<<E me rendo conto che forse tutto questo sgomento nasce da un grande errore di valutazione. Che io pe un sacco de tempo ho pensato che se non strappavo più un c***o, se tenevo tutte le bocce ferme immobili, almeno non facevo altri danni…Solo che non funziona così, perché se tu tieni lo stesso foglietto de carta in mano per dieci anni, pure se non lo strappi quello se ciancica e il risultato che dieci anni dopo in mano c’hai comunque una cartaccia da buttà, pure se hai giocato a fa la statuetta de cera>>.

Questa frase, tratta da una scena di ‘’Strappare lungo i bordi’’ (nuova serie di Zerocalcare su Netflix), ci consegna senza volerlo un’ottima definizione di un vizio tipico del calcio italiano: adagiarsi sugli allori e mantenere lo status quo, mentre il calcio intorno a noi progredisce. Sono lontani i tempi in cui la Serie A dominava l’Europa. Il nostro campionato, in passato, aveva quelle risorse necessarie per attirare campioni da tutto il mondo, da Maradona agli olandesi del Milan, fino a Ronaldo Il Fenomeno e Ronaldinho, la crème de la crème del calcio mondiale. Purtroppo, dopo tutte le vittorie conseguite tra gli anni ‘80 e gli anni 2000, nessuno ha deciso di investire sul futuro, preferendo spendere e spandere per vincere subito invece di fermarsi a pensare e programmare una crescita costante capace di creare cicli vincenti e duraturi. Mentre gli altri campionati crescevano e mettevano radici per costruire un sistema vincente a lungo termine, qui si è preferito continuare a non guardare oltre la siepe, abbiamo preferito festeggiare titoli singoli, senza renderci conto che forse sarebbero stati gli ultimi. All’inizio dell’articolo ho accennato a un vizio tutto italiano, quello di restare immobili e mi sembra che ciò che è accaduto quest’estate con la vittoria dell’Europeo sia sostanzialmente il remake di ciò che era successo nel 2006 con la vittoria del Mondiale e nel 2010 con la vittoria del triplete da parte dell’Inter. In questo paese le vittorie sono solo un punto di arrivo, sono un capolinea, una vetta da cui non si può proseguire, ma solo tornare indietro, raccogliendo le macerie e rendendosi conto di nuovo di tutti i problemi che erano stati mascherati dalle vittorie. Alla base di tutto questo ci sono mancanze su più livelli, nessuno all’interno del sistema calcio è esente da colpe. Partiamo dalle infrastrutture: qui in Italia siamo quasi fermi ormai dal secolo scorso, perché a fronte di squadre con uno stadio di proprietà come Atalanta, Sassuolo e Juventus ce ne sono altre come Napoli e Roma, costrette a giocare in impianti datati e fatiscenti. E se è vero che i club si sono mossi tardi, è pur vero che non è possibile che il calcio sia ingabbiato dalla burocrazia, non è possibile che dopo sette anni di iter la Roma sia rimasta con un pugno di mosche in mano, per colpa dell’immobilismo della politica e della burocrazia italiana che tarpa le ali a un’industria tra le più grandi del suo paese. E intanto in Inghilterra gli stadi diventano sempre più moderni e al passo coi tempi, permettendo ai club introiti da record, gli stessi introiti che qui cerchiamo di ottenere con intrighi e plusvalenze ai limiti del penale, ma questa è un’altra storia. Dalla Premier League copiamo solamente dettagli irrilevanti, come le scialbe fasce da capitano uguali per tutti i club di Serie A. In realtà dovremmo prendere spunto dalla cooperazione tra i club inglesi, che hanno fatto fronte comune per rendere grande la Premier, grazie alla vendita dei diritti per la trasmissione delle gare in tutto il mondo. Qui in Italia, invece, esiste ancora tra i club un forte clima di campanilismo che, come risultato, crea semplicemente rivalità becere e ulteriori problemi al nostro calcio, ormai povero di fondi e di idee. Fondi e idee che a volte vengono accantonati per interessi personali, basti pensare all’ostruzionismo di Andrea Agnelli che, forte del progetto della Superlega, ha cercato in tutti i modi di impedire l’ingresso in Italia di fondi di investimento che avrebbero dato ossigeno alle casse del calcio italiano.

Un altro punto dolente è sicuramente quello del ricambio generazionale, nei club e soprattutto nella nazionale. Anche in questo caso il pesce puzza dalla testa, infatti, a partire dalle scuole calcio, fino ai grandi club, in Italia non si è più capaci di crescere le nuove generazioni calcistiche. Si privilegia il fisico e non la tecnica, non vengono messe a disposizione academy all’altezza del calcio inglese, ma soprattutto nel momento in cui un ragazzo sembra pronto a spiccare il volo, viene subito travolto da un ‘’tornado mediatico’’ che molto spesso stronca sul nascere i nostri talenti. Questi ragazzi devono essere lasciati nelle condizioni di crescere, ma nel modo giusto, devono essere inseriti più velocemente, ma senza un’attenzione mediatica ossessiva che li possa schiacciare; non è tollerabile che qui in Italia dei ragazzi del 2001 giochino ancora come fuori quota nel campionato primavera, mentre in Spagna dei 2004 come Gavi giocano in nazionale maggiore. A luglio abbiamo eliminato la Spagna ai rigori, ma secondo voi, quale delle due nazionali potrà vincere di più nei prossimi anni? A mio parere, la Spagna tornerà forte come nella sua generazione d’oro, perché ha un c.t. e una federazione che con coraggio riescono a inserire ragazzi giovani, non guardando in faccia a nessuno, neanche a senatori e grandi nomi, dovremmo imparare da loro. L’impressione che sto avendo per quanto riguarda la nostra Italia, invece, è che il gruppo che ha vinto l’Europeo sia intoccabile, non esiste niente di più errato. Mancini e la federazione stanno commettendo gli stessi errori che portarono la nazionale di Lippi alla brutta figura in Sudafrica nel 2010, errori che di questo passo ci porteranno verso un disastro sportivo senza precedenti: fallire la qualificazione ai Mondiali in Qatar del 2022, che rischia di essere il secondo mondiale di fila senza Italia. Faccio un appello a tutto il calcio italiano, per impedire che i Mondiali diventino solo un ricordo bisogna muoversi da adesso! È necessario convocare solo coloro che meritano di vestire la nostra maglia, accantonando anche grandi nomi…se è necessario. Euro 2021 non deve diventare un ricordo sbiadito, ma un meraviglioso punto di partenza e un esempio per il nostro campionato e per il nostro calcio. Il posto della Nazionale e dei nostri club è lì, sul tetto d’Europa e del mondo, dobbiamo solamente avere il coraggio di muoverci e di osare di più.