6 vittorie su 6, 20 gol segnati e 5 subiti: questo è il bottino dell'Ajax in un girone di Champions a dir poco dominato. Aldilà dei numeri, spicca il gioco spumeggiante dei lancieri: mentalità offensiva, passaggi rapidi, inserimenti e partecipazione corale alla manovra. Non è una novità: l'Ajax gioca così da sempre, questo è il suo DNA e non ci sarà niente e nessuno che possa cambiarlo.

Molti hanno iniziato a seguire con passione e perché no, anche a sostenere i lancieri nell'edizione 2018-19 della Champions League, in cui eliminarono con grande merito il Real Madrid agli ottavi e la Juventus ai quarti, per poi fermarsi in semifinale contro il Tottenham, quando avanti 2-0 persero 3-2 subendo il gol decisivo al 96'. L'Ajax giocava in modo divino, proprio come oggi, ma all'epoca aveva in rosa dei giocatori che si sono rivelati di livello mondiale: de Ligt, de Jong, van de Beek (oggi inutilizzato dal Manchester United) e Ziyech. Nel giro di un anno, la società olandese ha incassato quasi 250 milioni complessivi dalle cessioni di questi 4 giocatori. Soldi che in parte sono stati reinvestiti sul mercato con acquisti mirati e funzionali al gioco dell'allenatore, ma sono stati spesi anche per rinnovare le infrastrutture e il settore giovanile.

Proprio questo è il segreto del mondo Ajax: privarsi dei migliori giocatori non è un problema, intanto perché vengono venduti a caro prezzo, ma soprattutto perché dalla primavera nel giro di poco tempo sbocceranno nuovi talenti, che presto saranno inseriti in prima squadra e non faranno rimpiangere quelli appena ceduti. Oggi infatti, al posto di de Ligt, de Jong, van de Beek e Ziyech, l'Ajax può contare su Timber, Rensch, Gravenberch e Danilo, tutti cresciuti nel vivaio: non è escluso che alcuni di questi tra pochi anni possano diventare anche più forti di coloro che li precedevano. D'altronde lo Jong Ajax dalla stagione 2013/14 milita stabilmente nella Eerste Divisie (la Serie B olandese): nella stagione 2016/17 è arrivato secondo e nell'anno seguente ha addirittura vinto il campionato, ma per regola non può salire in Eredivisie, altrimenti incontrerebbe la prima squadra. Questo ciclo continuo fa dell'Ajax un modello da seguire e da cui tutti dovrebbero imparare.

Riguardo il momento attuale dei lancieri, spicca la figura del centravanti Sébastien Haller, fin qui il capocannoniere oltre che l'uomo dei record della Champions League: è andato a segno in tutte e 6 le partite della fase a gironi, un traguardo che nella storia della coppa dalle grandi orecchie aveva raggiunto solo Cristiano Ronaldo nella stagione 2017-18.
Ripercorriamo brevemente la carriera del giocatore francese naturalizzato ivoriano. [Wikipedia] Haller esordisce tra i professionisti con l'Auxerre nel 2012. Le sue prime stagioni nel calcio che conta non sono memorabili, visti i soli 6 gol messi a segno in 50 presenze. Nel 2015 decide di lasciare la Francia per trasferirsi all'Utrecht, dove sotto la guida di ten Hag trascorre 2 ottime annate con 45 gol in 90 presenze, tanto da attirare l'interesse dell'Eintracht Francoforte, che lo acquista nel 2017. In Germania realizza 24 reti in 60 presenze prima di compiere il grande passo, il sogno di molti calciatori: andare a giocare in Premier League. Nel 2019 infatti passa al West Ham, ma qui il suo rendimento ricorda quello delle origini: 10 gol in 48 presenze non convincono il club londinese, che a gennaio 2021 lo cede all'Ajax per circa 22 milioni e mezzo di euro. Si tratta dell'acquisto più oneroso della storia dei lancieri. A prima impressione, in pochi scommetterebbero sul fatto che Haller nella capitale olandese possa trovare il gol con continuità, in quanto l'Ajax ha un gioco particolare, rapido, dove i giocatori anziché occupare una posizione fissa svariano per il campo, e che non richiede la presenza necessaria di un centravanti fisico. E invece, probabilmente stimolato da ten Hag, che lo ha già allenato con ottimi risultati all'Utrecht e lo ha voluto fortemente all'Ajax, Haller si ambienta in fretta nella sua nuova squadra, in cui vince campionato e coppa, e conquista subito i suoi nuovi tifosi a suon di gol: sono 11 in 19 partite di campionato, a cui ne vanno aggiunti 2 in 4 partite di coppa nazionale. E non è il classico fuoco di paglia, né la classica annata dove entra qualunque tiro, visto che nella stagione seguente, che è quella in corso, ha messo a segno 9 reti nelle prime 14 di campionato, per poi segnare a raffica in ogni partita di Champions. Il rendimento in crescendo che Haller ha avuto da quando ha firmato per l'Ajax ricorda quello del suo compagno di squadra Dušan Tadić. Anche il serbo decise di andare a giocare in Premier League quando era un assoluto protagonista della propria squadra: Tadić aveva messo a segno 28 reti in 66 presenze con il Twente dal 2012 al 2014, ma gli anni difficili in Inghilterra, con 20 gol in 134 presenze nel Southampton tra il 2014 e il 2018, portarono alla separazione e al trasferimento all'Ajax in estate. Incredibile la trasformazione che i due hanno avuto da quando indossano la divisa dei lancieri: ora sono due punti fermi della squadra, con Tadić da 3 anni ormai fantasista e oggi pure capitano, e Haller finalizzatore implacabile.

