grandissimo carisma, personalità, intelligenza e ovviamente umorismo, fine psicologo, allenatore prima di uomini poi di calciatori, i suoi aforismi sono ormai leggendari. Il suo punto di forza alla Sampdoria è stato quello di costituire un gruppo di grandi uomini, laddove il rapporto mister/calciatore si sovrapponeva a quello padre/figlio, e grazie a ciò la squadra ha raccolto numerosi successi di prestigio tra cui la Coppa Coppe nel 90, lo Scudetto nel 91, fino addirittura a sfiorare l’apogeo assoluto per un club di calcio nella finale di Coppa Campioni di Wembley, sogno infranto dal missile a 188 Km/h di Rambo Koeman dopo un presunto e inesistente fallo di Invernizzi (a proposito, dove si gioca la finale degli europei?). Quelli sono stati sicuramente gli anni più belli del Mancini calciatore e probabilmente quelli in cui ha iniziato a maturare l’idea di allenare un giorno, potendo godere giornalmente degli insegnamenti di Vuja. Non è un caso che nello staff tecnico della Nazionale oggi ci sono altri protagonisti di quella Samp, come Vialli, Lombardo ed Evani, insomma il grande gruppo è iniziato dal mettere in piedi prima uno staff tecnico composto di amici fraterni, uomini veri ed esperti allenatori di calcio. Non a caso in conseguenza di ciò questa squadra è quella che più di ogni Nazionale del passato esprime un gioco corale, paragonabile, anzi in molti casi superiore, ad un gioco che può esprimere un Club, e di qui non a caso sono arrivati i record.

Il motivo per cui poi questa Giovine Italia mi ricorda poi il Boemo è prevalentemente a livello tattico, il 433 di Mancini si avvicina parecchio a quello del primo in alcune situazioni di gioco, posto che ovviamente il calcio di Zeman è unico, irripetibile, forse anacronistico, ma non può essere riprodotto da alcuno; il 433 di Zeman è un urlo forte che inneggia all’estetica del calcio, è la tenaglia che spezza le catene, culturalmente è figlio di quella generazione che intese realizzare la Primavera di Praga per spezzare anch’essa le dure e pesanti catene del regime comunista. Tanto per cominciare Mancini ha ripreso da Zeman la filosofia di condurre il gioco e di attaccare, Zeman infatti ha sempre sostenuto che i giocatori preferiscono attaccare che difendere, e pure questa Nazionale mi pare espressamente ispirata a tale credo, giocatori come Spinazzola, Florenzi, Locatelli o Verratti preferiscono di gran lunga aggredire gli avversari e tagliare le linee nemiche che difendere. Alcuni schemi poi si avvicinano molto a quelli di Zeman, come ad esempio la costruzione dal basso, i terzini che spingono, gli interni di centrocampo che si inseriscono a turno, i triangoli volanti, i lanci del play verso le punte; ma ovviamente ci sono anche delle differenze, ad esempio i tagli delle punte non sono così frequenti, la difesa non è così alta come quella di Zeman, e soprattutto Mancini preferisce tenere più la palla (vedi ad esempio quando giocano insieme​ Jorginho e Verratti) e gioca con le punte a piedi invertiti (ormai pare che sia diventato un dogma imprescindibile del calcio moderno). Un altro importante motivo di similitudine con Zeman è la presenza in Nazionale dei tre maggiori artefici di Zemanlandia a Pescara, ovvero Immobile, Insigne e Verratti; mi sono sempre chiesto se furono i tre talentosi ragazzi a fare la fortuna di Zeman e di quel Pescara o viceversa, ma tant’è che nell’anno di grazia 2011-2012 in riva all’Adriatico abbiamo assistito (compreso il sottoscritto!) ad un gioco che mai si è visto sui campi di serie B. E vi posso assicurare che l’intesa e la complicità che è nata allora tra i tre giocatori in campo si nota anche oggi ad anni di distanza quando indossano la maglia azzurra.

Per concludere, alla luce di quanto detto, proseguiamo questo cammino con fiducia, accettando di buon grado i risultati che i nostri ragazzi raggiungeranno e senza fare drammi se dovessimo uscire per mano ad esempio di Belgio ai quarti, Germania o Francia in semifinale, o perdere la finale. Tanto comunque andrà sarà un successo. Anzi, dopo aver citato due grandi maestri del pallone, non posso che chiudere con una simpatica frase di Boskov: “Se uomo ama donna più di birra gelata davanti a tv con finale Champions forse vero amore, ma non vero uomo”.
Ecco, speriamo davvero che questi veri uomini ci portino a Wembley in finale, quanto alla birra… ci pensiamo noi!
Forza Azzurri!