Il calcio è indubbiamente uno degli sport più seguiti e amati del mondo. La disciplina nasce a metà del XIX secolo in Inghilterra e si è estende a macchia d’olio in tutta Europa. A seguire raggiunge il Sud America (luogo natale delle più grandi stelle del pallone) e con fortune alterne il resto del globo. Nel tempo la sua internazionalità ha reso il calcio protagonista e veicolo di moltissime battaglie etiche e sociali.

Sicuramente tutti ricorderanno i recenti inginocchiamenti durante Euro2020 contro il razzismo verso le persone nere, oppure, i segni rossi sul viso dei nostri giocatori per la lotta contro la violenza sulle donne. Insomma, tra minuti di silenzio e manifestazioni di rispetto, il calcio (apparentemente) sembra essere un mondo rispettoso e cosciente delle dinamiche sociali contemporanee. Sono infatti altrettanti gli esempi di giocatori che, attraverso la loro notorietà, portano alla luce gravi tematiche sociali. Nonostante ciò, parlando di ambiente, si arriva ad un paradosso. Infatti, la tematica dell’inquinamento ambientale ricopre un ruolo di primo ordine tra le problematiche sociali ma non è posta con la stessa frequenza sotto la luce dei riflettori. Può un settore socialmente impegnato, come quello del calcio, permettersi di ignorare una tematica così importante e trasversale? Vediamo la realtà dei fatti cosa mostra.
Tornando su Euro2020, gli studiosi di “South pole” (collaboratori della UEFA per gli ultimi europei) hanno prodotto delle stime poco rosee riguardo l’impatto ambientale della competizione. Presentato infatti come il primo Europeo itinerante della storia, in viaggio tra 12 diverse nazioni e capace di far conoscere differenti culture, secondo le previsioni, Euro2020 sarebbe stato anche capace di lasciare un segno evidente a livello di inquinamento ambientale: 405 mila tonnellate di CO2 prodotte durante tutto il corso del torneo per gli spostamenti dei team, dei tifosi, e di tutti gli “addetti ai lavori”. La UEFA ha annunciato la piantagione di 600 mila alberi nelle nazioni ospitanti, che ripianano in minima parte il danno provocato.  
Sempre restando in Europa, uno studio inglese ha mostrato come, la somma dei rifiuti prodotti da tutti i campionati europei ammonta a 750 mila tonnellate all’anno: in media, tra i 2 e i 7 kg di pattume per partita a tifoso. Secondo una ricerca condotta dalla scuola superiore Sant’Anna di Pisa sui consumi di elettricità e risorse idriche in Italia, in media, durante un anno uno stadio di massima serie può consumare fino a 8 milioni di kWh di corrente elettrica (l’equivalente consumo energetico di 2500 famiglie italiane) e 100.000 metri cubi di acqua.
Dati spiazzanti che diventano terrificanti se si fa anche riferimento ai rilevamenti de “IlSole24ore”, il quale mostra come una singola partita di calcio emetta 820 tonnellate di CO2, un quinto di quanto viene emesso da uno shuttle in partenza. Ancora più emblematico è il caso dei Mondiali di calcio in Sud Africa del 2010. Secondo uno studio del Ministero per l’ambiente e il turismo norvegese, l’evento si è aggiudicato la corona di “manifestazione sportiva più inquinante della storia”. 2,5 milioni di tonnellate di CO2 immessi nell’ambiente sono il dato record che ha fatto guadagnare il titolo poco encomiabile alla Coppa del mondo sudafricana. Anche in questo caso, buona parte dell’apporto (2 milioni dei 2,5 complessivi) è da imputarsi agli spostamenti di squadre, tifosi e staff coinvolti nella competizione. Il dato finale è anche risultato del massiccio uso di energia elettrica prodotta dalle centrali a carbone, le quali hanno ulteriormente aggravato l’impatto ambientale, raggiungendo la soglia massima precedentemente citata. Anche in quel caso furono piantati la bellezza di 700.000 mila alberi nelle 6 città ospitanti, numero che può sembrare impressionante ma che risulta non sufficiente vista