Gran parte del merito va sicuramente all'allenatore Eric ten Hag, che da quando è all'Ajax solitamente non si affida a una punta di peso, perché preferisce muovere i 3 attaccanti per non dare punti di riferimento alle difese avversarie (come accadeva con il tridente Ziyech-Tadić-Neres nell'anno della semifinale di Champions), ma che ora ha aggiunto il centravanti strutturato al suo scacchiere, rendendolo davvero completo. E se l'Ajax, nonostante le cessioni illustri, è sempre più bella da vedere sia in campo nazionale che internazionale, lo deve al suo allenatore, che fa rendere ogni singolo giocatore al 100%, che anche quando vede qualche big fare le valigie va avanti per la sua strada, continua ad impostare un gioco offensivo, ed è pronto a trasformare ad esempio Timber nel nuovo de Ligt.
Riassumendo brevemente la sua carriera (Wikipedia), ten Hag è stato un difensore e ha giocato tra fine anni '80 e primi anni 2000 per alcune squadre dell'Eredivisie, come De Graafschap, Waalwijk, Utrecht e soprattutto Twente, dove ha iniziato e finito la sua carriera e ha vinto il suo unico trofeo, la coppa nazionale, nel 2001. Nel 2002 si ritira da giocatore e diventa  l'allenatore del settore giovanile del Twente. Dal 2006 al 2009 è il vice-allenatore del Twente, dal 2009 al 2012 del PSV. Nel 2012 diventa allenatore del Go Ahead Eagles, squadra all'epoca in Eerste Divisie, e ottiene la promozione in Eredivisie. Dal 2013 al 2015 allena il Bayern Monaco II (la squadra riserve dei bavaresi), ma fallisce entrambi gli anni la promozione nella terza divisione tedesca. Così nel 2015 torna in patria all'Utrecht, dove raggiunge la finale di coppa nazionale e i preliminari di Europa League. Nel 2017 a metà stagione si dimette dall'incarico perché arriva la chiamata dell'Ajax: nella prima stagione non vince trofei, ma nella seconda (2018-19) oltre alla già citata semifinale di Champions, vince campionato e coppa, cosa che avviene anche nella stagione 2020-21; in quella 2019-20 invece, mentre era in testa, si vede annullare il campionato dalla federazione olandese a causa del covid. Da quando c'è ten Hag in panchina, l'Ajax è tornato a vincere il campionato dopo 5 anni e la coppa nazionale dopo 9 anni, è salito dal 31° al 17° posto del ranking UEFA, è tornato dopo 16 anni in semifinale di Champions nel 2019 (a 1 minuto dalla finale...) e secondo le cifre di Transfermarkt ha incassato oltre 350 milioni dalle cessioni di giocatori valorizzati e fatti esplodere dall'allenatore stesso.
Il contratto di ten Hag scadrà il 30 giugno del 2023: non sappiamo se il tecnico olandese, per puntare a vincere la Champions League ed entrare nell'élite del calcio europeo, andrà in un top club, o se invece cercherà di farlo giurando fedeltà ai lancieri. Di certo però, anche se è in panchina da poco meno di 4 anni, è già entrato di diritto nella storia dell'Ajax, e quando arriverà il momento dell'addio sia ten Hag che l'Ajax lo faranno consapevoli di aver dimostrato, in un calcio dominato dal denaro, che si può esprimere un gioco spumeggiante e allo stesso tempo vincente anche senza acquisti faraonici e stipendi ultra milionari.