Il calendario di F1 di quest’anno, come del precedente, è stato pesantemente influenzato dalla pandemia da Covid 19 che da ormai troppi mesi ci affligge globalmente e che su questo settore, così come su tanti altri, ha messo lo zampino.
La tappa in Qatar, infatti, è proprio un segno di questo particolare momento storico, non tanto perché si tratta di un evento inedito per la F1, ma piuttosto per la sua entrata in scena da sostituto di uno dei Gran Premi più “anziani” e storici della F1: il GP di Australia. A causa delle stringenti norme anti-Covid locali, infatti (il paese ha riaperto i suoi confini solo ad inizio mese, dopo ben 600 giorni di chiusura), ad Albert Park non si corre più dal 2019, anno in cui, insolitamente, vinse la Mercedes.
Passando ai giorni che hanno preceduto il week end di gara, probabilmente, i telefoni dei piloti della MotoGP avranno squillato insistentemente. I disturbatori erano i loro cugini delle quattro ruote, che, in procinto di girare su un tracciato a loro inedito erano in cerca di preziosi consigli su traiettorie, segreti della pista e punti di frenata presso coloro che dal 2004 sono “di casa” in quel di Doha.                                                                                        Sin da venerdì, primo giorno di prove libere, i piloti hanno iniziato a prendere la mano con le curve sporcate dalla sabbia del Qatar e non è stato inusuale vedere le monoposto allargare le traiettorie e finire oltre i cordoli. Tant’è che Lewis Hamilton è arrivato oltre i track limits, e, peggio ancora, il ferrarista Charles Leclerc è uscito dal tracciato, finendo addirittura nella sabbia che delimita la pista.                                                                            Durante le prove libere, ma non solo, protagonisti (malvoluti) sono stati anche i cordoli della pista, troppo alti per le basse vetture di F1 che, in questo scenario, toccano il fondo lasciando lunghe scie di scintille e, nei casi peggiori, si danneggiano. Già nelle FP1 il problema si palesa con Mazepin che rovina l’ala anteriore della sua Haas ed è costretto a rientrare ai box. Destino simile riguarda Pierre Gasly che nelle qualifiche di sabato, urtando con l’ala anteriore i cordoli, danneggia la sua AlphaTauri i cui frammenti che si staccano forano l’anteriore destra.                                                                                                  Proprio le forature, insieme ai cordoli, sono state le co-protagoniste di questo finesettimana, solo in gara ne sono occorse ben quattro.                                                          Arrivando al giorno della gara, la griglia di partenza risulta stravolta. Verstappen, secondo in qualifica, viene retrocesso di 5 posizioni per non aver rispettato le doppie bandiere gialle esposte in seguito alla foratura di Gasly durante la Q3. Per lo stesso motivo, tre posizioni di penalità anche per Bottas e così la prima fila è composta da Hamilton e Gasly (non tutte le forature vengono per nuocere…), seguiti da un incredibile Alonso. Il penalizzato Verstappen occupa la settima posizione, poco male visto che a quattro giri dalla partenza è già in seconda, alla rincorsa della prima monoposto, quella di Sir Lewis.
La gara si rivelerà piuttosto accesa ma, nonostante questo, la pista di Doha non ci regala sorpassi all’ultima staccata o passaggi all’esterno di traiettoria; infatti, a parte per qualche caso limitato, i piloti sfruttano il lungo rettilineo (più di un km di lunghezza) per sorpassare “senza troppi sforzi”. Proprio i lunghi rettilinei e le curve veloci, purtroppo, non sono il pane quotidiano della SF21 che in questa occasione sembra non carburare, specialmente quella del monegasco, già in difficoltà durante le prove libere. Leclerc non mostra un passo gara all’altezza del contesto e conferma il tutto in qualifica, fermandosi solo in tredicesima posizione; eloquenti le sue parole nel team radio al termine della prova: “Non ho idea di cosa stia succedendo”. Sainz e Leclerc chiuderanno la gara rispettivamente in settima e ottava posizione. Un risultato amaro ma soddisfacente, considerando il periodo dal quale la Ferrari sembra stia pian piano uscendo.                                                                         

Tirando nuovamente in causa i due protagonisti precedentemente presentati (cordoli e forature, per i meno attenti) la seconda parte della gara regala brutte sorprese ai piloti. Verso la fine del giro 33, Bottas, in fase di gestione della sua terza posizione, buca l’anteriore sinistra al passaggio sul cordolo esterno; per lui podio sfumato e monoposto ritirata prima del termine della gara. Da quel momento passano meno di venti giri prima che la storia si ripeta. Giro 50: foratura dell’anteriore sinistra per Lando Norris mentre rientra ai box; giro 51: foratura per Russel, vittima del passaggio sul cordolo sempre l’anteriore sinistra; giro 52: il compagno di squadra, Latifi, passando sulla porzione di extra kerbs, fora l’anteriore sinistra; giro 53: curiosamente nessun pilota passa più sui cordoli. Sembrerebbe una barzelletta, eppure, in tre giri di pista, tre piloti hanno forato tre gomme… la situazione ricorda un certo scioglilingua che da ragazzini non si riesce mai a completare. In quel momento però, nessuno avrà pensato agli scioglilingua, anzi; probabilmente, mentre in Pirelli si cercava un modo per spiegare che le strategie gomme adottate dalle squadre erano state troppo rischiose, da parte loro, team, e piloti soprattutto, erano pronti a schierare l’artiglieria contro la casa di proprietà cinese. Lasciando da parte l’immaginazione, nulla di tutto ciò è successo. La spiegazione fuoriuscita è che le gomme erano talmente consumate da far sì che al passaggio sui cordoli queste non fossero in grado di sopportare la pressione esercitata, finendo inevitabilmente per forarsi.                                                                  Dopo questi eventi, comunque, la gara non ha finito di emozionare: in terza posizione si trova un certo Fernando Alonso, non proprio un pilota di primo pelo, che, nonostante tutto, dimostra di essere ancora affamato di vittoria. Il podio non è un miraggio per lui; sì, perché dalla sua parte ha un’Alpine che in questo week end è stata inaspettatamente perfetta e, grazie anche all’assenza di Bottas e al gap rilevante con Perez alle sue spalle, riesce a chiudere la gara sul terzo gradino del podio. Non male per un ragazzo di quaranta anni che sul podio non ci saliva da sei. (l’ultima volta che lo fece risale al GP d’Ungheria 2014 con la seconda posizione).                                                                                                            Gli attori principali, anche se si sono visti poco e sentiti ancor meno, se non nei primissimi giri, sono stati i due piloti che in questa stagione hanno acceso più di tutti gli animi degli appassionati: Lewis Hamilton e Max Verstappen. I due concludono rispettivamente in prima e seconda posizione e ancora una volta allungano la corsa per la vittoria di questa stagione, con Hamilton che riduce il divario su Verstappen a soli otto punti. Una stagione che volge al termine, con due sole tappe restanti, e che ci ha visti incollati agli schermi per tutto il suo corso, tra sfide dentro e fuori i tracciati, errori, incidenti, sorpassi all’ultima staccata, reclami tra scuderie; insomma, una Formula 1 con la F maiuscola quella di quest’anno, una di quelle che, assuefatti dallo strapotere Mercedes, non vedevamo da un po’.

Ora, solo la pista ci dirà chi il prossimo anno avrà stampato sul musetto della sua monoposto il numero 1, il giovane pretendente “super” Max Verstappen (come viene chiamato in patria) o il “vecchio” re Lewis Hamilton con alle spalle sette titoli mondiali?
Le variabili sono molte, le certezze inesistenti.