la grandezza del problema da fronteggiare. I diversi esempi mostrano come gran parte del problema sia causato dagli spostamenti; nel 2016 la FC Juventus, valutando l’impatto complessivo di una partita di calcio, ha rilevato come la mobilità dei propri tifosi fosse tra le principali cause d’inquinamento, sia per le trasferte che le partite in casa, la scelta per spostarsi ricadeva spesso su mezzi di trasporto ad elevato livello di emissioni. Dopo una serie di considerazioni sconfortanti (ma realistiche), va detto che, per quanto riguarda il nostro paese, il problema pare esser stato preso sul serio. Con il programma “B futura”, la lega di serie B italiana sta mettendo in atto una serie di contromisure al fine di rendere le infrastrutture più moderne e sostenibili. Anche la FIGC partecipa dal 2019 al progetto “TACKLE”, con il fine di rendere più eco-sostenibili gli eventi legati al gioco del calcio sia in ambito nazionale che europeo. Attraverso questo progetto la FIGC ha dato il suo contributo per cercare di rendere il più sostenibile possibile l’Europeo del 2020. Un’altra iniziativa onorevole di menzione riguarda i Mondiali di calcio femminili del 2019. l’Italia fu infatti l’unica nazione a proporre il progetto di un Mondiale completamente eco-friendly e a impatto zero sul piano delle emissioni. Nonostante le buone premesse, però, la FIFA decise di assegnare i Mondiali alla cugina d’oltralpe francese, vanificando le buone intenzioni del progetto italiano. Sempre nello stesso anno, il Cagliari calcio ha inaugurato il suo progetto plastic free”. Secondo i rilevamenti della società, nelle partite di casa venivano usati in media 4000 bicchieri di plastica non riciclabile. Per far fronte a ciò, tutti i bicchieri serviti, insieme a piatti e posate delle aree hospitality dello stadio, sono stati sostituiti con coperti in materiale totalmente riciclabile (PLA). Con una simile iniziativa, il Cagliari si è classificato come primo club in serie A ad adottare una misura di questo tipo, mostrandosi decisamente attento alla problematica. Dal 2017 un’iniziativa affine è stata promossa dalla città di Barletta che, in collaborazione con il Barletta calcio, ha proposto il primo esempio di “tifo ecosostenibile”. Il programma prevede un ingresso omaggio per i tifosi più giovani a fronte di 500 bottiglie di plastica depositate presso i centri di raccolta aderenti all’iniziativa.
Lo scopo del piano è quello di incentivare il riciclo tra i più giovani e riportare i piccoli all’interno degli stadi. Ciò che risulta dall’esempio italiano, è che il nostro calcio, oltre a fare rimostranza per molte tematiche sociali importanti, è in grado anche con i fatti, di occuparsi della problematica “facendo squadra” e coinvolgendo direttamente i tifosi, anche nelle leghe “minori”. Nel resto d’Europa, inoltre, stanno nascendo diverse iniziative grazie alla rilevanza della questione inerente all’inquinamento e alla sua sopracitata capacità di permeare all’interno di differenti settori, compreso quello del calcio.
La sensibilizzazione dei tifosi può essere sicuramente incrementata grazie all’impegno a più livelli di società e organizzazioni che stanno provando concretamente a trasformare il calcio da “gioco più bello del mondo” a “gioco più green del mondo”.

Fonti: https://www.wired.it/lifestyle/sport/2019/06/19/calcio-inquinamento-impronta-ambiente/ https://www.focus.it/ambiente/ecologia/quanto-inquina-il-mondiale-di-calcio1354-1543 https://www.infodata.ilsole24ore.com/2019/09/27/volete-davvero-salvare-il-pianeta-dal-riscaldamento-globale-i-piccoli-gesti-quotidiani-che-non-servono/ https://www.ansa.it/sardegna/notizie/2019/05/10/il-cagliari-calcio-per-plastic-free_2a63d55b-d30e-4624-91c6-0d41f0321ccc.html https://www.barlettalive.it/sport/calcio/517697/ricicli-la-plastica-entri-gratis-allo-stadio-a-barletta-il-tifo-e-ecosostenibile