Cos'hanno in comune Paris Saint Germain, Benfica, Borussia Dortmund, Chelsea, Liverpool, Tottenham, Real Madrid, Eintracht Francoforte, Lipsia, Man City e Porto? Sono agli Ottavi di Champions e TUTTE LORO possiedono uno stadio di proprietà.

Già dai tempi del mitico presidente del Real Santiago Bernabeu si era intuito che con lo stadio di proprietà la totalità dei ricavi delle partite finiva direttamente nei portafogli della società.
Bernabeu pensava: con uno stadio mio sempre più grande posso far pagare più persone per vedere le partite, con quei soldi ingrandirò lo stadio e comprerò tanti giocatori per essere sempre più competitivo e generare sempre più introiti.
Un pensiero semplice iniziato acquistando la Saeta Rubia (Alfredo Di Stefano) e vincendo le prime cinque Coppe Campioni consecutivamente.

Se già dagli anni '50 e '60 esiste questo pensiero, come mai in Italia solo poche squadre possiedono uno stadio tutto loro?
Escludendo il Cagliari retrocesso solo Juventus, Udinese e Atalanta in serie A possiedono uno stadio loro.
3 squadre su 20, neanche un 15% del totale.
Senza andare troppo in là con gli anni, è innegabile come una delle basi per il dominio assoluto della Juve in Italia sia coinciso con l'inaugurazione dello "Juventus Stadium" ed abbia portato in dote 9 scudetti consecutivi, ricavi sempre maggiori, ed negli anni passati una sensazione di invincibilità almeno tra le mura amiche quasi sovrannaturale.
Ma allora com'è possibile che squadre blasonate come Inter e Milan non possiedano ancora un impianto tutto loro?
Capisco il fascino di San Siro, ma oramai è un vecchio che si trascina, fatiscente per quanto onusto di gloria.
Sarebbe come se il Chelsea e l'Arsenal condividessero lo stadio o l'Atletico ed il Real Madrid; e fosse sempre lo stesso, senza migliorie o ristrutturazioni da 30 anni a questa parte.
Sono squadre troppo grandi, troppo importanti per dover condividere lo stadio. Per dover condividere il ricavo con qualcun altro.

In Italia non solo Milan ed Inter, ma anche Roma e Lazio condividono lo stadio, e non più tardi della passata stagione pure Genoa e Sampdoria. Nel resto del mondo questo non accade e non perchè siamo speciali, bensì in altri paesi la voglia di cambiamento esiste ed a chi vuole rinnovare vengono tarpate le ali.
Un sentimento italiano di chi usa l'arte e la storia per farsi scudo contro il passare del tempo.

E se la Serie A non è il campionato più competitivo è anche dovuto a questo non volersi migliore, al non voler cambiare, al voler mettere il paese sotto ad una teca di cristallo per non farlo sporcare quando il resto del mondo invece viaggia a velocità doppia.
Fascino o funzionalità?
Romanticismo o modernità?
Il futuro è davanti, il passato è già finito.