Premettiamo che se uno è tifoso della Juve, come me ad esempio, in questo preciso momento non possa che essere almeno in parte triste o deluso della separazione tra Juve e Dybala. Infatti questo commiato della Juve all’argentino arriva al termine di una bruttissima stagione, in cui la squadra non è mai riuscita a competere per le massime posizioni in campionato, in cui per la prima volta da dieci anni a questa parte non è stato alzato nessun trofeo, per cui perdere anche il giocatore più forte tecnicamente, l’unico in grado di riempire gli occhi di noi tifosi con le sue giocate, per di più senza ancora scorgere all’orizzonte un adeguato sostituto, trasmette a me come a molti tifosi un discreto senso di frustrazione, è inevitabile.
A questo punto ognuno di noi, juventino o no, può trarre le proprie conclusioni, soprattutto decidere da che parte stare, se dalla parte del Club o dalla parte del giocatore, questo è uno degli argomenti sportivi più in voga nei bar, compreso il mio. Io personalmente dopo aver valutato gli anni juventini di Dybala, mi schiero dalla parte della società, e adesso elencherò le mie motivazioni.

Inizio subito col dire che ogniqualvolta ho sentito parlare di tale argomento e della stucchevole querelle relativa al rinnovo del contratto mi è sempre venuto spontaneo tornare indietro all’estate famosa del 2006 quando, dopo la sbornia per la conquista del Mondiale, noi tifosi juventini piombammo con la nostra Squadra nell’incubo della serie B. Ormai è storia e tutti lo sanno, ma ci furono molti giocatori di quella squadra che scelsero di rimanere anche nella serie cadetta; tra l’altro non è che parliamo di giocatori “normali”, di mestieranti del calcio, o di buoni giocatori di passaggio, ma parliamo di giocatori immensi, che hanno dato tantissimo alla Juve in particolare e al calcio in generale e soprattutto gente che ha vinto. E tanto pure. Parlo di Del Piero, Buffon, Camoranesi, Nedved, Trezeguet. Cinque campioni, che da campioni del mondo o vice si sono ridotti lo stipendio, in più si sono tolti il vestito delle grandi occasioni e hanno indossato la tuta da operaio per scendere in B e riportare Madama là dove merita, ossia in testa alla Serie A e protagonista in Champions.
Mi viene subito in mente questo perché dopo 16 anni pare che siano passati dei secoli, l’episodio appenda descritto di cinque campioni che per amore della Juve l’hanno seguita in B per amore della maglia, alla luce del calcio che stiamo vivendo oggi, sembra quasi un episodio del Risorgimento, un qualcosa di leggendario e lontanissimo da noi, quasi di incomprensibile. Invece è successo solo 16 anni fa!
Oggi invece è tutto cambiato, l’amore per la maglia non esiste più, di bandiere nemmeno l’ombra, e capita che anche Dybala sia un figlio del suo tempo. Tempo in cui i governatori del Calcio sono i procuratori. Poco importa se negli ultimi anni il rendimento della Joya sia calato e nelle ultime quattro solo in una stagione è andato in doppia cifra. Poco importa se lo stesso ha avuto una serie interminabile di infortuni tali da farlo giocare pochissimo. Poco importa se da due anni c’è il Covid e i Club di calcio hanno visto diminuire drasticamente i loro introiti. Poco importa infine se il ragazzo porta la 10 sulle spalle, numero che dovrebbe essere mitico, che si consegna solo ai più talentuosi e ai condottieri. Ma niente da fare, nonostante tutto ciò il ragazzo gioca lo stesso al rialzo, vuole sempre di più e ha perciò iniziato il braccio di ferro economico con la società che ha portato alla separazione.

