E’ il 19 novembre 1969, un giorno difficile da dimenticare per la storia del calcio. Per i biografi, Edson Arantes do Nascimiento, conosciuto come Pelè, aveva segnato 999 gol. Era il giorno in cui l’attaccante brasiliano poteva scrivere la storia del calcio. E così fu. Il Maracanà di Rio de Janeiro era esaurito. Il Santos doveva affrontare il Vasco da Gama per la Taca de Prata, il Torneo ‘Roberto Gomes Pedrosa’, manifestazione storica per il calcio brasiliano. Pelè aveva già vinto tutto. Il suo Santos era una delle squadre più forti del mondo, per non parlare del Brasile, con il quale aveva vinto un Mondiale da ragazzino e col quale ne avrebbe vinto un altro pochi mesi dopo. Aveva già stabilito ogni record possibile e immaginabile per un giocatore. Le squadre europee erano disposte a follie pur di vederlo giocare con la loro casacca, ma il Brasile lo aveva proclamato Tesoro Nazionale. Il Brasile era Pelè e Pelè era il Brasile. <> intitolavano i giornali inglesi all’epoca. E proprio quel giorno, ‘O Rey, “il Re”, era ad un solo gol da un traguardo storico, mai eguagliato da nessun altro nella storia. Si sapeva che proprio quel giorno ci sarebbe riuscito, perché all’epoca avere Pelè in campo significava partire 1-0. Gli occhi del mondo erano sul numero 10 del Santos. Pelè prese palla, dribblò con una sola finta due difensori avversari e venne steso in area. Quando l’arbitro fischiò il calcio di rigore ci vollero ben cinque minuti per sistemare tutti i tifosi dietro la porta dell’allora portiere del Vasco Andrada. L’arbitro fischio, e Pelè segnò. Era il suo millesimo gol. Il giocatore fu portato in trionfo ed alzò il pallone al cielo come se stesse alzando la Coppa del Mondo. Il Brasile si fermò per contemplare la sua onnipotenza. La notizia fece il giro del mondo. Pochi mesi dopo Tarcisio Burgnich, considerato all’epoca come il terzino destro più forte del mondo, venne quasi ridicolizzato dall’attaccante brasiliano in occasione della finale dei Mondiali, e disse una frase che entrò nella storia: “Dissi a me stesso prima della partita che era di pelle ed ossa come tutti gli altri, evidentemente mi sbagliavo”. Ancora oggi Pelè è considerato il calciatore più forte di tutti i tempi, sebbene molti abbiano azzardato a fare dei paragoni. La risposta di Pelè fu immediata: “Prima mi paragonarono con Di Stefano, poi con Crujiff, poi con Maradona e adesso con Ronaldinho. Ma a rimanere è sempre il mio nome”. Pelè era un ragazzo venuto dal nulla, che aveva dovuto lottare e lavorare duramente per meritarsi certi palcoscenici. Era il simbolo di una generazione che voleva la fantasia al potere. Era il simbolo del calcio. E lo è tuttora. Andrea Pontone