I risultati ottenuti in questa prima parte di stagione dalla Juventus sono facilmente identificabili con una "sinusoide". Una curva che viaggia al di sopra (molto poco in questo caso) e al di sotto (cosa molto più frequente) di un asse definibile, in questo caso, come "asse della sufficienza minima". La vecchia signora si trova su questa montagna russa di risultati dall'inizio del campionato, finendo spesso in basso e riprendendo a singhiozzo la vetta dei buoni risultati. La partita contro il Venezia non è altro che un ulteriore esempio di questo andamento instabile.

Al fischio d'inizio, la formazione di Allegri si schiera con un inedito 4-3-2-1, portando sul campo tre giocatori diversi rispetto alla precedente partita con il Genoa. Bonucci sostituisce Chiellini al centro della difesa e De sciglio viene schierato come terzino destro al posto di Cuadrado, che va a coprire il ruolo di esterno, sempre sulla stessa fascia. A centrocampo, invece, viene scelto Rabiot al posto di Bentancur, a riposo dopo la partita contro il Malmo in Champions. Durante il primo tempo, il Venezia si ritrova a gestire una fase offensiva e predominante da parte della Juve che proprio al 32' si porta in vantaggio con un gol di Morata su assist preciso di Pellegrini, giocatore che sembra crescere sempre di più, partita dopo partita, meritandosi il rimpiazzo del veterano Alex Sandro. Sin dall'inizio del secondo tempo però, il Venezia sembra aver preso le contromisure per fronteggiare la supremazia della Juventus, portata avanti fino al termine dei primi 45 minuti di gioco. La faccia della squadra lagunare è effettivamente più offensiva, e, anche grazie alle concessioni fatte dalla squadra bianconera, risulta essere molto più minacciosa. Tutto ciò sembra incredibile, visto il rango delle due opponenti, eppure, dal 46' i rapporti sembrano rovesciarsi. La Juve arriva molto meno nell'area avversaria, continuando a finalizzare sempre meno, a differenza del Venezia che in più occasioni risulta pericoloso e proprio al 53' risponde con un gol di Aramu, pareggiando i conti e consolidando una certa fiducia nella squadra di Zanetti.                            Chi a questo punto della partita si aspettava una rimonta della Juve sarà sicuramente rimasto deluso. Quello che si è visto è stato un timido tentativo di risposta: prima con Bernardeschi, che prova a segnare dal centro dell'area con un tiro potente, respinto da Romero con un'ottima parata, e successivamente con un tiro innocuo da parte di Kaio Jorge, entrato al 12' per sostituire Dybala, uscito per un fastidio muscolare alla coscia destra. Per lui è il terzo infortunio in questa stagione e questa volta il rientro non sembra essere a breve. Il soprannome con cui è conosciuto gli si addice decisamente: un gioiello e, come tutti i gioielli, oltre ad essere molto preziosi, sono anche molto fragili.                                                          La partita si conclude per la Juve con un amarissimo pareggio, in un match che sarebbe dovuto essere un'occasione d'oro per proseguire a mettere benzina nel serbatoio e continuare nella rincorsa della zona Champions. Ciò non è successo e così la vecchia signora continua a viaggiare su quella parte di curva sinusoidale che, anzichè puntare al cielo, sprofonda verso il basso. A questo punto, la preoccupazione, più che la delusione, prevale, in una situazione nella quale gli infortuni pesano, la formazione non sembra all'altezza, almeno sotto il punto di vista della continuità, facendo sì che le sfide, anche le più abbordabili come una partita contro una neopromossa, sembrino sempre più insormontabili. 
Ci si preoccupa, quindi, per una squadra che è rimasta da sola, insieme all'Inter, in Champions League e, che, se la fortuna non l'assiste nei prossimi sorteggi degli ottavi, vede la sua permanenza nella massima competizione europea accorciarsi sempre di più.
A questo punto, gli elementi su cui questa squadra deve lavorare sembrano chiari, eppure c'è la percezione che queste mancanze non si riescano a colmare.