Passiamo poi agli aspetti tecnici e tattici: come detto Dybala sin dalle sue prime partite ha mostrato grandissime qualità che hanno fatto subito innamorare noi tifosi unite a importanti numeri in termini di gol realizzati e voti in pagella. Tuttavia, si sono cominciati anche a palesare i suoi limiti tattici e soprattutto di personalità. Io personalmente credo che l’argentino sia stato l’acquisto ideale a suo tempo per la Juve, una squadra che al momento dell’arrivo dell’argentino veniva da 4 scudetti di fila e da una finale di Champions, dominante in Italia e che infatti avrebbe vinto altri 5 scudetti, abituata a giocare quasi sempre nelle metà campo avversarie e ad affrontare avversari che erano costretti a difendere. Ebbene Dybala capitava a meraviglia in quel contesto poiché, trovando il più delle volte avversari arroccati in difesa, grazie alla sua tecnica sopraffina abbinata a una incredibile velocità di esecuzione e di pensiero, ha spesso fatto da apriscatole e infatti molti dei suoi gol sono stati gli 1-0 iniziali che sbloccavano le partite. Al contrario poi Dybala ha spesso trovato difficoltà in alte situazioni di gioco come quando occorreva mantenere alta la palla e far salire la squadra oppure durante partite caratterizzate da elevato agonismo. Non è un caso che il declino della Joya sia arrivato negli ultimi due anni, guarda caso coinciso con il declino della squadra che non è stata più dominate come in precedenza, ma essendo costretta a giocare alla pari con le altre squadre, il valore aggiunto dell’argentino si è perso. In ragione di ciò ritengo che la futura squadra di Dybala debba essere un team forte e avvezzo a comandare nel proprio campionato, come ad esempio Bayern, PSG, Manchester City, già in squadre come Barcellona o Inter lo immagino faticare di più.

Infine veniamo all’aspetto caratteriale, sicuramente il più deficitario per quanto riguarda l’argentino. Da uno che indossa la 10, perdipiù in un Club come quello juventino dove quella maglia è stata indossata da grandissimi campioni, tutti ci saremmo aspettati maggiore leadership, maggiore capacità di guidare la squadra nei momenti difficili per invertire la rotta, il Diez dev’essere quel giocatore verso cui i compagni rivolgono lo sguardo durante la partita per vedere in quegli occhi sicurezza e certezza nel raggiungimento della vittoria. Così accadeva quando la 10 bianconera era indossata da Sivori, da Platini, Baggio e da Del Piero, giocatori trascinanti, veri leader. Purtroppo Dybala va collocato ben al di sotto dei suoi predecessori, più che un leader l’ho visto spesso in mezzo al campo come la ciliegina sulla torta di una grande squadra, il suo fiore all’occhiello, il gioello più pregiato forse, ma mai l’ho visto in grado di assumersi i pesanti oneri che quel numero comporta. Non ci sono infatti dubbi che l’aspetto caratteriale del giocatore abbia influito più della sua forma fisica negli anni juventini. Per averne una dimostrazione basti pensare che le prestazioni migliore e peggiore di Dybala in bianconero sono avvenute l’una a distanza di un mese e mezzo dall’altra; la prima è stata nel 3-0 contro il Barcellona, andata dei quarti della Champions 2017, prestazione sontuosa, sfoggio di tecnica, ferocia agonistica e gran freddezza sottoporta, tanto che si scomodò l’arduo paragone con il suo più famoso connazionale che vestiva la 10 azulgrana; la seconda è arrivata in finale di quella stessa Champions contro il Real: risultato non pervenuto, se andiamo a vedere gli highligths di 8 minuti di quella partita, Dybala lo si vede solo all’inizio, alla presentazione delle formazioni in campo, poi niente, zero, buio totale, la tensione, la paura e Casemiro lo stritolarono.

Adesso siamo dispiaciuti perché chi più chi meno abbiamo tutti la sensazione che ci avresti potuto dare qualcosa di più e meritare un posto più alto nell’olimpo bianconero, ma va comunque bene così.
Come avrebbe detto De Andrè “Io mi dico è stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati”.

Grazie Paulo